mercoledì 30 marzo 2016

Tre giorni a tutto jazz!!!

2          A

  0           P

     1           R

        6           I

                       L

7/8/9/10          E

 

M O R T A R A   

I T A L Y      

Enrico Rava
Wally Allifranchini
Sandro Gibellini
Marco Micheli
Nicola Stranieri 
auditorium ore 21 giovedì 7

Tomelleri sextet
Paolo Tomelleri
Carlo Bagnoli
Fabrizio Bernasconi
Marco Mistrangelo
Tony Arco
Irene Natale
auditorium ore 21 venerdì 8

 Nova Saxophone quartet & Vox Ensemble
special vocal Walter Ricci
Wally Allifranchini
Walter Calafiore                  informazioni:
Claudio Guida                    Liliana Vercelli
Tommaso Uncini              liliana@datainput.it
Max Tempia
Tommaso Bradascio            prenotazioni:
Alex Carreri               libreria Le mille e una pagina
Caterina Comeglio               0384 298493
Marica Sottile               info@lemilleeunapagina
Giorgia Allifranchini    www.lemilleeunapagina.com
auditorium ore 21 sabato 9

Big Band Dedalo   Trinacria Express
Haribop    Gian Carlo Ellena Quartet
piazza Vittorio Emanuele II  a partire dalle ore 12   domenica 10

 Con il patrocinio del Comune di Mortara 
e il partenariato dei 
Rotary Club Cairoli, Mede, Aureum 
di Mortara, Vigevano e della Lomellina

Organizzazione di Liliana Vercelli 
Direzione artistica di Wally Allifranchini 

(c) 2016-2015 foto di Liliana Vercelli dal profilo facebook
(c) 2016 Impaginazione Orazio Nullo  
 
 

 

lunedì 28 marzo 2016

Le bombe che non vediamo non ci fanno male?

Atei o credenti, tutti quanti abbiamo festeggiato la Pasqua di Risurrezione come meglio abbiamo potuto e abbiamo creduto. Tutti quanti noi occidentali, bianchi, europei, nord atlantici dimentichi di quello che siamo stati e dicome siamo giunti ad essere nella nostra condizione attuale, di civile convivenza, di tolleranza, di democrazia e di dialogo. Invece c'è chi ha perso la vita nel resto del mondo, ha visto negata ogni speranza di salvezza, ha dovuto chinare la testa e tacere, piangendo in silenzio la morte di un figlio o di una figlia perchè una banda di vigliacchi senza patria, senza dignità, senza onore, senza cervello e senza cuore hanno deciso per la loro morte in un giorno di pace e di spensieratezza, di sorrisi e di giochi innocenti sotto il sole che bacia tutti, respirando l'aria aperta che riempie i polmoni di tutti, calpestando e sporcandosi con la terra che è di tutti e che tutti accoglie, indipendentemente dal Dio che ringrazi per averti dato la possibilità di aprire gli occhi per un'altro giorno ancora.
Siate maledetti, voi portatori di morte in nome di un Dio muto e distante e distratto al punto da lasciare sfogare la vostra cattiveria e la vostra ingordigia, sperando che vi strozziate col sangue di cui siete così assetati, per non doversi sporcare le mani a spazzarvi via come zizzania bruciata sull'aia, disperdendovi nel vento dell'eternità.
Dio dalle mani e dai piedi e dal costato bucati, fatto uomo e misconosciuto e tradito, abbi pietà di noi che abbiamo permesso che si potessero offendere i più piccoli che sono il sale della terra e la speranza del mondo; abbi pietà di noi che abbiamo dimenticato quanto ci insegnasti: chi è senza peccato scagli la prima pietra, ama il prossimo tuo come te stesso, chiunque dia scandalo a questi bambini è meglio che si leghi una macina da mulino al collo e si getti nel profondo del mare; abbi pietà di noi che abbiamo smesso di credere senza aver visto e, in forza di ciò, siamo indifferenti al male, all'abuso, all'abominio, alle bombe nei parchi e nei giardini che uccidono donne, bambini e altri innocenti inermi solo perchè, in un giorno di festa, chiama il creatore dell'universo in un modo diverso.
Il Cristo ha vinto la morte, ma non lo abbiamo visto: non c'era la televisione; la bomba di Lahore, in Pakistan, ha sfoggiato il suo repertorio per pochi istanti nei telegiornali: erano più importanti i turisti davanti ai musei o nei ristoranti; allora, le bombe  che scoppiano e uccidono lontano da noi non fanno così tanto male?
Siamo stati Charlie, siamo stati Parigi e Bruxelles: perchè non sappiamo essere anche pakistani, almeno per qualche ora?

(c) 2016 testo Claudio Montini
(c) 2016 Immagine Orazio Nullo "Into mended heart" -2015-   

domenica 27 marzo 2016

Dai capi opposti della linea...


 LE NOSTRE PAROLE                                     

di Agusta Belloni & Claudio Montini

DIGITO PER TE PAROLE NUOVE...
PAROLE CHE MI VENGONO DAL CUORE
SON FRASI CHE ORA TU NON PUOI VEDERE.....
RIMANGONO NEL VUOTO A GALLEGGIARE.

MA IL VENTO COSMICO CHE CAREZZA LE STELLE,
LE SPINGE FINO ALLA MIA FINESTRA APERTA SULLA VALLE:
ASCOLTO MUTO IL CANTO SENZA TEMPO
CHE RICOMINCIA A SVEGLIARE LA RADICE
E GETTA UN FIORE E UN TRILLO E UN VOLO
ECCO, AMICO, IL MIRACOLO CERCATO: NON SEI PIU' SOLO!


 (c) 2016 testo di Augusta Belloni & Claudio Montini
(c) 2016 Fotografia di Augusta Belloni

Letti&Piaciuti: IL SEGNO DELL'AQUILA di Marco Buticchi (ed. Longanesi 2015)

