lunedì 29 giugno 2015

La più bella poesiad'amore che abbia mai letto: Davide Zardo insegue la notte

 Davide Zardo

 Io inseguo la notte



Io inseguo la notte
per non farmi scoprire
e avvolgerti la sciarpa del cielo
intorno al collo, coprirti le spalle
col mantello del buio, le stelle
collana ed orecchini, le lucciole danzanti
diamanti e brillantini, la luna sulla testa,
la festa silenziosa della terra.
Io combatto una guerra con la notte
per rubarla al mondo e donarla
al tuo sguardo
attonito e rotondo.



(c) 2015 Davide Zardo  per testo e foto. 

giovedì 25 giugno 2015

Sciopero dei giornalisti de "La Provincia pavese"

 Comunicato dell'assemblea di redazione de La Provincia pavese

mercoledì 24  e giovedì 25 non avete trovato in edicola il vostro giornale quotidiano, La Provincia Pavese, per uno sciopero di due giorni proclamato dai giornalisti delle tre redazioni di Pavia, Vigevano e Voghera. Le ragioni di questa protesta sono due: a luglio e a settembre usciranno dall'organico del giornale due colleghe che l'azienda non vuole sostituire, togliendo quindi di fatto due persone al gruppo di giornalisti che ogni giorno lavorano alla produzione del quotidiano locale. Come se non bastasse, l'azienda ha anche deciso, senza alcun confronto preventivo con la rappresentanza sindacale interna e senza un confronto con la redazione, di chiudere dal primo settembre le due redazioni distaccate di Voghera e Vigevano, portando tutti i giornalisti a quella centrale di Pavia in base a una logica di accentramento che noi non condividiamo.
Noi siamo contrari alla chiusura delle due redazioni distaccate perché per un giornale che copre un'area molto estesa e disomogenea come la provincia di Pavia perdere i presidi territoriali è un fatto estremamente negativo, allontana il giornale dalle proprie comunità di riferimento e allunga le distanze che dovranno essere coperte per essere tempestivamente sui luoghi dove accadono i fatti, le notizie che ogni giorno riportiamo sulla Provincia Pavese. L'assenza delle redazioni sul territorio significherà perdere i contatti con le persone abituate a passare al giornale per lasciare comunicati, lettere, fotografie (non tutti usano le mail e internet) e a raccontare le loro storie in un luogo dedicato, un territorio neutro per chi ha vicende particolarmente delicate da riferire.
La storia della Provincia Pavese è caratterizzata dalla sua vicinanza alla gente, al territorio, ai luoghi dove i fatti accadono; le notizie di più ampio respiro che alimentano il dibattito quotidiano sul giornale e sul sito internet si trovano soprattutto grazie alle relazioni personali coltivate dai colleghi che operano sul territorio, ai rapporti di fiducia che si creano negli anni, alla frequentazione dei luoghi delle città e dei Comuni coperti da queste due redazioni. La presenza capillare sul territorio è stata un'intuizione geniale di Carlo Caracciolo che volle i quotidiani locali del gruppo Espresso sempre più vicini alla gente. Certo i tempi sono cambiati, l'evoluzione tecnologica ha portato grandi novità nel mondo dell'informazione e il giornale cartaceo non è più l'unico strumento di dialogo tra le comunità di lettori. Ciò che non è cambiato è che le notizie locali, che siano poi riprodotte su carta o sul web, si trovano stando sui luoghi in cui possono essere scoperte.
Tutto questo grande patrimonio culturale e di esperienza professionale rischia di essere spazzato via da  una decisione drastica che noi riteniamo inaccettabile: siamo perfettamente consapevoli delle grandi difficoltà che la crisi economica ha prodotto anche sul mondo dell'editoria, ogni giorno raccontiamo sulle nostre pagine storie di persone che non ce la fanno più ad andare avanti perché le loro aziende hanno chiuso, perché hanno perso il posto di lavoro e hanno famiglie, figli da mantenere e non sanno come fare. Non solo ne siamo consapevoli, ma da tempo chiediamo una nuova organizzazione più efficiente del giornale, ma che garantisca ancora la presenza di reali presidi sul territorio.
Per questa ragione abbiamo scioperato, tolto le firme dal giornale e continueremo a protestare finché non si aprirà un confronto con  l'azienda su alternative alla chiusura che consentano alla Provincia Pavese di mantenere a Vigevano e a Voghera una presenza fisica importante.
Ci scusiamo per l'assenza del giornale dall'edicola e i mancati aggiornamenti del sito web e dei social network in questi due giorni
e confidiamo nella vostra comprensione verso la battaglia che stiamo combattendo per evitare che la vostra e nostra Provincia Pavese perda la propria identità di giornale veramente locale e vicino alla gente. L'assemblea di redazione della Provincia Pavese

