MESSAGGERIA
ISTANTANEA:
UN’AMICIZIA A MUSO DURO
di Claudio Montini
Da
Sugar ray a Vento
Versiamoci ancora un bicchiere di
ricordi, amico mio, da lasciare scendere per la gola a sciogliere il
nodo di lacrime e rimpianti che ci toglie il fiato: sarà questo
vino, fatto di parole e di immagini che ci sono state care, a trovare
la strada giusta che ci riporterà ai sapori e ai suoni che hanno
acceso la nostra comune passione. Un tempo eravamo artisti, ricordi? Inconsapevoli della nostra modestia,
forse, ma orgogliosi di salire sulle assi di un qualsiasi
palcoscenico e volare, coi suoni e con le parole, sulle teste
dell’altra gente fingendo di regalare loro un’emozione, ma
rubando la loro invidia e l’ammirazione per sfamare la nostra
ambizione. Bastava così poco, del resto, per
uscire dal cerchio di ferro delle abitudini consolidate: l’unico
satellite che conoscevamo era la luna ed era gratis; gli elettroni
lavoravano per noi ma solo per darci luce in casa e nelle strade;
alla radio sognavamo ancora l’America e l’eccentrica ( e
libertina ) Londra scimmiottandone vesti e gesta, non senza
tralasciare di tormentare sei corde con accordi captati con poco
orecchio e molto…….beh, ci siamo capiti, no? A onor del vero, a qualcuno di noi,
madre natura qualche dote artistica l’aveva pure data e, coltivata
nei dovuti modi, l’avrebbe magari anche portato lontano, via da
quel nostro paese troppo quieto e disteso, senza sorprese,
all’estrema periferia della storia e del sistema solare. Però, tu lo sai meglio di me, i sogni
spesso non hanno soldi e la realtà quotidiana ti butta giù dal
letto, se va bene coi piedi a terra, senza complimenti e tanti saluti
all’arte! Via, via, palla lunga e pedalare finché
fatica e vecchiaia non ti schiantino. Questa è la fine che abbiamo fatto
tutti, quelli che sono restati e quelli che hanno provato a mettere
radici altrove. Perché, allora, mi viene voglia di
tornare a vedere se è cresciuto e se è cambiato, se finge di
dormire e se rincorre il futuro che sta passando o invecchia
annoiato? La risposta già la conosco ed è la
stessa che si danno quelli che tornano solo per i funerali di un
conoscente o, al principio di Novembre, vengono a salutare i
sopravvissuti con la scusa di portare fiori e rispetto ai propri
morti.
Da
Vento a Sugar ray
No, non te la prendere a male,ma mi
rifiuto persino di avvicinarlo alle labbra questo tuo bicchiere: non
è vino quello che mi stai esibendo ma rancore stanco e stantio,
nostalgia arrugginita e bolsi luoghi comuni, vetriolo scaduto di uno
che ha paura di guardare avanti e scommettere sul futuro e crede di
essere arrivato alla frutta, solamente perché la vita gli ha dato
qualche schiaffo e gli ha abbattuto qualche torre delle cento che i
suoi castelli in aria vantavano. Anch’io alla tua età, ma anche
prima, mi sono fermato a fare la conta dei vivi e dei morti e a dare
un’occhiata alle macerie, mi sono guardato intorno e mi sono
spolverato la giacca, ho annusato l’aria e poi sono andato incontro
al domani a testa alta perché, una volta a terra, se non scavi puoi
solo risalire: alla fossa ci penseranno quelli che restano giacchè
tu sei già là dove non si torna. In fondo, ne sono convinto, il
nostro vivere quotidiano è come l’acqua per una macina di mulino: va dalla sorgente al mare e non è
mai la stessa a bagnare e muovere la ruota che, a sua volta, gira
sempre in avanti; i giorni passano sotto la macina e diventano farina
e crusca che il mugnaio eterno divide per te e di cui ti chiederà
conto a tempo debito.
