PANE DOMESTICO CON LIEVITO MADRE
di Zio Propano
Nella nostra cultura, il pane è sinonimo di cibo e alimentazione sin
dalla notte dei tempi; la sua produzione, a livello popolare, è
sempre stata appannaggio delle quattro mura che chiamiamo casa
eccezion fatta per l'ultimo secolo, quello breve e zeppo di
innovazioni tecnologiche tanto quanto di vittime innocenti, quello
della plastica e della bomba atomica, quello dei boat people e dei
razzi sulla luna con le sonde che volano fuori dal sistema solare. In
un inconscio omaggio al principio di azione e reazione, al trionfo
dell'industria e dei suoi prodotti di massa, omologati nella forma e
nel sapore, l'essere umano si inventa la moda di tornare a
sperimentare l'artigianalità improvvisata e domestica, forse per
convincersi di non essere un'automa: ecco spiegata la fortuna di
spettacoli e canali televisivi dedicati alla cucina, alla pasticceria
e alla panificazione.
Grazie alla frequentazione di questi ultimi e a una macchina per il
pane portata a casa coi punti fedeltà di una catena di supermercati,
la Jena Sabauda (prima dell'ictus) e il sottoscritto Zio Propano (per
forza di cose, titolare della cambusa dopo il 29 agosto 2016) siamo
diventati panificatori fai da te con piena soddisfazione sin dal
2012. Dopo vari tentativi e non senza la consultazione di appositi
saggi editi in materia, siamo giunti alla ricetta che vado a
illustrarvi e che replico con successo ogni tre giorni. Pertanto,
procuratevi:
250 grammi farina di grano tenero 00
250 grammi semola rimacinata di grano duro
300 millilitri di acqua di rubinetto a temperatura ambiente (tiepida
se adoperate il lievito di birra fresco)
3 cucchiai da tavola di lievito madre essiccato in polvere (in
alternativa lievito di birra fresco, in panetti da 25 grammi: ne
basta la metà)
3 cucchiaini da the di zucchero bianco semolato
2 cucchiaini da the di sale fino marino
3 cucchiai da tavola di lievito madre fresco (poi vi spiego come
farlo e mantenerlo, se non ce l'avete o non avete pazienza o voglia
di tribolare...pazienza! Il pane riesce ugualmente)
2 cucchiai da tavola di olio extra vergine di oliva
In una ciotola miscelate le due farine aiutandovi con due cucchiai da
tavola, come se doveste condire l'insalata; in un'altra versate il
sale, lo zucchero, l'olio extravergine di oliva e l'acqua (intera se
adoperate il lievito madre essiccato e fresco, il resto che vi avanza
dopo aver sciolto il lievito di birra o da panificazione) mescolando
con un cucchiaio da tavola fino a far sciogliere sale e zucchero
mentre l'olio seguiterà a stare sulle sue: poco male e, nel caso in
cui preferiate panificare con lievito da sciogliere, potreste
aggiungerlo adesso e seguitare a mescolare col medesimo cucchiaio
fino a ottenere un fluido omogeneo sul quale pioverà la miscela di
farine per procedere all'impasto. Se invece fate come me, una volta
versate le farine nella ciotola col liquido, unite il lievito madre
essiccato e quello fresco tenendoli separati (uno si poserà sopra la
“farina” e l'altro, gioco forza, sprofonderà); ora siete pronti
per impastare aiutandovi con il cucchiaio “sporco” di lievito
madre fresco e ruotando la ciotola stessa, a imitazione del movimento
dell'impastatrice meccanica: bisogna che facciate in modo che tutta
la farina si bagni e si incorpori alle parti già umide. Mano a mano
che procedete col cucchiaio, crescendo la consistenza, crescerà
l'intensità dello sforzo da applicare ma vedrete anche la ciotola
“ripulirsi” degli ingredienti e l'amalgama assumere una forma
sferica e compatta: allora mollate il cucchiaio e procedete con la
mano libera (l'altra seguita a tenere e far ruotare la ciotola)
nell'impastare schiacciando la massa, ora col pugno ora col palmo,
per un bel quarto d'ora senza preoccuparvi di eventuali residui di
pasta su nocche e dita. Sarà la pasta stessa a trasmettervi le
giuste sensazioni, anche quando vi fermerete per liberarvi dai
residui che vi ho detto. Trascorso quel tempo lì a manipolare, vi
ritroverete con una pagnotta di forma sferoidale: potete lasciarla
così oppure manipolarla fino ad ottenere una pagnotta vagamente
simile a un cilindro che, posta su un letto di carta da forno,
adagiato su una teglia oppure in uno stampo da forno unto con olio