 

A me è mancata, in questi giorni, LA PROVINCIA PAVESE e anche i suoi detrattori penso che abbiano provato lo stesso smarrimento, arrivati in edicola e trovatisi di fronte alla sua latitanza.
Pur con tutti i suoi difetti, ciascun pavese che sappia leggere, ogni volta che succede qualcosa nel proprio paese o nel proprio quartiere, bello o brutto che sia, corre a compulsarne le pagine anche per i solo gusto di contestarne la versione riferita.
E' una forma di orgoglio di appartenenza vedere il nome del proprio paese sul giornale o poter asseverare quanto si sa e si è riferito al proprio clan, compagnia o tribù o famiglia, con quello che è stato riportato su quelle colonne.
E' bello sapere di una festa o di una mostra o di una sagra o di un evento che accadrà dalle nostre parti attraverso un'articolo de LA PROVINCIA PAVESE.
Quando mi è capitata tra le mani, in province e regioni diverse da questa, mi si è allargato il cuore...per un'attimo, ho risentito aria di casa; per alcuni giorni, arrivò anche in caserma a Gorizia: erano i giorni del crollo della Torre Civica e lì mi sentii ancora più italiano, perchè i colleghi, specialmente della Bassa Italia (come l'avrebbe chiamata mio nonno Angelo, Cavaliere di Vittorio Veneto, Ragazzo del '99) quasi mi facevano le condoglianze...per quello che avevano visto in TV e avevano letto su quel "piccolo" quotidiano che arrivava da lontano...

Basket....che passione!

Grazie Sassari e Reggio Emilia! 

( anche se tifo Milano...)

Più basket per tutti!!

di Claudio Montini

Polonara (Reggio Emilia) e Logan (Sassari)
Ieri sera, il pubblico di Sassari, i giocatori di Reggio Emilia e Sassari, la terna arbitrale e il tavolo dei giudici, i telecronisti e il basket in generale e la Sardegna intera hanno dato una grandissima lezione all'Italia intera e al resto del mondo dello sport, tifoserie comprese. Grazie ragazzi, di Reggio e di Sassari e di RaiSport (Fanelli, Michelini, Pedrazzi, Dembisky e De Luca oltre ai cameramen, registi e tecnici delle squadre esterne impegnate). La partita non è stata tecnicamente esaltante, ma sul piano agonistico e dello spettacolo è stata palpitante, emozionante ed avvincente come un thriller.
Grande lavoro degli arbitri che hanno diretto l'incontro in mezzo a una bolgia infernale ( a volte non si sentivano i fischietti ); ma la professionalità di tutti gli attori, pubblico compreso, ha permesso di vedere una bellissima festa.
Grandi individualità di Sassari e spirito combattivo, con nervi saldi come predica il "mago Meo" Sacchetti; ottimi gli italiani di Reggio Emilia che, comunque, ha espresso un miglior gioco di squadra anche se dall'esito meno fortunato.

Buon basket a tutti, buona giornata Italia!


Testo (c) 2015 Claudio Montini
Foto: Goole Immagini/ il sussidiario.net 

mercoledì 24 giugno 2015

Letti&Piaciuti - NON E' STAGIONE di Antonio Manzini ed. Sellerio

Antonio Manzini

NON E' STAGIONE

2015  SELLERIO

 

Letti & piaciuti 

Radio Patela Magazine      

 

