martedì 24 gennaio 2017

Disturbiamo i manovratori: fatti, non parole dalla stanza dei bottoni!

Vogliamo pane e tulipani dalla stanza dei bottoni...

di Claudio Montini

Siamo entrati nell'ultima decade del primo mese dell'anno nuovo, ma pare che la jella di quello vecchio non ne voglia affatto sapere di lasciarci in pace: se la fortuna è cieca (ma anche sorda come l'inquilino ai piani superiori alle nuvole rispetto alle nostre preghiere), la malasorte ci sente e ci vede benissimo oltre ad avere tempismo e mira infallibili. Possiamo discutere fino allo sfinimento, lasciarci abbindolare da cifre e dati e riscontri puntuali e documentati di qualsivoglia genere, provenienti dai più quotati esperti del settore, cimentarci nell'arte tutta italica della polemica sterile e del giudizio inappellabile emesso ben protetti dalle nostre tane calde; possiamo pungolare gli inquirenti in toga e quelli con microfono e telecamera o taccuino affinchè scovino i capri espiatori da esporre al pubblico ludibrio, tramite linciaggio mediatico; possiamo, più prosaicamente, rifugiarci nella saggezza popolare dell'antico proverbio secondo il quale il tempo (meteorologico, nello specifico) e l'evacuazione di scorie azotate dall'apposito apparato retrostante, alla fine dei nostri lombi, dipendono dalla volontà di Colui Che Lassù Risiede (certo, in dialetto pavese, suona più esplicito e sbrigativo...ma Google Translator come avrebbe mai tradotto "Al temp e al cù, i fan quel che al vor Lù", grossolanamente, "il tempo e l'ano fanno quello che Lui vuole"?). Resta il fatto che ci sono ancora più di venti dispersi e una decina di morti per una valanga che ha avuto la pessima idea di travolgere un'albergo che è stato dimenticato, o peggio, considerato sacrificabile nella scala delle priorità degli organi preposti alla sicurezza del territorio e delle infrastrutture che dovrebbero fare di esso un pezzo della civilissima Europa, alle prese con un fenomeno atmosferico invernale eccezionale solo nelle dimensioni. Rigopiano non è in Nepal, nè in Centrafrica, nè sulla cordigliera delle Ande o in Mongolia: è in Italia! Esattamente come Sciacca, Palermo o Catanzaro, Genova o Taranto, Teramo e Sannazzaro de' Burgondi o Retorbido o la terra dei fuochi: tutti posti dove lo Stato sembra essersi ritirato lasciando a pochi eroi, mal pagati e mal equipaggiati il compito di rappresentarlo. Sono italiani tutti gli attori di questa tragedia in cui lo Stato Italiano, la Repubblica Italiana della quale sto pubblicando su questo blog l'intera Costituzione, sta recitando la parte più meschina e quella che dovrebbe far gridare allo scandalo; attenzione, ho detto lo Stato intendendo gli apparati burocratici, le cosiddette istituzioni, non gli uomini e le donne e i militari e i ragazzi che le compongono e che sul campo stanno mettendoci cuore e anima, lacrime e sangue e fatica e sudore per strappare alla morte, alla disperazione, all'oblio quante più vite è possibile per ricucire gli strappi del tessuto sociale. Quelli che sono là, quelli che non se ne sono andati, quelli che fremono per tornare, quelli che aspettano di vedere concretizzarsi tutti le promesse fatte all'indomani delle scosse di terremoto, quelli che mandano sms solidali pur non avendo risorse nemmeno per sè perchè non possono fare altro, quelli che sperano contro ogni evidenza, tutti costoro sono quelli a cui non importa un fico secco di sapere cosa non abbia funzionato nella catena di comando o di chi sia la colpa dell'aver ignorato gli appelli o per quale motivo l'albergo fosse stato costruito lì: loro come me vogliono, una volta per tutte, che i soldi sprecati in opere inutili (vedi ponte sullo stretto di Messina) così come quelli elargiti ai partiti politici e ai membri dei due rami del parlamento (comprese le sontuose pensioni ottenute senza versare una goccia di sudore o un contributo previdenziale) siano distratte da quelle tasche indegne e destinate a implementare e corroborare le strutture e i mezzi e il personale dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, dei Sindaci e dei loro collaboratori affinchè la gente comune italiana, già generosa e solidale oltre ogni più ottimistica previsione, possa ancora sentirsi orgogliosa della propria terra e della propria nazione, senza pentirsi mai più d'aver scelto rappresentanti preoccupati solo di mantenere caldo e saldo il proprio scranno nella stanza dei bottoni.
Non abbiamo più bisogno di slogan, di parole d'ordine, di promesse: vogliamo fatti concreti, azioni tangibili e ragionate e ragionevoli, vogliamo ricominciare a fare le cose per bene.

(c) 2017 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Immagine di Orazio Nullo "Job and Service Victims memorial monument"

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