NON E' MAI SOLTANTO UN'AVVENTURA

di Claudio Montini

Nel mondo contemporaneo dell'informazione in tempo reale, del bello della diretta anche quando questa è una tragedia aberrante, del sensazionalismo estremo e gratuito, pare sia stata abolita la capacità peculiare dell'animale chiamato da sè stesso "uomo" e da sè stesso posto a capo dell'universo creato: quella di ragionare, di riflettere sulla bontà o sulla giustizia delle proprie azioni, quella di pensare e di agire di conseguenza nel rispetto di tutto quello che ci circonda.
Marco Buticchi, invece, è convinto che gli autori di romanzi d'avventura hanno ancora la possibilità di fare la differenza, investendo del ruolo di protagonisti della narrazione tanto il mondo attuale quanto gli eventi che hanno condizionato la Storia e ci vengono raccontati da chi studia il passato del genere umano, dando luogo a una diversa prospettiva con cui guardare agli avvenimenti succedutisi prima di noi e a tutto quello che stiamo convulsamente vivendo.
IL SEGNO DELL'AQUILA di Marco Buticchi edito da Longanesi nel 2015 è lo strumento in cui si concreta questa "missione" poichè lo scrittore spezzino, con la maestria che gli è propria, conduce il lettore attraverso i secoli e attraverso meandri poco noti e illuminati, ma altamente plausibili, del nostro tempo: l'azione si svolge tra il 2015 dell'era cristiana e il terzo secolo dalla fondazione di Roma, ovvero il VI secolo avanti Cristo, muovendosi alternativamente tra Daesh e capitalismo occidentale e ascesa persiana con decadenza dell'Egitto faraonico, da un lato del Mediterraneo, e il primo embrione della potenza romana ancora succube della civiltà etrusca.
Si parla di traffico di organi per potenti danarosi che voglio sfidare l'avanzare dell'età, di sete di denaro che per placarsi non esita a coinvolgere religioni e religiosi e buttarsi in azioni di terrorismo internazionale "costruendo", grazie all'evoluzione della chirurgia implantologica, guerrieri instancabili e invincibili, come quelli che pare curarassero la sicurezza degli imperatori persiani quando Roma era una filiale etrusca; in mezzo a questa eterna lotta tra Bene e Male, troppo spesso benedetta da sedicenti sacerdoti di religioni autoproclamatesi sedi della Verità Unica, si infila un manipolo di valorosi che sono tali perchè non perdono mai la capacità di ragionare e amare, agendo secondo sentimenti di giustizia e lealtà, come Oswald Breil e Sara Terracini Breil, Vel l'etrusco, Ashgar il Nubiano e tutti coloro che li aiutano fino al sacrificio estremo di sè.
Oswald e Sara salveranno ancora una volta il mondo dalla catastrofe, il Bene trionferà e il Male cadrà in un pozzo profondo e nero, anticamera dell'inferno che merita, ma resteranno sul campo anche molti amici e, come lettore, posso dire che la cosa strapperà a più d'uno una lacrimuccia: tuttavia sarà proprio l'intreccio tra i due piani storici della narrazione, dosato con leggerezza e acume geniali, a sbrogliare il bandolo della matassa e dare spessore umano e morale a tutta la storia che leggerete in IL SEGNO DELL'AQUILA: l'ultima grande opera di Vel l'etrusco sarà il teatro dello scontro tra buoni e cattivi e sarà anche il pretesto per sottolineare, con la mente a Ovidio, che l'amore vince tutto.
Non è un romanzo buonista, non nasconde cattiveria e brutalità, ma nemmeno li ostenta sfoggiando cruenti duelli e proiettili vaganti o, al più, descrizioni di armi e tecniche per dare sfogo alle brame delle anime nere; tutto è funzionale alla narrazione, senza esagerazioni, senza compiaciuti orpelli, così come la lingua è quella del parlato semplice utile a farsi capire sempre e dappertutto, scevro da tecnicismi e ricercatezze retoriche o sintattiche. Persino le note finali di Marco Buticchi sono piacevoli tanto quanto il romanzo, sebbene siano un corollario a tutto il lavoro di preparazione culturale, storica e tecnica con cui allestisce i suoi romanzi: aiutano il lettore a capire quanto sia qualitativamente valida la letteratura italiana, anche quella d'evasione.
Perchè il compito di uno scrittore di romanzi d'avventura, di fronte a eventi dell'attualità sempre più inverosimili per efferatezza compiuti in nome di un dio qualsiasi, del denaro e del potere o per pura malvagità, non si easurisce col termine della narrazione e la licenza editoriale.
Egli e la sua opera d'ingegno sono strumenti importantissimi per contribuire a moralizzare, svegliare e tenere sempre attente le coscienze di quella indistinta opinione pubblica troppo spesso turlupinata, vilipesa e anestetizzata per far apparire normale prassi ciò che invece è mostruoso, come attentati dinamitardi, abusi sessuali e umanitari, sopraffazioni e crimini di ogni genere: ogni contributo utile a ispirare una riflessione o un dubbio sulla correttezza di ciò che ci accade intorno è cosa buona e giusta e fonte di salvezza per tutti.


(c) 2016 testo di Claudio Montini
(c) 2016 foto di Orazio Nullo




giovedì 24 marzo 2016

BUCHI NELLA SABBIA di M.Malvaldi ed.Sellerio - Letti e piaciuti -Radio Patela Magazine

 L'ora è fuggita...ma non vanamente!


di Claudio Montini

Mette le mani avanti, l'artista, anche e sopratutto quando si diverte: non per dire che comunque egli racconta sempre le sue passioni recondite e mal digerite da chi lo accompagna nella vita, ma per giustificare la salace ironia con cui si prende gioco di ciò che lo fa godere e sottolineare la libertà creativa dovuta alla felice padronanza dei propri mezzi artistici.
Sebbene lo faccia soltanto in una postilla finale, prima dei ringraziamenti a collaboratori e familiari che personalmente ritengo essere aria fritta, questo accade anche in BUCHI NELLA SABBIA di Marco Malvaldi edito da Sellerio nel 2015 dopo che il lettore è stato piacevolmente condotto lungo lo svolgimento di un gran bel giallo classico alla Agatha Christie, ambientato non nelle brumose lande del Kent o del Devonshire ma in Toscana e per giunta a Pisa all'indomani dell'attentato a Umberto I ad opera dell'anarchico Gaetano Bresci e della di lui misteriosa morte in carcere, agli esordi del secolo breve per antonomasia, il ventesimo o Novecento che dir si voglia.
Appunto nel 1901 a Pisa si attende la visita del nuovo re d'Italia, che viene a mettere la testa coronata di fresco nella bocca del leone anarchico per dare un segnale di forza e saldezza della casa reale, chi lo sa: casualmente, forse si e forse no, la città pullula anche di cavatori di Carrara e scalpellini devoti all'internazionale di Bakunin, convocati per lavori di restauro alla Torre Pendente; persino la compagnia che metterà in scena Tosca di Giacomo Puccini è zeppa di anarchici, dal tenore ai tecnici di scena, ingrossando così la platea di sovversivi sospettabili di probabili azioni di rivalsa per la fine di Bresci. Nel novero dei potenziali attentatori finirà anche il compositore di Torre del Lago che però troverà un'avvocato d'ufficio nei due antitetici protagonisti e solutori del giallo: un giornalista de la Stampa, bravo ma scapigliato nel senso più bohemienne del termine, anarchico amante del vino e anche della verità, e un ordinato e puntiglioso e rigidamente carabiniere fino al midollo tenente che condurrà l'indagine pungolato da un capitano che vorrebbe spiccare un mandato di cattura anche per Puccini stesso, poichè ritiene Tosca un'opera sovversiva.
La sommossa non avviene ma l'omicidio, apparentemente inspiegabile, sì eccome! E proprio durante la rappresentazione: Cavaradossi muore sul serio e partono le indagini e una girandola di eventi e retroscena che costringono il lettore a non staccare gli occhi dal film che Malvaldi gira con mano sicura, concedendosi e concedendoci ampi squarci di vedute sulla psicologia dei personaggi, sui loro caratteri umani, sulle note di colore e d'ambientazione del periodo storico in cui è calata la narrazione, fino all'atto finale melodrammatico ma lucido e sottile e machiavellico come una efficiente e lubrificata trappola per topi.
BUCHI NELLA SABBIA non è solo un'omaggio all'opera lirica e al melodramma italiano: questi ultimi sono solo un pretesto per connotare un lavoro che celebra la sagacia, la maestria, il genio e il gusto per le belle lettere che divertono ed educano di Marco Malvaldi che adotta un registro linguistico molto vicino all'italiano dei primi del Novecento, dei crepuscolari e anche degli scapigliati (non a caso, ad aprire le danze, passatemi la locuzione, v'è una quartina di Guido Gozzano che è tutto un programma non della storia che si andrà a leggere, ma dell'atteggiamento dell'autore stesso), cioè quello che si poteva leggere negli elzeviri dei feuilletton domenicali ma condito con moderna ironia e intenzione satirica, riuscendo a mantenerlo fresco fino alla fine.
Già il romanzo con delitto, o giallo che dir si voglia per evitare etichette anglosassoni che persino Mrs Christie amava poco, ha le sue regole ferree che, se non rispettate, fanno deragliare tutta la storia e sbadigliare il lettore: il romanzo ambientato in un dato periodo storico, per quanto questo possa essere frequentato solo da specialisti e addetti ai lavori, reca in sè il rischio che l'autore si conceda "licenze poetiche" che finiscono per provocare il medesimo danno di cui dicevo, oltre al ludibrio ad opera di studiosi e appassionati di cose storiche.
Anche qui ci sono delle "licenze" ma dettate dal rispetto delle regole della scrittura gialla e, francamente, il ritmo della sceneggiatura e il tono della scrittura è talmente vivace e accattivante che non si ha affato il desiderio nè lo scrupolo di mettersi a fare delle verifiche: si procede nella lettura rinviando il momento della ricerca del pelo nell'uovo, perchè si è picevolmente impegnati a vedere, sì signore e signori, a vedere come va a finire.
Se BUCHI NELLA SABBIA fosse stato scritto quarant'anni fa, sicuramente Giuliano Montaldo o Anton Giulio Majano o anche Salvatore Nocita ne avrebbero saputo ricavare un'ottimo sceneggiato per la Tv di Stato o al limite un buon film anche per le sale, oltre che per il piccolo schermo: l'ora sarebbe fuggita ma con spontaneo applauso finale sui titoli di coda, come accadeva tanti anni fa nei cinema e come accade a chi, come me, legge persino i risvolti della quarta di copertina per non perdere l'ultimo buon aroma di una buona lettura. 