 

di Claudio Montini


Quando termini la lettura di un romanzo come NON E' STAGIONE di Antonio Manzini, edito da Sellerio, e resti piacevolmente stupito, sorpreso dall'ottima fattura e soddisfatto dalla brillantezza della prosa tanto quanto della trama agilissima, la banalità del commento è sempre in agguato ad ogni capoverso di frase e di pagina.
Infatti, al di là dei complimenti alla perizia dell'autore, la beatitudine che regala un'opera d'ingegno ottimamente confezionata è difficile da illustrare a coloro i quali si vorrebbe caldamente consigliare di seguire le vicende di Rocco Schiavone e compagni, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, romano de' Roma, spedito in servizio punitivo ad Aosta.
NON E' STAGIONE, edito da Sellerio, è il terzo episodio della saga ideata da Antonio Manzini, già attore e sceneggiatore diplomato all'Accademia d'Arte Drammatica, e viene dopo LA COSTOLA DI ADAMO e PISTA NERA.
Ad Aosta è primavera ma il cielo è in vena di scherzi, poiché un giorno accende i colori della natura e quello successivo li spegne piovendo o sciorinando una nevicata fuori tempo massimo.
L'andamento dell'umore e dei tormenti di Rocco Schiavone ne risentono e ci consegnano un uomo fragile e confuso, ma saldo nei suoi principi: su tutti l'istinto dell'investigatore di razza, la compassione per l'umanità dolente e la pervicacia nel perseguire i propri interessi, economici e sentimentali e professionali.
Ma la provincia più grande d'Italia,tra le pieghe delle montagne, non è l'insula felix che si sarebbe portati a immaginare: malaffare e malavita, con il corollario di usura e ricatti e riciclaggio di denaro sporco, hanno attecchito e prosperano come altrove coinvolgendo vittime innocenti.
Scompare una giovane liceale figlia di imprenditori edili che, dall'oggi al domani, ritrovano liquidità con cui escono da un periodo di crisi sull'orlo del fallimento.
Le indagini sveleranno quanto il rapimento della giovane altro non sia che un ricatto per ripagare il pegno dell'aiuto finanziario, ricevuto da canali non ortodossi; altresì riveleranno quanta meschinità e quanta ipocrisia condisca i rapporti umani in apparenza cortesi e civili: sarà una corsa contro il tempo che però darà buoni frutti, mentre il destino prepara un tiro mancino a Rocco Schiavone evocando un malvagio fantasma del passato che lo colpirà negli affetti più cari, quelli rappresentati dagli amici di Roma, che per sono più di una famiglia.
Si nota una consapevole maturazione dello stile narrativo di Antonio Manzini il quale, attingendo a piene mani dal mestiere imparato nel corso degli studi, costruisce e modella un racconto mai scabroso, mai melodrammatico o truculento ma innervato da una quota ottimale di tensione coniugata a un ritmo vivace, condito con gustose macchiette e profondo rispetto anche per i personaggi minori cui non manca mai di dare spessore umano e tratti indimenticabili; lo stesso rispetto lo riserva anche alla lingua, un italiano fluente ma non pedante colorito, solo dove è necessario, da accenti e inflessioni regionali evitando l'imitazione di Camilleri.
Entra un nuovo personaggio e la voce della coscienza e del ricordo doloroso chiede il permesso di andarsene, di essere lasciata libera di scivolare nell'oblio perchè “<<....i ricordi se ne vanno, amore mio. Giorno per giorno, tu magari non te ne accorgi ma se ne vanno. Quelli belli e quelli terribili. Se li ingoia la notte e si vanno a mischiare coi ricordi degli altri. Non li ritrovi più, neanche se ti impegni. Fino a quando anche tu diventerai un ricordo. E allora sarà tutto più facile.>>... Lupa vuole scendere. Si sgrulla, si fa una corsetta... Abbaia con voce tenera e acuta. Torna da me. Scodinzola e storce la testa... Lupa vuole la pappa.”
E' Marina che parla: la moglie morta al posto suo come Adele, la compagna dell'amico Sebastiano, da lui ospitata ad Aosta affinchè l'amico la venisse a cercare e rimettesse sui binari giusti la loro lunga storia d'amore: entrambe si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato e Schiavone non se lo è perdonato e non se lo perdona perdendo ogni gusto per la vittoria dei buoni sui cattivi.
Però arriva Lupa, la cagnolina meticcia trovata dall'ispettrice Rispoli nel corso delle ricerche della ragazza rapita, la quale, come solo i cani sanno fare, elegge (nel senso più latino del verbo) Rocco a suo padrone e capo branco; lui, a sua volta, ricambia immediatamente tanto affetto e la battezza da romano verace qual'è perchè “<< Quando un cane ti trova, lo devi tenere. Non è mai per caso se nella vita ne incroci uno. Te lo manda qualcuno.>> come dice Schiavone al questore Andrea Costa.
Sarà lei a interrompere la deriva nichilista e depressiva del vicequestore vedovo inconsolabile che prende la vita a morsi, accontentandosi degli avanzi che trova sulla tavola della vita per non chiudere il bilancio col passato e passare oltre, aspettando invece un colpo di malasorte che chiuda il suo fascicolo definitivamente?
Lo saprò e lo sapremo col prossimo episodio della saga di Rocco Schiavone, vicequestore romano in esilio alla questura di Aosta: per ora godetevi, così come me lo sono goduto io, NON E' STAGIONE di Antonio Manzini edito da Sellerio editore in Palermo.


