domenica 14 agosto 2016

Inedito di Ferragosto che diventerà presto un e-book: regalo per i lettori del blog

Settemila giorni e una notte
di Claudio Montini

Il lampione scese in sciopero nella via deserta, dalla campagna giungeva soltanto il fruscio dei pioppi scompigliati da una inattesa brezza notturna mentre un quarto di luna, forse il primo, velandosi aveva sopito ardori e richiami alla vita di giovani felini. Tamburellavano le dita dell'uomo in cerca di parole da fermare sulla carta: la matita era impaziente di iniziare la sua partita e si scaldava ricalcando quattro lettere di un nome da donna biblica, principessa senza regno in cerca di una terra promessa, forse un miraggio perchè non è da tutti avere il coraggio di superare ogni ragionevole dubbio. Era sul punto di arrendersi al richiamo del sonno e della notte, chiudere la luce sulla scrivania e spegnere gli occhi contro il soffitto della camera da letto, lasciando al sogno e ai suoi garzoni il compito di intrecciare e ordire i suoi pensieri col suo sentire: in fondo a sè, aveva paura a chiamarlo ancora una volta amore perchè l'aveva sepolto in un cassetto, insieme ad un anello con un altro nome, un giorno, un mese, un anno all'interno incisi. Era quello a mandarlo in crisi? Oppure era stato quel bacio in cui persino il tempo era ammutolito e aveva azzerato vent'anni di assenza dalle reciproche vite, convinti d'aver distinto le proprie strade e cancellato le proprie piste? La risposta venne come un lampo viaggiatore, come energia effimera che illumina idee brancolanti nel buio e indica loro un canale, una via, una strada per mostrarsi agli occhi del mondo che cercano l'uscita dal labirinto, dal gioco a regole ignote e senza istruzioni che ci ostiniamo a chiamare vita riversandoci tutte le nostre passioni; la risposta prese la forma di una poesia in cui ogni verso cominciava con una lettera di quel nome che batteva forte in testa e nel cuore, perno verticale o pennone leggibile da cui garrivano quartine di versi in rima a coppie.

Sciolgo i pensieri nell’inchiostro,
Aspetto che combaci ogni incastro:
Riverso sulla carta un’alchemica cantilena,
Affidando a un’idea antica il sollievo della pena.

Settemila giorni passati e persi,
Adulti invecchiati in modi diversi,
Riproviamo a raccogliere i cocci sparsi,
Amici maturi che vogliono solo aiutarsi.

Saliremo insieme la cima giusta:
Ad aspettarci troveremo amici in festa.
Rivedremo chi è partito troppo presto:
Allagando di gioia pura il cuore e ogni gesto. 