(c) 2016 testo di Claudio Montini
(c) 2016 immagine a cura di Orazio Nullo  

mercoledì 23 marzo 2016

A Bruxelles

Noi NON abbiamo paura!

Alza lo sguardo talebano
guarda cosa stringo in mano
E' una matita o una biro,
non fermerai il mio pensiero
Non soffocherai il mio respiro:
Io penso e rido e ne sono fiero.
Se Dio è grande ed è amore
Non ha bisogno di sparare,
Non ha bisogno di ammazzare,
Non ha bisogno di violentare,
Per farsi rispettare e adorare.

(c) 2015 testo di claudio montini
(c) 2016 grafica di orazio nullo 

lunedì 21 marzo 2016

La bottega del parolaio cerca sostenitori






Assentarsi per briciole di sogni in camere ammobiliate: ristampe per la bottega del parolaio

Sono Claudio Montini e sono un disoccupato cinquantenne cui piace leggere e scrivere: sono il parolaio che chiede aiuto, sostegno e soldi per rimpinguare la sua bottega e per portarla in giro, provando a campare delle sue parole scritte poichè non riesco a trovare altro impiego, occupazione o lavoro con cui procurarmi il pane.
Ho scritto quarantacinque racconti, suddivisi in tre raccolte che ho pubblicato in cartaceo come selfpublisher con Youcanprint.it (si trovano anche su amazon.com) che sono:
-Assentarsi per una manciata di minuti (2012)
-Briciole di sogni nello sguardo (2013)
-Camere ammobiliate per viaggiatori immaginari (2015) ed ora ho bisogno di farle ristampare per poterle vendere nelle piazze, virtuali e reali, perchè sono facili da leggere, non annoiano e lasciano un bel ricordo di sè dal momento che sono ottime per una innocente evasione dalla vita quotidiana: non hanno effetti collaterali e lasciano luccicanti briciole di sogni nello sguardo.
Queste mie antologie raccontano storie di gente comune, di amori, di amicizia, di avventure ai confini della terra e del cielo e della legge, storie di vita e di morte e dei loro giri di valzer abbracciate a uno sconosciuto chiamato destino, usando il miglior italiano che conosca cioè quello che usiamo quotidianamente e che vorremmo sempre ascoltare anche da chi ci comanda: il parlato semplice, quotidiano, diretto, senza troppi giri di parole ma con i tempi giusti, i congiuntivi, gli imperfetti, le virgole e i punti là dove servono e mai dove possono complicare la vita o la comprensione al nostro prossimo.
Coloro che li hanno letti, mi hanno detto che sono tre prodotti genuini, originali, caserecci e mai banali o grossolani ma curati artigianalmente che meritano la più ampia diffusione possibile; però non vi chiedo di acquistarli: non è questa la sede adatta.
Vi chiedo di sostenere, anche con una piccola donazione, la loro ristampa affinchè io stesso possa provvedere alla loro diffusione e tanto più sarete generosi, nonostante i tempi di vacche magre che stiamo vivendo, quanto più ve ne saremo grati io, Produzioni dal Basso e Colui che Lassù Risiede cui non mancherò di inviare preci e laudi in vostro favore. Fin da ora, grazie!




Questo è link del progetto: https://www.produzionidalbasso.com/project/assentarsi-per-briciole-di-sogni-in-camere-ammobiliate-ristampe-per-la-bottega-del-parolaio/
Modalità di raccolta scelta: PayPal

Claudio Montini per La Bottega del Parolaio (c) 2016 testo
Orazio Nullo (c) 2016 foto copertine dei libri e immagine del progetto
Produzioni dal basso crowdfunding per tutto il resto    

sabato 19 marzo 2016

Festa del papà: ciao Carletto!

19 marzo festa del papà...