Testo: (c)  2015    Claudio Montini 

martedì 23 giugno 2015

Laumellum 2015 - Domenica di festa - VideoKlaut66


                                                       

Dedicato a chi non c'era,
ma avrebbe voluto esserci!

Riprese di Orazio Nullo
Regia di Claudio Montini

Da alcuni anni, si ripete nel centro storico di Lomello (Pavia) la festa medievale per le nozze della regina longobarda Teodolinda con il duca di Torino, da lei scelto per essere associato al trono e nel governo del regno longobardo in Italia alla fine del VI secolo d.C.
Il video, che vedrete in collegamento con youtube, è stato realizzato con le immagini di Orazio Nullo e montato da Claudio Montini.
Per tutte le altre informazioni, per eventuali gite e visite guidate andate su www.prolocolomello.blogspot.com.

di Claudio Montini (c) 2015 e VideoKlaut66

 

giovedì 18 giugno 2015

Lungo il Ticino (per i pavesi "canal") con Barbara Agradi - Radio Patela Magazine



IL MIO FIUME



di Barbara Agradi
 

Me ne vado, passeggiando assorta
lungo il fiume a me tanto caro,
tra colori e profumi di robinie in fiore, ginestre,
rose canine, a cui si mesce
l'odore acre, dell'acqua che scorre.

Guardo l'incedere lento della corrente
qui è là si formano spirali,
sono gorghi pericolosi
trascinano giù nel subdolo ignoto,
cosi come nella vita,
quando incontri dolori devastanti....

Chiudo gli occhi,
non voglio pensieri tristi a farmi compagnia....
ascolto solo la memoria:
risate cristalline, schiamazzi giovanili,
motivetti cantati pedalando in bicicletta,
pochi soldi in tasca ma che allegra compagnia!

Venivamo a Ticino a cercar refrigerio:
fanciulle in fiore e curiosi giovinetti,
ci tuffavamo nel fresco fiume blu,
schizzi d'acqua si levavano come farfalle in volo
colpendo questa o quella giovinetta,
contrassegnando così, la nascente simpatia.

Il fiume argenteo sembrava ridere sornione,
pareva quasi rallentar la corrente....
per evitare brutti incidenti!
Oh Ticino mio caro, quanti amori hai visto nascere 
tra le fresche fronde delle tue rive
o su di una barca, dove cullati
si andava dolcemente alla deriva.....

Quante storie caro fiume potresti raccontare,
storie di vita vera: di lavandaie infreddolite e affaticate, 
di pescatori felici di poter sfamare figli e nipoti, 
di raccoglitori di sassi bianchi destinati alle vetrerie,
e purtroppo, anche di anime disperate,
che tra le tue acque han trovato pace!

Invece amico mio caro, quelle storie le conservi
nel tuo scrigno segreto che alla fine della corsa, 
consegnerai solo, a sua eccellenza il mare....

Riapro gli occhi: quanto silenzio intorno.......
i tempi sono cambiati,
l'acqua inquinata non è più balneabile,
qua è là vedo solo qualche nostalgico pescatore..
uno si gira, mi guarda e dice:
" perché quell'amaro sorriso?"
In silenzio lo saluto con un cenno di mano,
e mi avvio verso casa!

Testo: (c) Barbara Agradi

(Diritti riservati@) 18/06/2015
Foto: (c) 2014 Orazio Nullo   "Ticinum Papiae"
 
 
Per un'attimo, lungo per tutto il tempo che ho dedicato alla lettura, sono stato pochi passi dietro a te, a passeggiare...drera "canal" me che as disa a Pavia a la moda di paves uriginari: ho visto quella gioventù, ho respirato quei profumi inconfondibili, ho sperimentato quei fremiti tanto naturali quanto, un tantinello, proibiti che una punta di nostalgia, anche se non ho vissuto proprio quei giorni, ha reso più gustosi del vero. Ho infine condiviso l'amarezza perchè è stato dimenticato, ignorato, maltrattato come se le cose dei tempi andati siano solo da rottamare e da scartare. Grazie, lady Barbara Agradi, per averci concesso di passeggiare con te, in riva a Ticino e in riva ai ricordi.
 
