Arenzano (Ge): Municipio |
di Claudio Montini
I verdetti emessi dalle urne elettorali, laddove in Italia per un perverso meccanismo altamente democratico si è giunti all'espressione di un primo cittadino col metodo del ballottaggio, al netto di tutte le elucubrazioni e dei salti mortali logici e verbali degli addetti ai lavori, hanno manifestato con imbarazzante chiarezza concetti e dati di fatto che sorprendono soltanto coloro che credono ancora alle favole strillate da un balcone, da un podio radiotelevisivo o, al limite da un pulpito o da un predellino. Nel settantesimo anniversario della ritrovata libertà elettorale, del ritrovato diritto di esprimere il personale orientamento politico, della ritrovata opportunità di fare la differenza cioè di non essere solo un numero nella massa, quasi la metà degli italiani che godono di questi diritti e hanno facoltà di avvalersene se ne sono bellamente e belluinamente infischiati illudendosi che la loro astensione potesse fare in qualche modo arrecare danno o indurre a una contrita riflessione sul proprio operato quella classe dirigente che si ostina a volerli amministrare, forse per attaccamento alla poltrona e alle prebende dovute a chi occupa la stanza dei bottoni o forse per folle amor di patria, blandendoli continuamente con roboanti promesse di fiumi di latte e miele e giardini dell'Eden per gli accodati al carro giusto. Proprio questi, non mancando all'appuntamento elettorale, avranno determinato la vittoria di quelli che non ti aspetti, che guai a votare quelli perchè si finirà dalla padella nella brace, che comunque sono tutti uguali: intanto, che ti piacciano o meno, che siano furbi oppure cretini, che siano simpatici o antipatici, comanderanno e saranno responsabili anche della tua vita, si faranno i fatti tuoi e stabiliranno regole che dovrai rispettare; se faranno cose buone, certo, sarai pronto a vantarti e a salire sul carro del vincitore, mentre se prenderanno cantonate sarai pronto a dirne peste e corna: quanto vorrei essere lì a vedere se qualcuno dei tuoi compagni di merende avrà mai il coraggio di zittirti e farti vergognare della tua ignavità e della tua pavidità, rammentandoti che non sei stato capace di fare la differenza nemmeno con una matita e un pezzo di carta in mano.
Le dichiarazioni dei neosindaci, che a giorni entreranno nel pieno della loro carica, sono tutte improntate alla visione ecumenica e alla gestione magnanima dell'esercizio del potere ovvero saranno, o meglio, proveranno ad essere il sindaco anche dei sostenitori dei propri avversari, sempre che questi glielo consentano, ottenendo così di mascherare una prima retromarcia e di trovare un capro espiatorio a buon mercato. Verosimilmente, faranno quello che potranno al meglio delle loro capacità, nel bene e nel male, se non si faranno travolgere o sconvolgere dalla complessità della macchina burocratica, dalle meschinità dei singoli ingranaggi e dagli intrecci poco adamantini che politica e malaffare tramano e ordiscono nelle segrete stanze dei palazzi che governano le comunità e i consorzi umani. Allora, che siano donne o uomini, neofiti o scafati condottieri di partito, non importa: a loro possiamo e dobbiamo soltanto augurare buon lavoro; a noi dobbiamo augurare che lo facciano dimenticandosi la tessera del movimento o del partito che li ha portati lì, che prevalgano la dignità e l'amor proprio e l'amore per la propria terra e per il prossimo che ci abita accanto: così l'Italia potrà rinascere più bella di prima.
(c) 2016 Testo di Claudio Montini (c) foto 2011 Orazio Nullo
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