 


Non ho niente di così fondamentale da scrivere per la festa del papà: mi bastano un ricordo, un rimorso e una preghiera prima di addormentarmi stasera. Già lo so che, quando arriverò di là, non farò tempo a varcare la soglia fischiettando Bob Dylan (Knockin' on heavens door) che mi arriverà uno schiaffone alla nuca tale che manco Yuri Chechi o Igor Cassina farebbero una capriola migliore...Poi, annusato odore di fumo di Marlboro (pacchetto rosso duro), mi volterei e direi:" Ciau Carleto!"
(foto Elda Callegari 1968 - Celle Ligure (SV): Claudio (1966) e Carlo detto Carletto (1929 - 1986))

Claudio Montini

venerdì 18 marzo 2016

Paste di meliga della Jena Sabauda per la festa del papà

Paste di meliga...alla moda mia!

di Jena Sabauda

 
Nella tradizione biscottiera e dolciaria piemontese, le paste di meliga sono biscotti di pastafrolla nel cui impasto trova posto anche la farina di mais gialla, ma quella di una particolare e rara qualità di mais, l'"otto file", che fa in modo che questi siano biscotti da giorno di festa.
Pertanto, se all'approssimarsi della festa dei papà (19 marzo, San Giuseppe artigiano e castissimo sposo della Beata Vergine Maria, padre putativo di Nostro Signore Gesù Cristo et laudas et glorias et preces via cantando...amen!) doveste trovarvi senza idee per un dolce intermezzo alle fatiche del viver quotidiano, procuratevi quanto segue:
  • 350 grammi di farina bianca di grano tenero 00
  • 150 grammi di farina gialla di mais (o grano turco o meliga detta alla moda piemontese)
  • 250 grammi di burro morbido (basta che lo lasciate fuori dal frigorifero, neh?)
  • 250 grammi di zucchero semolato bianco ( ma anche quello integrale o di canna va bene, anzi benone: a piacere...è volontà, come spingere la giostra!)
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • La scorza grattugiata di un limone
  • 2 uova intere (...il guscio, no! Si lega male con gli altri ingredienti....buttateli pure.)
  • 1 pizzico di sale
Setacciate la farina bianca e unitela a quella gialla; poi, con il burro, le uova, lo zucchero armatevi di santa pazienza e tanto olio di gomito e impastate il tutto per ottenere la pastafrolla, tenendo presente che la farina gialla tenderà a opporre un po' più di resistenza di quella bianca: sarà, insomma, un po' più biricchina ma alla fine si adatterà e conferirà all'amalgama un bel colore.
Una volta ottenuta la vostra pallotta di pasta, la lasciate riposare in frigorifero per una bella ora, in modo che acquisti consistenza; trascorso questo tempo, utile anche a ritemprare le vostre stanche membra, procuratevi un bicchiereda tavola di misura media (da acqua o da vino come vi piace, basta che sia tondo) e, stesa la pastafrolla con uno spessore a vostro parere congeniale all'idea di biscotto, passate alla produzione incidendo la distesa con il bicchiere.
I tondi ottenuti li disponete in una teglia, con apposita carta da forno, che spedirete a cuocere per 14 o 15 minuti circa a 180° C ; naturalmente anche l'occhio vuole la sua parte e ognuno ha il suo forno cui sa cosa chiedere.
Quando saranno pronti li lasciate raffreddare e, quindi, li spolvererete con abbondante zucchero a velo: perchè questi sono i BISCOTTI PER  LA  FESTA  DEI  PAPA' e DEI  "GIUSEPPE" DI  TUTTO IL  MONDO!
Parola di Jena Sabauda!
Buon appetito!

(c) 2016 Testo e ricetta di Jena Sabauda
(c) 2015 Immagine Orazio Nullo " Harlequin's Kitchen"
 

mercoledì 16 marzo 2016

World Poetry Day 2016: un e-book per celebrarlo con nove poeti italiani

 L'Associazione Culturale "I colori della vita"-Vigevano (PV) è lieta di presentare il primo e-book che celebra la giornata mondiale della poesia, che cade il 21 marzo 2016.
Questo libro in formato MOBI è disponibile su amazon ed è composto dai lavori in versi e in lingua italiana di nove poeti risultati finalisti della Prima Rassegna di Poesia LA VOCE DELL'ANIMA organizzata, pubblicizzata e svolta sul social network facebook dall'associazione delle tre vele gialle.

Il podio, tutto al femminile, si è così definito:
1° posto Maria Antonietta Sansalone
2° posto Concetta Monteleone
3° posto Marina Rossi

Sono stati insigniti della menzione speciale di merito anche Luca Debiti, Anais Draghi, Camilla Lauricella, Francesca Piovesan, Alessandro Gallo e Sabina Marinelli.

Claudio Montini

domenica 13 marzo 2016

Pensiero della domenica



Leggere e scrivere è molto più che farsi del bene: è trovare chi ama le cose che ami tu e sa farti stare bene anche nel bel mezzo di un terremoto, di una tempesta o della vita di tutti i giorni facendo bene il proprio mestiere. In una libreria o in una pinacoteca o in qualsiasi altro posto in cui qualcuno ha fatto qualcosa di bello per gli altri, nessuno sarà solo o straniero.

Claudio Montini & Orazio Nullo
(c) 2016 testo e immagini 

sabato 12 marzo 2016

Keith Emerson - Honky Tonk Train Blues (remastered).flv _ See you later in paradise, mr. Emerson





See you later in paradise, mr. Emerson....
di Claudio Montini

Il treno blues si è fermato alla stazione del cielo e Keith Emerson è sceso dal palcoscenico. Qualcuno sussurra che si sia suicidato poichè non sopportava l'idea di assistere al decorso di una malattia neurologica degenerativa che, pare, lo avesse colpito proprio ai nervi delle mani. 
Nato a Tomorden, nello Yorkshire (UK) nel 1944, ha dato l'addio alle scene e alla vita nella sua villa di Santa Monica in California (USA) probabilmente nella nottata di giovedì ultimo scorso; credo che sia verosimile che abbia scoperto di avere la malattia di Parkinson e ha scelto di non assistere impotente alla fine di ciò che lui amava e sapeva fare meglio di chiunque altro: suonare il pianoforte, fare musica e divertirsi con essa facendo del bene anche al prossimo. Non credo che Colui che lassù risiede se ne risentirà, poichè gli ha dato modo di fare molto in questa valle di lacrime rivoluzionando il concetto di musica rock nel corso degli anni '70 del XX secolo: di fatto, ha inventato il Progressive Rock in compagnia di Greg Lake (basso elettrico e voce) e Carl Palmer (batteria) portando sul palcoscenico il sintetizzatore inventato da Robert Moog (monofonico prima e polifonico poi) , mandando in pensione l'organo Hammond e gli electric piano come quello che Ray Charles suona in una sequenza dei Blues Brothers (il brano è "Shake the tail feather").
Questo video, condiviso via youtube.com, riporta note in sovraimpressione in italiano (mi dispiace per i lettori che hanno poca dimestichezza con la lingua di Dante) che si rifanno alla leggenda per cui sullo spartito del brano vi siano indicazioni riguardo l'andamento della corsa del treno blues, ovverosia, l'avvio dalla stazione, la presa di velocità, l'incrocio con un altro convoglio, il passaggio sul ponte sopra un fiume, l'arrivo in stazione e la fermata: il tutto è sottolineato dagli ottoni della sezione fiati e dalla mano destra del pianista, mentre la sinistra e la batteria danno il senso del materiale rotabile nella sua corsa sui binari. 
Il brano che ho scelto mi è molto caro poichè era la sigla di un programma televisivo del 1977, un rotocalco di spettacolo e cultura che andava in onda su Rai2 (che allora si chiamava ancora Secondo Canale) in prima serata e durava un'ora e mezza: era intitolato "TG2 ODEON - Tutto quanto fa spettacolo" eandava in onda il martedì.
Me lo ricordo perchè fu il primo spettacolo che i miei genitori mi concessero di vedere dopo Carosello: era il segno che ero diventato grande perchè, normalmente, dopo la storica trasmissione di spot i bambini andavano tutti a dormire tranne il sabato...(domenica non c'era scuola e si poteva dormire....)