Claudio Montini, Orazio Nullo e la redazione di Radio Patela Magazine
 
(c) 2015
( Traduzioni per i non pavesi...."Andà drera canal": passeggiare lungo il Ticino; "paves uriginari": nativo di Pavia città; "me c'as disa a Pavia, a la moda di...": come si dice a Pavia, secondo l'uso di (dire/fare), come è soliti dire/fare...).

mercoledì 17 giugno 2015

Potrebbe ancora accadere, a Lomello, una notte d'estate...

di Claudio Montini

Prenderà il via venerdì 19 giugno, l'edizione 2015 di LAUMELLUM - Rievocazione delle nozze tra Teodolinda e Agilulfo con la celebrazione del banchetto in cui, secondo la leggenda, Teodolinda manifestò l'intenzione di convolare a nozze col duca di Torino e di associarlo al trono.
Anni fa, all'esordio della mia carriera di scrittore, la regina stessa si "prestò" per un cameo nel primo mio racconto mai pubblicato: era il 13 luglio 1999, il giornale la Provincia pavese, nello speciale Estate - I racconti dei lettori, incolonnava questo racconto che ora fa parte del mio primo libro ASSENTARSI PER UNA MANCIATA DI MINUTI  (Youcanprint, 2012).
E' una storia che è accaduta, oppure sta già accadendo, forse accadrà durante la festa: chi lo sa? Chi può dirlo? L'amore, in fondo, è miracolo e mistero, istinto e commozione, mai calcolo nè ragione ma soltanto benedizione.
Buona lettura.