Senza sforzo la trascrisse in un cartoncino con motivi floreali, battezzandola Settemila giorni, la imbustò e la spedì senza grosse aspettative sulla celerità postale: agosto era ancora il mese delle ferie per eccellenza e pensava che anche Poste Italiane se la sarebbero presa comoda; con l'avvento di internet solo le bollette e i volantini promozionali dei supermercati seguitavano ad intasare le cassette appese fuori dal cancello di casa, non certo le cartoline illustrate. Nemmeno quelle degli amanti clandestini: ma si sbagliava perchè lei l'aveva ricevuta il giorno prima di partire, l'aveva fatta scivolare nel bagaglio, promettendo a sé stessa di leggerla con calma una volta che polmoni e narici si fossero ubriacati di aria salmastra e rilassato profumo di vacanza.  
«In amore, vince chi fugge» disse la televisione, ma le carte sul tavolo la ignorarono così come la busta con il suo indirizzo di casa e il cartoncino col suo contenuto che lei ormai sapeva a memoria. La notte restava appesa al cielo fuori dalla finestra, puntata dallo stesso quarto di luna e da una manciata di stelle spruzzate, sull'orizzonte per non far perdere la rotta ai marinai; il mare baciava con instancabile noncuranza la spiaggia e gli scogli indifferenti a tanto affetto. Con il sonno che tardava ad arrivare, i pensieri prendevano volentieri la strada che golosamente si era lasciata alle spalle, spronata dall'entusiasmo delle ferie e dalla voglia di rivedere il mare: se la lingua batte dove il dente duole, la testa e il cuore non sono certo da meno nel superare le tue difese con un nome, un volto, un pensiero, un sapore, un suono o un colore che doveva essersi smarrito tra le balze, le quinte e le pieghe del passato. Il solitario si era da tempo arenato nell'ennesimo impasse cedendo posto e attenzione a quel biglietto che ci aveva messo settemila giorni ad incendiarle l'anima: allora, con gesti che sapevano di sconfitta e rassegnazione, ammucchiò le carte con una mano e spense il televisore con l'altra risolvendosi a seguire la mamma che, già da un po', faceva legna nel bosco. Non che russasse forte, no: semmai sobbolliva come la salsa di pomodoro per il ragù prima di metterla nei vasetti per l'inverno col basilico che, però, lei preferiva  coi pinoli, con il pecorino o col parmigiano, con l'olio di riviera pestato nel mortaio di pietra, come usava fare la nonna. Coricandosi, sorrise alla pruriginosa malizia che le attraversò il cuore quando, sospirando in silenzio, si lasciò cullare dal pensiero che, se lui fosse stato lì al posto della mamma, dormire sarebbe stato sicuramente l'ultimo dei loro problemi: forse, solo l'alba li avrebbe colti a recuperare le forze candidamente abbracciati tra loro e all'antico dio del regno dei sogni, col mare che sussurrava la risacca e il sole che bussava piano alle persiane, per non svegliare gli amanti. Ecco dove erano andati a finire i pensieri con tutta la testa: da laggiù, chiamavano a raccolta e reclamavano anche l'attenzione dell'anima e del cuore ma l'istinto e il buonsenso, questa volta, non avrebbero ceduto al ricatto delle solite questioni irrisolte per avvelenarle i giorni di vacanza. Certo, a quell'ora della notte, lui era sdraiato accanto alla moglie ignara della fortuna di avere tanto pane, perché i denti li aveva dismessi o forse non li aveva mai avuti: nell'inconsapevolezza del sonno, quella manifestava tutta la sua insofferenza verso l'intruso indeciso ad andarsene, invitandolo a girarsi per smettere di russare, sebbene non avesse ancora nemmeno posato la testa sul cuscino. Ma, se davvero stavano così le cose, perchè lui non prendeva l'automobile, un cambio di biancheria, un telo da spiaggia, un costume da bagno e correva giù a Bordighera, tanto per cominciare? Il resto sarebbe venuto di conseguenza, con tutti gli amici che aveva lì una sistemazione gliela avrebbe trovata senza il minimo sforzo, sarebbe stata una vacanza indimenticabile...e poi....e poi....Complice il buio, le palpebre si erano fatte un poco più pesanti e impedirono alle piccole lacrime di ruzzolare per le guance: agli innamorati basta una briciola di speranza per sognare, ma anche quella ha spine e spigoli per far soffrire. Tuttavia il sonno, che stava concludendo la sua conquista sulla veglia, nulla potè contro quel gran sospiro che le usci dal cuore e che mamma, in una pausa dell'oblio onirico, scambiò per un augurio di buonanotte che ricambiò chiamandola col nome di suo padre, beato scapolo rimasto a casa a curare pomodori e zanzare in quell'isola satellite della città delle scarpe a cinquanta chilometri dalla Milano da bere e circondata dal mare di Lombardia, seminato a riso e mais, pioppi e marcite in via d'estinzione per delirio di cementificazione.