(c) 2016 testo di Claudio Montini

giovedì 10 marzo 2016

Lomello pensa, riflette e si interroga sulla nuova Italia



 



























di Tina Magenta 
Associazione Culturale "La biblioteca Giovannini-Magenta BGM" di Lomello (PV)

VINCENZO MORETTI - Sociologo, dirige la sezione Società, Cultura e Innovazione della Fondazione G. Di Vittorio- Roma
Racconto l'Italia che mi piace. L'Italia delle persone normali. L'Italia del lavoro ben fatto. (V. Moretti)
Nel lavoro come nella vita è questione di applicazione, dove tieni la mano devi tenere la testa, dove tieni la testa devi tenere il cuore. (V. Moretti)

Il coltello e la rete è un libro che verrà presentato a Lomello (PV) venerdì 11 marzo alle ore 21, ma che vuole essere un'indagine sulla stato della società italiana attuale e anche una mappa per orientarsi verso le migliori vie d'uscita dai mali che paiono incancrenirsi in essa,violenza e corruzione morale, adoperando e non demonizzando gli strumenti della comunicazione digitale.

(c) 2016 Tina Magenta dal profilo facebook per gentile concessione di testo e immagini

martedì 8 marzo 2016

C'è un ebook nuovo nella bottega del parolaio

Ofelia, Eridano e Cecilia
Ofelia, Eridano e Cecilia

Particolare della copertina
 Vi domanderete cosa sia questa stringa interminabile...ebbene è uno dei nuovi prodotti che ho caricato in rete; è un ebook nato da un connubio tra prosa e poesia e che è una favola moderna per ragazzi un pò cresciuti, casualmente messi di fronte al mistero più grande della vita: la libertà di togliersela senza dare spiegazioni.
Il poeta e giornalista e fotografo e tipografo Davide Zardo mi ha concesso due suoi componimenti, pubblicati per altro su facebook diversi mesi fa; io ho preso da un racconto di CAMERE AMMOBILIATE PER VIAGGIATORI IMMAGINARI e vi ho incastonato i due componimenti.
Lo trovate su google play e su amazon e anche su altri circuiti.
Buona lettura!

Davide Zardo
Claudio Montini                            

 