A Lomello, in una notte d'estate


Arrivato lì quasi per caso, col passare del tempo si abituò ai ritmi e alla parlata tanto differente dalla sua e rinviò, a data da destinarsi, la decisione di andarsene.
Anche se siamo tutti italiani, c'è qualcuno che è più italiano degli altri e la diffidenza verso il forestiero non si affievolisce mai: neppure Lomello sfugge a questa regola; ma lui sapeva adattarsi ad ogni situazione, magari ingoiando colossali rospi e poi prendendosi clamorose rivincite con la scioltezza e la noncuranza con cui passeggiava mangiando un gelato.
Era, infatti, solito fare quattro passi per conciliarsi il sonno sollazzando la gola col gelato alla crema e gli occhi con la vista della basilica di Santa Maria maggiore e il battistero di San Giovanni ad fontes; dal bar, saliva costeggiando le mura del castello Crivelli e del gerontocomio (che, secondo lui, come impatto visivo, rendevano meglio di giorno) e, all’uscita d’una curva a sinistra, avvolta dalle luci arancioni dei riflettori che esaltano i rossi dei mattoni e delle tegole con una varietà di sfumature che paiono la trascrizione d'una melodia sospesa tra cielo e terra, ecco che si apriva alla vista la piccola gemma antica ovvero il cuore di Lomello che aveva attraversato i secoli ed era ben deciso a tirar dritto verso l'eternità.
Lui, invece, ammaliato dal fascino che promanava dal complesso monumentale, non sapeva decidere da quale parte cominciare a percorrere l'anello selciato che circondava basilica e battistero: puntualmente fino ad allora, lo stupore e lo smarrimento vagamente stendahliano venivano dissolti dagli assalti delle zanzare agguerrite come kamikaze giapponesi che, per evitare troppe punture, lo inducevano a muoversi secondo un istinto ancestrale piuttosto che per un impulso razionale.
Allora, presa la strada di destra, saliva il breve falso piano che, con una tonda curva a sinistra, aggirava l’abside di S. Maria maggiore, procedeva parallelamente alla navata fino a infilarsi tra le mura sbrecciate sovrastate da archi che sembravano fungere da anticamera al portale della chiesa (oppure erano muti testimoni d'una maggiore grandezza della stessa? Sempre se lo domandava e parimenti non sapeva rispondersi); uscito di lì, teneva ancora la sinistra e una morbida curva cieca lo riconduceva alla piazzetta da cui ripartiva almeno un'altro paio di volte: la prima era per finire il gelato, la seconda per digerirlo e la terza per fantasticare su quel che avrebbero potuto raccontare quelle mura se avessero potuto parlare.
Così, con la fantasia che galoppava insieme a cavalieri e regine, s’avviava verso casa per gettar lo scheletro nel letto ad aspettare, sognando, di ricominciare i travagli quotidiani.
Fino ad allora, ed anche in seguito a dire il vero, quello, durante la bella stagione, era il suo personalissimo e, secondo lui, indispensabile rito per propiziarsi una serena nottata: ma quella sera non tutto andò seguendo la collaudata trama.
Invitato a cena da una coppia di amici, aveva accettato solo per pura cortesia nei confronti delle uniche due persone su cui potesse contare in caso di necessità; eppure, Clelia ai fornelli era un fenomeno per qualità e quantità, indovinava i tuoi desideri senza che tu aprissi bocca e al caffè arrivavi sazio ma non appesantito, mentre Tullio aveva la rara dote di combinare modi e parole giuste perchè tu ti sentissi sempre a tuo agio.
Tuttavia, ultimamente, avevano tralasciato di farsi gli affari propri e s'erano convinti che lui avesse bisogno d'una compagna: quindi avevano predisposto una serie di cene e gite cui aveva allegramente partecipato, presentandogli un ampio campionario di nubili ansiose di accompagnarsi che, se da un lato ampliarono il suo concetto di fame nel mondo, dall'altro gli fecero desiderare di sparire per qualche tempo dalla vista dei suoi amici.
Ma tutto il suo passato e i suoi pensieri, nell'istante in cui la vide, si dissolsero e scivolarono via da lui come l'acqua dei ruscelli sui ciotoli di montagna: quando vennero presentati avvertì un grande vuoto dentro di sè subito, però, riempito da un vortice d'energia che lo galvanizzò al punto tale indurlo a lasciarsi guidare dall'istinto.
Di nuovo, il copione scritto molti secoli prima, si riproponeva nei medesimi luoghi con scene e costumi attuali: sguardi e parole e sorrisi non smisero mai di intrecciarsi accrescendo in entrambi il desiderio di sfuggire all'abbraccio della gioviale compagnia, per approfondire la reciproca conoscenza.
Mentre gli altri dibattevano sul miglior modo di concludere la serata, loro si ritrovarono soli in veranda a scrutare il manto stellato contro cui si stagliava, fasciato dall'arancio fluorescente dei riflettori, l'assurdo campanile di Santa Maria maggiore; dando voce a un pensiero sfuggito a ogni controllo, lei si domandò che cosa ci fosse di tanto bello, ai piedi di quel campanile, da meritare tutta quella luce e lui, con una involontaria nota malinconica nella voce, rispose che là batteva il vero cuore di Lomello ovvero la fonte inesauribile della forza, della pazienza, della tenacia  di questa gente che va sempre avanti, nonostante gli ostacoli che la sorte gli ha parato davanti, giorno dopo giorno, lungo lo snodarsi dei secoli.
Abbassò gli occhi per nascondere l'umidità che li aveva inondati e lei, inebriata di lui e delle sue parole, lo pregò di accompagnarla in quel posto così magico: in un batter di ciglia furono in strada e, come se volassero, in un baleno avevano già superato la curva che sfociava in piazza Teodolinda: l'imponente scenografia li paralizzò soprattutto perchè da essa si staccò una diafana figura di donna che, con l'incedere misurato di una sovrana, salì dall'ombra del battistero alla piazza e si fermò a un passo da loro.
Sorrise e disse: << Siate felici come me che in questo luogo ho incontrato l'amore e la felicità di essere amata e rispettata e ricordata benevolmente; allora, amatevi e rispettatevi prima tra voi e poi con gli altri: anche se qualcuno proverà a parlare male di voi, ci sarà sempre una moltitudine di giusti pronti a ricordarvi con affetto e con piacere. >>
Quindi, volse loro le spalle e si avviò sparendo nella curva che aggira l'abside di Santa Maria maggiore.
Riavutisi dallo stupore di quella visione, si diedero all'inseguimento di quella donna percorrendo varie volte il circuito che comunque li riportava in piazza Teodolinda: quando finalmente lessero la lapide toponomastica, capirono tutto e si baciarono appassionatamente mentre una stella cadente solcava il cielo sopra di loro, a Lomello in una notte di mezza estate.      