Fei c’anduma e gnuma, mai pagura! Te la ricordi nona Carulina? Fino all’ultima volta che salì in
paese a fare la spesa, a novanta e passa anni, a chi l’incontrava e
gli domandava “ Come va, Carolina?” lei rispondeva, con fiero
ottimismo, “ Finchè andiamo e veniamo, non c’è nulla da
temere!” sottolineando il tutto con un luminosissimo sorriso in cui
c’era più d’un dente latitante. Ora, io vivo in città e anche tu
non vivi più al paese da tempo, anzi hai solo cambiato paese (mah,
ancora mi domando il perché, dato che sei andato solo lontano…beh,
sono comunque fatti tuoi): non apparteniamo più a quel posto, in
senso fisico, siamo stranieri che vagheggiano un luogo che abbiamo
edificato nella nostra memoria e può vivere solo lì, popolato di
facce ed episodi che sono come l’acqua di quel mulino di cui ti
dicevo prima, passata via verso il mare nebbioso e immenso dei
ricordi e delle cose dimenticate. Ti concedo che, talvolta, accada che
si comporti ugualmente a quello vero, in cui ami immergerti quindici
giorni all’anno; le onde non smettono mai di rincorrersi e
d’incontrare scogli e spiagge, ora infrangendosi spumeggiando, ora
carezzando le rive lisciando sabbia e sassi, ora restituendo un
frammento di realtà fino a prima disperso nella sua scura immensità. Io preferisco lasciarlo là dove si
trova, è meglio scrutare l’orizzonte per vedere se arriva qualche
vela nuova o solo nubi di burrasca: entrambe saranno al porto
l’indomani.
Da
Sugar ray a Vento
Sulla tua spalla è difficile piangere
perché strappi la maschera che uno ha indosso e lo costringi a
guardarsi dentro, senza sconti né remore; poi, l’aiuti a vedere
con chiarezza e con semplicità i fatti della vita per quel che sono:
così va a finire che una ragione per tornare a scrutar le stelle e
che sia già domani, ti prende per mano e non ti molla più.
Però, scusa se insisto, stavolta la
magia del vecchio saggio di città non funziona: le macerie dei miei
sogni sono lievitate, diventano malinconia che zavorra l’anima e
annerisce l’orizzonte. Allora, se il morale era sotto le
scarpe, bastava uno di quei giri di accordi strani che cavavi dalla
chitarra a farmi intonare una melodia, scritta solo nella mia testa
e nelle mie orecchie, che rivestivo di parole solo per non farti
smettere di suonare: proprio lì cominciava la magia perché quelle
non si perdevano nell’aria come fumo di sigaretta, ma si
depositavano in me, attecchivano in me e crescevano in me ridestando
l’allegria e la convinzione di poter essere migliore di qualunque
altro uomo comune. Sognavo, in realtà, che accadesse un
miracolo, perché ancora ci credevo…
Da
Vento a Sugar ray
Quale miracolo?
Da
Sugar ray a Vento
Quello per cui un innocente passatempo
artistico diventa un impegno a tempo pieno, un’attività con cui
procurarsi di che vivere: fare ciò che più mi piace in modo tale
che dia soddisfazione e piaccia ad altra gente, regalandogli una
briciola di spensieratezza e una scintilla di speranza che incendi di
nuovo entusiasmo il duro cammino quotidiano.
Da
Vento a Sugar ray
Eccoci al punto, dunque! Tu quel
miracolo lo stai ancora aspettando!! Ti contorci le budella e ti fai
il sangue amaro perché il cielo, o chi per esso, non t’ha mai più
dato alcun segno. Povero illuso, scendi giù dal pero
che, via dalle nuvole e le stelle, non c’è altro che polvere di
galassie già bruciate. Non credere che scoprire a quale
bivio tu abbia sbagliato strada possa giovarti: l’uomo che sei
diventato lo devi anche a quegli errori là; è chiaro che, ora, ne
commetterai altri, sicuramente non quelli, ma tutto ciò lo scoprirai
solo vivendo con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto
nel futuro.
Da
Sugar ray a Vento
Come un guerriero senza patria e senza
spada, canterò le mie canzoni per la strada... Se non avrò gli amici a farmi il coro,
canterò a volti sconosciuti le nostre canzoni e le mie storie e,
alla fine della strada, potrò dire che i miei giorni li ho vissuti.
Da
Vento a Sugar ray
Bravo! Così il prossimo vino che mi
offrirai sarà magari di carta e d’inchiostro, però sarà quello
giusto che scalda il cuore e soffia via i veleni quotidiani.
(c) 2012 testo di Claudio Montini immagine Orazio Nullo
(c) 2012 Youcanprint edizioni in self-publishing for paperback edition