giovedì 3 marzo 2016

L'Italia fa da sè - Radio Patela Fiction con Youcanprint


L'italia fa da sè



di Claudio Montini







Cominciò a pensare d'aver sbagliato numero, tanti erano ormai gli squilli a vuoto di cui aveva perso il conto; la regola che si era imposto, del resto, era semplice: se non rispondi al terzo squillo, o non sei in casa o hai di meglio da fare e allora ciao, sarà per un'altra volta. Se e quando avrai davvero bisogno, ti farai trovare: ma non era mai stato sufficientemente cinico e spregiudicato da portare fino in fondo quel proposito. Nel caso specifico, poi, la regola era inapplicabile per una serie di ragioni che andavano collocate negli ambiti irrazionali dell'istinto animale. Un complesso di cose in tutto e per tutto simile a quella nota, ma misteriosa, forza che li aveva spinti in un motel ad amoreggiare come fossero ragazzini in gita scolastica, staccando le batterie dei cellulari: come fosse la prima volta che scoprissero la reciproca nudità e la consapevolezza crescente del piacere, della tenerezza e del desiderio di sentire pelle contro pelle, labbra sulle labbra, mani intrecciate eppure piene di vita e di sospiri e di fuoco di paglia che scoppia dentro, invisibile ma che cresce e sale nella buia volta del cielo e lì si disperde in un ventaglio di minute scintille.
Anche l'uscita di scena l'uno dalla vita dell'altra, schiena contro schiena diretti ai propri orizzonti con la muta promessa di ritenersi sazi di quell'occasione, sapeva di collaudato copione e di melodia popolare fino alla nausea.
Nel posto giusto e al momento sbagliato, quando il tempo era ormai scaduto, avevano ceduto alla follia come non avevano fatto prima e non avrebbero mai immaginato di fare dopo la loro gioventù, quando Milano era la porta di servizio dell'Europa e a Londra o Parigi ci si arrivava più in fretta che non a Roma o a Palermo, quando avevano deciso di costruire qualcosa per il futuro, come una casa e una famiglia.
Forse aveva ragione Seneca, quando sosteneva che una volta all'anno è permesso impazzire: proprio lui che aveva educato al comando un paranoico presuntuoso incendiario cui non aveva dato la soddisfazione di condannarlo a morte, quando questi aveva deciso di fare a meno di lui; oppure ne aveva avuta di più sir Winston Churchill, che scrisse nel suo diario che gli italiani sono un popolo straordinario: riescono ad andare avanti, pur camminando con la testa ben voltata all'indietro?
Noi due, pensava lui mentre frugava con lo sguardo Piazza della Vittoria e i suoi portici per vederla arrivare, abbiamo fatto entrambe le cose e ci siamo pure persi di vista per trent'anni. Il destino, cui lui credeva più di ogni altra cosa, in qualche modo misterioso stava presentando loro il conto per le promesse che non avevano onorato e per le premesse che avevano disatteso: una vita di gesti e di parole, come quella inverosimile delle canzonette che le radio private mandavano in onda facendo a gara coi juke-box che, ai tempi con poche monetine, riempivano l'aria estiva di sogni amorosi, loro se l'erano goduta, bevuta, bruciata e fumata in una sera e nella notte che avevano acceso, invece di tornare ciascuno a casa propria dopo quella rimpatriata tra vecchi compagni di scuola.
Guardando il mozzicone prossimo al filtro e soffiando il fumo dalle narici, fu lei a pronunciare la sentenza, andando a farsi la doccia per prima.
« Non c'è futuro per noi e non ce n'era nemmeno in passato: il nostro egoismo ha fermato il tempo, questa notte. Ma siamo adulti, abbiamo barattato o perduto tutti i nostri sogni per esserlo: allora dimenticami, se puoi.»
Lui annuì e aspettò il suo turno: siccome era già da tempo abituato a vivere alla giornata, non durò troppa fatica a perdere quel ricordo nei tre mesi successivi. La candidatura accettata quasi per scherzo, nella parte bassa dell'elenco quando mai l'avrebbe visto uno scranno di Montecitorio?; le solite inchieste a orologeria di magistrati smaniosi di far carriera che avevano falcidiato buona parte di coloro che lo precedevano sul tabellone; il mai domo vizio dei big del partito di candidarsi in più seggi, vizio da prima repubblica fin che si vuole ma utilissimo a crearsi una piccola corte di peones e miracolati da adoperare per i lavori sporchi nelle commissioni parlamentari più sonnacchiose. Tutta questa congerie di cause lo avevano catapultato a Roma, mai stata troppo ladrona ma soltanto capoccia der monno infame, come aveva cantato tante volte con l'amico chitarrista devoto alla falce e al martello, imitando maldestramente Antonello Venditti.
In un tempo lontanissimo, quando il cinismo non aveva ancora distrutto l'utopia e tutto sembrava a portata di mano, la capitale d'Italia l'aveva pensata come un trogolo inesauribile pronto a ingrassare maiali sempre più numerosi e voraci: ora che si era pasciuto di quel mangime, si preoccupava solamente di arrivare alla fine della legislatura per mettere altro copioso fieno in cascina per blindare la pensione da parlamentare.
Lui era stato ai patti, dunque, lei cosa voleva ancora? Un'intervista informale con cui montare un pezzo per fare bella figura con la nuova redazione?
Certo, dopo che la fine delle province, i loro uffici stampa erano stati smantellati e i molti parolai erano finiti nel limbo degli esuberi e degli esodati; qualcuno era stato anche fortunato, era tornato da dove era venuto: in una redazione di imberbi dal pollice più veloce del west, una testa pensante che fosse in grado di infilare due congiuntivi corretti nella stessa frase coordinandoli con i fondamentali della grammatica italiana, così come di infilare il microfono sotto i nasi giusti senza attendere le agenzie, faceva parecchio comodo ai contenitori di pubblicità in carta stampata.
A grandi linee, era il percorso che era toccato in sorte anche a lei sebbene ora dovesse fare la spola tra Pavia e Milano, da quel che gli aveva riferito Alberto, altro sodale scolastico, cui aveva fatto avere un bel contratto per la fornitura di materiale elettronico e informatico per le sedi del partito nel nord Italia, anche se l'ex genio della matematica l'aveva contattato per un appalto per le forze armate che lui aveva sconsigliato, essendo lo Stato un puntiglioso esattore ma un pessimo pagatore. Alberto era rimasto alquanto perplesso e aveva giocato la carta sentimentale dei vecchi tempi e della passione mai sopita ma palese tanto da essere imbarazzante, per tutti gli altri tranne che per i diretti interessati i quali si erano chiariti fin dal principio.
Il tempo, in entrambi i casi, aveva dato ragione all'onorevole e l'ingegnere mancato (una volta avviata l'azienda, egli trascurò gli studi perchè soldi e lavoro affluirono in modo cospicuo e costante),complice uno scandalo scoppiato ad hoc, fu felice di aver evitato grane peggiori e di aver intascato abbastanza rapidamente il pattuito senza dover oliare troppi ingranaggi.
Anche in quel caso, lui era stato ai patti e Alberto non era mai più tornato sull'argomento.
Eppure c'era qualcosa che non quadrava, un'ansia irrazionale, dall'origine sconosciuta, come una catastrofe immanente.
Dette la colpa alla sua mania di arrivare con largo anticipo agli appuntamenti; poi, sentì il taschino della giacca vibrare contro le costole: era il cellulare che gli avevano dato quelli dei servizi di sicurezza dopo le minacce di sedicenti jihadisti italiani, per poterlo controllare senza asfissiarlo con la scorta fuori dal parlamento e da Roma. In realtà, l'espressione usata era garantire la sua sicurezza senza l'ingombro e l'assillo della scorta che altro non voleva dire se non che, sapendo la sua posizione, i cani da guardia dissimulati ad ogni crocicchio potevano intervenire con un comando automatico; aver deciso di rinviare il rientro nella capitale di un giorno doveva aver fatto saltare la mosca al naso a qualcuno che voleva spiegazioni che, a sua volta, avrebbe dato ad altri subalterni e superiori: il partito, almeno in questo, si era sempre dimostrato molto più elastico.
Prima di portare l'apparecchio all'orecchio e rispondere, la vide scendere dall'autobus e attraversare gli ultimi metri di corso Cavour, prima dell'incrocio con Strada Nuova; le fece anche un cenno con la mano per per richiamare la sua attenzione; la vide inciampare e cadere con la testa reclinata all'indietro prima che l'onda d'urto dell'esplosione lo investisse, scaraventandolo bocconi sul selciato di Piazza della Vittoria e una delle lancette dell'orologio di Palazzo Broletto gli trapassasse la schiena inchiodandolo come una farfalla da collezione.