Testi: (c) 1999 A Lomello una notte d'estate Claudio Montini
(c) 2015 preambolo  Claudio Montini
Foto: (c)2012 Orazio Nullo 

martedì 16 giugno 2015

La vittoria al ballottaggio è una vittoria di Pirro.

Bisogna saper

perdere... 

...ma vincere ai ballottaggi, è una vittoria zoppa.

 



di Claudio Montini

 
E' la democrazia, bellezza: e tu non puoi farci niente!
Si sono tenuti i secondi turni per l'elezione dei sindaci in un certo numero di comuni italiani e, come al solito, hanno vinto tutti e anche quelli che hanno perso faranno ricorso al giudice per effetturare il riconteggio delle schede. 
Solamente noi e le giovani democrazie africane e sudamericane siamo capaci di complicare le cose semplici: Winston Churchill, l'ho letto stamane in un articolo di fondo relativo alle elezioni del sindaco di Voghera (Pavia, alta Italia), se gli avessero detto che la sua vittoria era stata di 11 (undici) voti, avrebbe seraficamente ribattuto che ne aveva portati a casa dieci in più di quelli utili per governare.
Se è vero che il potere logora chi non ce l'ha, come sosteneva Giulio Andreotti, è altrettanto vero che non basta conquistarlo abbindolando la gente con promesse di latte e miele o spaventarlo con le lacrime e il sangue da sputare addebitabili solo agli avversari: bisogna essere in grado di gestirlo nell'interesse di tutti, anche degli avversari.
La Grecia è un triste ma attuale esempio di come le promesse non bastino, il "tutti a casa quelli che hanno sbagliato", l'orgoglio cieco dell'alternativa che ha idee campate in aria e spera che il resto del mondo gli dia una mano a cavarsi dai guai, dei quali conosce solo una parte delle implicazioni e delle dimensioni.
Abbiamo avuto Berlusconi e Prodi e non abbiamo capito nulla; Monti è stata la peggiore sciagura toccata alla Reubblica Italiana perchè, oltre tutto, ha dimostrato quanto inetti siano i cosiddetti "professori" una volta messi alla prova dei fatti, cioè costretti a sperimentare sul campo le teorie cervellotiche e fantasiose con cui fanno i pavoni ai congressi e ingolfano le teste, gia vuote di loro, degli studenti universitari spesso in balìa delle loro ugge.
Ci restano due strumenti per sperare di cambiare le cose: il telecomando e la scheda elettorale nonostante la crescita del partito astensionista.
Spegnere la televisione e aprire un buon libro o, al limite, un giornale per scegliere di sapere senza farsi indottrinare; dall'altro lato, turarci il naso e andare a votare anche scheda bianca o nulla, perchè se anche i signori Nessuno, come me, smettono di votare muore la democrazia e chi vuole il potere potrà comprarsi votanti professionisti (sta già accadendo con i simpatizzanti e gli iscritti ai vari partiti e partitini) e fare il bello e il cattivo tempo, come si teme facciano le organizzazioni criminali in alcune parti d'Italia.
...legalizzare la mafia, sarà lo slogan del duemila.
Bambini venite parvulos, c'è un'applauso da fare al baubau...
Così cantava Francesco De Gregori nel 1989 nel penultimo brano dell'album 17.03.1989 (l'ultimo brano era Dr. Dobermann), intitolato appunto Bambini Venite Parvulos.
Ho paura che ci siamo già arrivati da tempo.
    

Testo (c) 2015  Claudio Montini           foto Google Pictures 2012

venerdì 12 giugno 2015

Manca una settimana a LAUMELLUM!!!








