Forse era anche per quello, starsene ogni tanto per conto proprio, che le cose funzionavano bene tra loro e, nonostante il cielo non fosse stato avaro di dispetti, non avevano mai perso la bussola e la barra salda in una navigazione equilibrata. Sorrise pensando a domani, che per l'orologio era già oggi: sarebbe stato un'altro giorno ma di vacanza piena e genuina, con tanti amici che aspettavano da un'anno di rivederla, con il sole e la spiaggia e il profumo del mare che stemperava le tensioni e restaurava l'energia per correre incontro alla vita e a un'altr'anno in quella galera di pianura umida, malsana e inquinata. Per l'amore c'è tutto il tempo che si vuole quando non hai nient'altro a cui pensare, forse è una cosa che va bene a vent'anni, o meglio prima di quella soglia: poi è tutto maledettamente più complicato anche se eccitante, anche se dovesse durare poco o niente. Ecco, pensò prima di varcare la soglia del regno dei sogni, il colpo di coda avvelenata della ragione che voglio schivare fino al ritorno. Ferie, vacanze, villeggiatura, per lei, significavano immergersi in un'ambiente assoluto, diverso e lontano dal proprio abituale bevendone, assaporandone, assimilandone ogni singola goccia e ogni singolo istante e ogni singola immagine come se non ci fosse mai stato altro che quello, prima e dopo: il mare, la vita di riviera e di spiaggia, il sole e i profumi di quel segmento ultimo di Liguria proiettato in Francia, terra sorella ma non gemella, assolvevano sempre in modo eccellente al loro compito come una radice sana vitalizza con generosità ogni innesto. Così si ricaricava per affrontare l'autunno e l'inverno,  sosteneva: ma quello era un'alibi perfetto per recitare la quotidianità senza ipotecare il futuro, asseverando regole e luoghi comuni, consumando i giorni e i loro frutti per evitare programmi a lunga scadenza. Era il suo limite ma preferiva ignorarlo per evitare di soffrire per il crollo dei sogni o il naufragio dei progetti: ogni giorno ha la sua pena ed era più che sufficiente, anzi era già troppo. Invece, in tutte le cose della vita, tra cui l'amore, fugge solo chi ha paura di non essere in grado di svelare la propria umanità senza reticenze, chi si sente inadeguato, chi non si è guardato mai sul serio nè dentro e nemmeno allo specchio, ha provato a perdonarsi e a ricominciare a sperare. Lui aveva sempre esercitato l'arte del dubbio, del progetto e del rischio calcolato, giocando buone carte con pessime strategie senza sottrarsi tanto a riscossioni quanto a pagamenti; lei aveva preferito l'istinto pronta cassa, l'ubbidienza senza sottomissione a seconda della convenienza: tuttavia, beata dormiva  ignorando questi pensieri distanti, nelle ore che crescevano fino a farsi alba limpida e quieta col sole appoggiato sul filo che cuce il cielo al mare. Le era riuscito di ritrovare l'amore senza pensarci troppo, nel momento in cui aveva deciso di smettere di cercarlo, ma ora non sapeva più farne a meno: il buon giorno sarebbe apparso sul cellulare così come la buonanotte, perchè anche il computer e facebook erano chiusi per ferie. Quanto sarebbe durato e dove l'avrebbe portata, non lo sapeva dire e non le importava, poiché si godeva il senso di appagamento e completezza che volere bene a un uomo le dava; lui viveva come un miracolo inatteso e immeritato quella storia, sebbene clandestina e lontana anni luce dal suo abito mentale e morale: era una resurrezione e un risarcimento per i bicchieri d'aceto avuti in cambio di valanghe d'amore. La notte d'agosto non suggerì loro previsioni nè consigli; li lasciò vivere perchè si scambiavano del bene senza rubarlo ad altri: per entrambi, era soltanto un'altro giro di valzer abbracciati a uno sconosciuto chiamato destino.

©2016 Testo di Claudio Montini
©2016 Immagine Orazio Nullo "Night flight over Giovi Pass"

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