Finestre e vetrine scagliarono frantumi micidiali su tutta la piazza disintegrandosi quasi contemporaneamente: forte odore di metano e polvere di tegole, mattoni, pietre e cemento riempirono l'aria in cui si insinuavano a fatica le sirene dei primi mezzi di soccorso e quelle degli allarmi dei negozi.
Incendi spontanei e boati meno fragorosi coprirono i lamenti dei feriti; l'autobus che si era appena sgravato dei passeggeri, tra i quali c'era lei, ora scomposta sul selciato con uno strano fiore rosso in fronte e la borsetta ancora a tracolla, prese fuoco e parve sollevarsi mentre le ruote schizzavano frantumi di gomma nera come il fumo che saliva dal resto della carcassa.
Nessuno, neppure quelli che invocavano aiuto, notarono un vigile del fuoco e una crocerossina dal volto nascosto sotto una maschera antigas che, nascondendo una mano sotto la giubba, però ben stretta su Beretta semiautomatica con silenziatore, si avvicinarono a due cadaveri in particolare ignorando il resto del girone infernale che li circondava.
Non si resero conto che questi misteriosi sciacalli frugarono nelle tasche dei morti allontanandosi con la borsetta della donna e con il cellulare dell'onorevole, così come nessuno vide che salirono su un furgone grigio con l'insegna di un negozio di riparazione di elettrodomestici che, solo i pavesi indigeni non acquisiti, sapevano essere chiuso da quando il vecchio Vertuani era morto e il figlio si era trasferito in Svizzera, almeno dodici anni prima.
Il tiratore scelto che si era occupato della donna conosceva molto bene il dedalo di vie fiorite lungo i bracci dei carri decumani di Pavia, fù un gioco da ragazzi portare il furgone in viale Cremona e poi nel garage in fondo all'orto di casa Vertuani mentre forze di polizia e ambulanze sfrecciavano nel senso opposto; del resto, le bigiate degli anni del liceo senza farsi beccare da amici o parenti, per scendere dal Confluente con la canoa fino al Barcone Ponte Becca e risalire in perfetto orario con la campanella d'uscita e il biennio da infiltrato a tenere d'occhio le teste calde (e vuote) che avrebbero voluto fare la rivoluzione, coi soldi che papà elargiva loro per le tasse universitarie, erano state una buona palestra.
Quella villetta, frutto della mente di un geometra con poche ambizioni e ancor meno scrupoli, era stata un'ottimo acquisto da parte del ministero, sia dal punto di vista immobiliare che strategico: era una zona che si rivalutava di anno in anno grazie ai vincoli naturalistici e storici che impedivano ai palazzinari di farne scempio e a un patto di non belligeranza tra guardie e ladri (nel senso che questi ultimi, eleggendolo a casa e bottega, evitavano agli altri di dover intervenire per questioni di ordine pubblico o di proprietà privata: in casa del ladro non ruba nessuno), agevolando chi ci abitava a godere della comodità di un'oasi di pace a meno di tre quarti d'ora dal centro della città e dalle sue tangenziali.
Incidentalmente, poi, a quelli che avrebbero dovuto essere dalla parte delle guardie per mandato istituzionale, il fitto bosco alle spalle di quell'ultima propaggine di città, classificato come area golenale del Ticino, offriva legna gratuita per il camino e riparo da occhi indiscreti per l'accesso o l'addestramento o la fuga poichè celava uno degli approdi più comodi e fondi che si potessero sperare tra il ponte della Becca e la chiusa di Golasecca, a ridosso di Sesto Calende: una via d'acqua è troppo spesso sottovalutata, ma può essere assai più veloce e ancora più discreta di tutte le altre dal momento che nel suo incessante scorrere cancella ogni traccia di transito, trascinando con sè detriti e anche cadaveri, se necessario. Stavano per lasciare la casa sicura, abbigliati come cicloturisti olandesi, quando l'anziano custode e ortolano, copertura in cui si trovava a suo agio dopo una vita a fare da angelo custode ai comandanti della compagnia Carabinieri Pavia, porse a Beta il cellulare dell'onorevole che vibrava per una chiamata in entrata.
«Qui Alfa: rapporto.»
«Obbiettivi acquisiti.»
«Perdite?»
«Nessuna. Materiale recuperato e pronto alla spedizione.»
«Ottimo lavoro. Procedete come da programma.»
«Sissignore. Grazie, signore.»
«Ci vediamo a San Giorgio; la Luftwaffe ci darà un passaggio.»
«Signore, posso parlare liberamente?»
«Accordato. Avanti, Beta.»
«Questa volta lo Zio Sam non ci metterà i bastoni fra le ruote, vero? Li porteremo a casa vivi e per sempre?»
«L'Italia fa da sè.»
Chiuse la comunicazione perchè anche dall'altra parte non c'era nemmeno più l'apparecchio, già distrutto e disperso nel sacco della plastica.
Vittorio era un carabiniere garantito e certificato, come quelli che aveva addestrato ed erano entrati in servizio dopo di lui, usi ad obbedir tacendo e tacendo morir: era il custode ideale per una casa sicura, capace di tenerla sempre efficiente e pronta. Con la pensione era diventato un'ortolano uso a coltivar tacendo e tacendo a regalare la verdura che coltivava alla mensa dei frati di Canepanova, guarda caso, poco distante dalla sede della compagnia comando dove aveva servito lo Stato.
Il Marinaio sapeva di poter contare su di lui, che avrebbe pianto di rabbia in silenzio nel confessionale del figlio per i morti di quel giorno come per tanti altri, ma che non avrebbe mai lasciato uscire dalle labbra una virgola, nemmeno davanti alla carne della sua carne che rappresentava Cristo sulla terra. L'Aviatore si appoggiò totalmente allo schienale della poltrona, quasi sconfitto e schiacciato dal peso delle sue elucubrazioni circa gli sviluppi e le reazioni a catena scatenate dall'attentato che, in quel preciso istante, veniva rivendicato da un sedicente gruppo jihadista italiano e la notizia veniva rilanciata tanto dalle agenzie quanto dai bollettini parrocchiali, interrompendo persino le televendite di materassi, vasche da bagno, tarocchi e numeri del lotto vincenti.
«Hanno abboccato!» gongolò il Marinaio.
«Hanno abboccato?? Dico, ma ti rendi conto della tempesta di guano che hai sollevato? Hai la minima idea dello tsunami di merda che sta per sommergere questo porco Paese?»
«No, dimmelo tu...Bada, però: devi essere molto convincente perchè, come altri sessanta milioni di persone in questo nostro stivale, ne ho le tasche piene di slogan, belle parole e promesse vane che ai politicanti piacciono tanto.
Voglio fatti concreti non idee volatili e vanesie, voglio che quei due ragazzi, che hanno fatto soltanto il loro dovere e hanno sempre ubbidito agli ordini, tornino a casa sani, salvi e a testa alta: se per ottenere questo risultato mi servono le bombe, puoi starne certo che , userò tutte quelle che mi servono a spianarmi la strada per New Dehli e ritorno, qui a Roma!»
Erano scattati in piedi entrambi e puntavano i pugni contro il piano della scrivania: avrebbero preferito scaricarli su nasi o mascelle l'uno dell'altro, ma non erano sul set di un film con John Wayne o Bud Spencer. L'Aviatore si ritrasse e drizzò la schiena, manifestando tutto il suo sconcerto e lo sdegno per quanto aveva appena udito.
«Hai appena scatenato il razzismo latente degli italiani, condannando al potenziale linciaggio ogni extracomunitario, compresi gli sportivi; non riesco a capacitarmi del fatto che, proprio tu, abbia tolto la museruola ai mastini della razza nordica e cattolica.»
«Gli italiani hanno la memoria corta, si turano il naso in fretta e votano gli stessi che li hanno fregati: a loro basta che vinca la loro squadra di pallone o la Ferrari arrivi prima in un gran premio e tutto passa, tanto c'è sempre qualche santo che vede e provvede. Io ne ho abbastanza di “italiani brava gente”, è ora che la smettano di prenderci in giro: ci devono rispettare tanto quanto noi abbiamo rispettato loro.»
« Allora, tu dichiareresti guerra a una potenza economica per liberare due fucilieri, con una cassa di Stinger e l'altro drone che hai fatto rubare a Vicenza e a Livorno, sotto il naso della CIA? Oppure lo fai perchè quei cinque elicotteri che gli indiani non hanno voluto nè ritirare nè pagare, nonostante gli avessimo lasciato proseguire la farsa dei pescatori scambiati per pirati, non li hanno assegnati alla tua banda di ficcanaso tagliagole per le loro scorrerie?»