extravergine di oliva (in questo caso non lo toccate più fino a
cottura ultimata), lascerete a lievitare nel forno di casa spento, al
buio e con la porta chiusa per tre ore circa (vale a dire, per i più
pignoli, da un minimo di due a un massimo di quattro ore). In tutto
questo tempo, al riparo da polveri sottili e sbalzi d'umore e di
temperatura, in qualunque stagione dell'anno, l'impasto crescerà di
volume e non resterà, poi, che toglierlo dal suo rifugio giusto il
tempo per scaldare il forno fino a 200 °C circa (statico o ventilato
per me pari son, se si tratta di forno elettrico); a questo punto ci
sono due opzioni: lasciarlo stare così come ha lievitato e cuocerlo
per quindici minuti, avendo cura di lasciarlo dentro finchè il forno
stesso non si sia raffreddato (si tratta, all'incirca, di un'oretta
in modo tale che prosegua la cottura e l'asciugatura in modo graduale
e costante: avrete un pane croccante all'esterno e morbido
all'interno capace di non perdere fragranza ed elasticità), oppure
staccarlo dalla carta forno e manipolarlo su di un tagliere di legno
o un piano di lavoro infarinato, rotolandolo fino ad ottenere un
cilindro cui comprimerete le estremità per farlo più corto e tozzo,
riporlo nuovamente sulla carta e sulla teglia (mentre il forno
seguita a scaldarsi), quindi praticare sulla superficie superiore dei
tagli incrociati con una comune forbice per ottenere l'effetto che
vedete nella fotografia. La manipolazione e le incisioni agevoleranno
la cottura e influiranno sulla consistenza del pane stesso a parità
di tempo e temperatura di cottura i quali, lo ribadisco per i più
distratti, sono di un quarto d'ora e 200 °C con, indispensabile,
riposo in forno ancora caldo di un'ora (almeno) ovvero fino a
raffreddamento sostanziale dello stesso: vi ritroverete con una
pagnotta simile a quella che potreste acquistare dal fornaio o dal
panettiere di fiducia, ugualmente sana ma sicuramente più a buon
mercato...panificare per credere!! Se il lievito madre fresco non ce lo avete...pazienza! Usate con
fiducia anche soltanto quello essiccato che si trova facilmente in
commercio (nel supermercato, o stupid market come lo chiama la mia
amica statunitense Martha, nella zona delle farine e dei preparati
per dolci); io ne adopero uno che ha avviato la Jena Sabauda cinque
anni fa e ho recuperato sbrinando il freezer: l'ho scongelato,
mescolato con una tazzina di acqua e un centinaio di grammi di
“farina” (miscela di farina 00 di grano tenero e semola
rimacinata di grano duro) e impastato fino a frane una pallina liscia
e non appiccicosa che ho chiuso in un recipiente ermetico (un vasetto
con la chiusura “a macchinetta”): dopo 36 ore aveva occupato
l'intero vasetto e in 48 spingeva già il tappo, ma se ne è stato
buono finchè non l'ho adoperato. Ogni due panificazioni, lo rinnovo
aggiungendo farina, acqua e zucchero a quello che mi avanza, in modo
tale che per la successiva panificazione avrà già compiuto la sua
espansione o lievitazione o maturazione che dir si voglia. Per coloro
che fremono dal desiderio di averne uno proprio, vi suggerisco un
metodo sprint che vi eviterà sprechi: sciogliete in 70 millilitri di
acqua (circa...non fate i farmacisti!) un cucchiaino da the di
zucchero semolato bianco, quindi incorporate 150 grammi di “farina”
(ricordate la miscela per il pane? Farina di grano tenero 00 e semola
rimacinata di grano duro: ma funziona anche con la sola farina 00,
sia chiaro...) e amalgamate il tutto fino a formare una palla o una
pagnottella che ponete in un vasetto ermetico (per accelerare la
fermentazione anaerobica indotta dallo zucchero sugli amidi della
“farina”) per 48 ore, almeno, o fino alla successiva
panificazione. Per le prime tre volte, conviene che rinfreschiate il
lievito madre dopo ogni panificazione: vale a dire che, fatto il
pane, aggiungete acqua e zucchero e farina al rimanente (è
sufficiente andare ad occhio: due cucchiai da tavola di farina mezza
tazzina d'acqua e un cucchiaino da the di zucchero), impastate e lo
mettete a riposare nello stesso vasetto anche senza risciacquarlo.
Col tempo vi regolerete come meglio vi aggrada e vi suggerisce
l'occhio che, è risaputo in tutto l'universo, vuole sempre la sua
parte.
©2019
Testo di Claudio Montini
©2019
Immagine di Orazio Nullo