« Quanto alla prima domanda, ti ho già risposto; in merito alla seconda, ti ricordo di sciacquarti la bocca con l'aceto la prossima volta che parlerai dei miei uomini perchè ti potrei infilare una mano in bocca e rivoltarti la testa come un calzino, giusto per il piacere di liberarti le orecchie e la scatola cranica dalla merda che li intasano.
Quei cinque aeromobili non sono mai esistiti, non è mai esistito nemmeno l'ordine per una singola vite: è stato solo becchime per i pappagalli del mondo dell'informazione e, a quanto pare, ne sono andati matti tanto da condividerlo.
Gli Italiani hanno la memoria corta, te lo ripeto, la lingua lunga ma le mani immobili: anzi, sono propensi a prostrarsi con chi fa la faccia scura e la voce grossa, anche se ha torto. Nell'Oceano Indiano non siamo in grado di garantire nulla ai nostri mercantili o alle petroliere, nemmeno come Europa: gli americani badano soltanto alle loro imbarcazioni e, più di una volta, ci hanno detto di arrangiarci. Ci siamo arrangiati e abbiamo chiesto aiuto ai locali fornendo assistenza, mezzi, formazione; poi, casualmente ma non troppo poichè gli olandesi ci erano arrivati prima, abbiamo scoperto che le molteplici braccia della dea Khali servono a giocare su più tavoli: la pirateria elargiva cospicue mance anche a coloro che ci affiancavano nel pattugliamento. Nel momento esatto in cui i miei ficcanaso tagliagole, come li hai definiti poc'anzi, stavano per cogliere con le mani nel sacco i corrotti e calare gioiosamente la scure su quelle braccia incancrenite dall'avidità, ecco che accade un incidente in acque internazionali con alcuni protagonisti su una nave italiana.»
«Non ho bisogno di lezioni di storia contemporanea: sono a conoscenza dei fatti e...»
«No, ti sbagli: tu sai solo quello che i miei predecessori e i funzionari dei ministeri hanno voluto che tu sapessi: ed io sono tra quelli. Ma, ora, io ho aperto gli occhi grazie al lavoro dei miei ficcanaso e, giuro sulla patria e sul mio onore, che quel che ho appreso non mi piace affatto.»
«Non fare il sentimentale: non ti si addice! Pensa piuttosto ai civili che hai coinvolto nella tua guerra personale e ai danni che hai provocato al patrimonio artistico di una città, minore fin che vuoi, ma pur sempre parte della patria che hai giurato di servire e onorare.»
«Anche le bombe sui treni e nelle banche o i proiettili piantati nelle teste di professori universitari che rincasavano erano stati preparate e portati ed esplosi da gente come noi, che aveva fatto lo stesso giuramento: loro hanno fatto la loro parte e io devo fare la mia, altrimenti ben più loschi figuri si occuperanno di questa e di molte altre faccende, fino al punto che non lo riconoscerai più questo Paese.»
«Smettila di girarci intorno e sputa il rospo, marinaio!»
«Lo Stato si ritira ogni giorno di più e lascia la gente alla mercè del proprio destino e della burocrazia, perdendo tempo; allora, ecco che entra in scena l'Onorata Società, chiamala mafia o camorra o ndrangheta o sacra corona unita non importa: in un tempo assai breve, risolvono il problema, aggiustano il guaio, danno conforto e lavoro ma in cambio pretendono assoluta e cieca fedeltà anche quando l'ingiustizia e l'efferatezza toccano livelli diabolici.
Tutte le volte impiantano i loro traffici, quando regolano conti tra di loro, quando decidono per la vita o per la morte chi ha avuto bisogno di loro deve farsi cieco, muto, sordo oppure correre ad ogni schiocco di dita.
Quei due ragazzi sono stati turlupinati e abbandonati dal loro stesso datore di lavoro e dalla loro patria, quando è stato dato l'ordine alla nave di rientrare in acque territoriali indiane e poi in porto; quando sono stati arrestati e disarmati su territorio italiano da forze di polizia straniere; quando, contro la loro volontà e contro tutti i principi del diritto internazionale, sono stati trattenuti in stato di fermo. Nemmeno i tribunali nazisti erano stati tanto farraginosi e lenti nel formulare accuse e fornire prove false per accuse infondate; sprofondati nelle nostre comode poltrone abbiamo creduto nella diplomazia o, semplicemente, sposato la disciplina statunitense per cui i dispersi sono morti e non si danno soldi per gli ostaggi, che diventino pure dispersi e caduti.»
« E allora? L'Aeronautica non ti darà mai un solo velivolo per dare corpo a questa fantasia, io non ti darò mai nemmeno un aliante!
Ti dirò di più: nessun comandante che tenga alla propria carriera e al suo equipaggio ti concederà neanche un canotto a remi.
Tu sei completamente uscito di senno e darò immediatamente ordine che ti arrestino!»
L'Aviatore era persino paonazzo, il collo voleva spezzare la costrizione del colletto della camicia e il nodo della cravatta; estrasse il cellulare ma non riuscì a terminare la composizione del numero o la sua ricerca in rubrica: il Marinaio aveva teso il braccio e fatto fuoco spargendo sangue e materia cerebrale nella stanza; era stato pure fortunato perchè l'Aviatore si era girato di lato, tanto da opporgli il fianco giusto, e il cadavere era ricaduto sulla poltrona che aveva occupato fino a pochi istanti prima: non gli restava che estrarre il caricatore, inserire quello coi colpi a salve, fare esplodere un colpo al defunto, rimettere il caricatore originale, raccogliere il telefonino per rimetterlo in tasca al morto e il finto suicidio era servito.
Freddamente e meccanicamente portò a termine l'operazione e poi lasciò sulla scrivania un dossier e una busta con la lettera d'addio e, nel dossier, la confessione di essere la mano che aveva scritto alcune delle pagine nere della Repubblica. Mano che la giustizia aveva sempre fatto finta di non trovare perchè non conveniva a nessuno, Onorata Società in testa, che ciò avvenisse: era scomoda la verità, per l'Italia che fa da sé, tanto quanto quella giornalista che l'operatore Delta aveva sistemato qualche attimo prima dell'impatto del drone sulla cupola bramantesca del Duomo di Pavia.
I suoi servizi sulla presenza delle installazioni militari, attive o dismesse nel territorio pavese e, in particolare, sull'Arsenale di via Riviera l'avevano portata a un passo dallo svelare tutta la trama che aveva pazientemente ordito: se il ministero aveva deciso la cessazione dell'operatività di quello stabilimento, licenziando senza tanti complimenti i civili in esso impiegati, la sorveglianza e la custodia dell'area era totalmente militare fino alla presa in consegna da parte delle autorità civili. Dal momento che questa sarebbe avvenuta solo dopo la presentazione di un apposito progetto di riqualificazione per una nuova destinazione d'uso, la spiccata tendenza degli enti interessati ad andare in direzioni ostinate e contrarie aveva consentito al Marinaio di mettere a punto ogni dettaglio del suo piano; tuttavia aveva saputo che le notizie e i dati raccolti dalla giornalista avevano superato il livello di guardia e le bastava una piccola riflessione per tirare le somme. L'appuntamento con un onorevole che era appena stato spostato dalla commissione esteri a quella della difesa, per esigenze di partito, rappresentava il momento in cui quella scintilla sarebbe potuta scoccare e mandare all'aria tutto. Se l'operazione che aveva progettato fosse andata in porto, sarebbe stato ricordato come un'eroe e avrebbe potuto onorare la memoria di tutti i servitori dello Stato caduti onestamente, lavando anche la propria coscienza.
In caso contrario, lui non era mai stato lì, aveva cancellato le tracce più evidenti, e i colpevoli del finto suicidio, qualora fosse stata formulata quell'ipotesi investigativa, non sarebbero mai stati trovati: ci avrebbero pensato le cariche incendiare che aveva piazzato nei punti nevralgici dell'edificio.
Vittorio aveva ricevuto precise istruzioni e un numero di telefono fisso da comporre per attivare la procedura.
Alla CIA aveva scroccato anche un buon addestramento: nel bene e nel male, quando vuole, l'Italia fa da sé.

(c) 2015 Testo di Claudio Montini 
tratto da "CAMERE AMMOBILIATE PER VIAGGIATORI IMMAGINARI"  ed.Youcanprint selfpublishing  2015
(c) 2015 Immagine di Orazio Nullo