di Claudio Montini


Manca una settimana esatta all'avvio di una rievocazione storica unica nel suo genere: a Lomello, borgo padano e pavese presso cui la Storia è passata lasciando buona memoria di sè e anche tracce assai evidenti, si rivivranno i fasti della festa per le nozze della regina dei Longobardi Teodolinda con Agilulfo, duca di Torino.
Ella, rimasta vedova dopo solo un'anno di Authari a causa di congiure di palazzo, fuggì da Pavia trovando riparo proprio nella ex mansio romana di Lomello, nel 590 d.C.; nel frattempo, Agilulfo muoveva da Torino alla volta di Pavia, capitale del regno longobardo, per partecipare alla eventuale guerra di successione e un trono vacante era una ghiotta occasione per menare le mani, accaparrandosi un ricco bottino anche se la faida era stata avviata da altri.
La regina in questione, di origini germaniche e bavaresi in particolare, non era ben vista dalla parte della nobiltà che simpatizzava per i Franchi, desiderosi di espandersi tanto nella penisola italica quanto in Europa centrale; il clan, la famiglia cui Teodolinda apparteneva era sufficientemente forte da rappresentare un serio ostacolo alle mire espansioniste franche nell'ex provincia germanica del defunto Impero Romano d'Occidente: eliminando re e regina, pensavano i congiurati, si sarebbero ricondotti i Franchi a più miti consigli e li si sarebbe spinti a lasciare perdere le lande cisalpine invogliandoli a dirigersi dal Massiccio centrale alle vette bavaresi.
La leggenda vuole che a Teodolinda venisse concesso di scegliersi il consorte per evitare una rovinosa guerra di guerra di successione, col nemico pronto a valicare le Alpi non era una bella mossa, ma anche per porre fine alla faida con una sorta di risarcimento in quanto parte lesa, dal momento che i rivoltosi erano stati ridotti al silenzio e i Longobardi aborrivano l'anarchia.
Più verosimilmente, Agilulfo puntava al colpo di stato (per usare un'espressione contemporanea) e aveva posto l'assedio a Laumellum; Teodolinda lo spiazzò invitandolo a tavola per discutere i termini della resa e la sua eventuale associazione al trono: la bellezza, la sagacia e l'astuzia della regina piegarono in poche mosse il rude guerriero tanto che scoppiò la pace e la si suggellò con le nozze e i relativi festeggiamenti.
Questi ultimi devono essere stati davvero ricchi e travolgenti e unici nel loro genere tanto che, nonostante siano trascorsi oltre quattordici secoli e qualche decennio da allora, in ogni epoca a Lomello non si è mai persa memoria di quei magnifici avvenimenti.
Da 19 giugno, venerdì, al 21 giugno, domenica, il centro storico di Lomello ospiterà dame, armigeri, cavalieri, mercanti ed altri maestri d'arti e mestieri del tempo che fu i quali faranno da ala a Teodolinda e Agilulfo, sposi regnanti.
Ci saranno occasioni per imparare, per conoscere, per rifocillarsi e per divertirsi facendo un piccolo viaggio a ritroso nel tempo.


Testo :  (c) 2015 Claudio Montini         (c) foto: Pro Loco Lomello/ Gabriele Prinelli FB page 2015
  

giovedì 11 giugno 2015

Letti&Piaciuti: "VIAGGIO NELLA PAURA" di Eric Ambler- Radio Patela Magazine

 LA BUONA LETTERATURA SUPERA AGEVOLMENTE I CONFINI DEL TEMPO

Eric Ambler

VIAGGIO NELLA PAURA  (1940)

Adelphi editore (2015)

 

 

 

di Claudio Montini



Un uomo buono che va alla guerra, pare si dica dalle parti della perfida Albione, pensa a portare a casa la pelle senza perdere la testa; anzi, approfitta a piene mani del fatto che quest'ultima sia ben attaccata al collo e contribuisca a tenere i piedi per terra, gli occhi aperti, il sangue freddo, i nervi saldi per portare a termine la sua missione e tornarsene agli affari propri.
VIAGGIO NELLA PAURA di Eric Ambler, pubblicato per la prima volta nel 1940 e ripubblicato nel 2015 in Italia da Adelphi, è un lavoro ad orologeria di ottima fattura e qualità tanto letteraria quanto drammaturgica, nel senso più britannico possibile dei termini che ho adoperato per definirlo.
Si inserisce nel solco della tradizione letteraria inglese, cosi detta, dell'intrattenimento intelligente calato in una scena non isolana domestica e storicamente datata ma contemporanea, allo scrittore, e di respiro europeo evitando gli stereotipi attraverso il tratteggio di scene e personaggi utilizzando pochi elementi essenziali, ovverosia lasciando alla fantasia del lettore il compito di arricchire con dettagli e colori il teatro degli avvenimenti.
La trama è, in apparenza, semplice da riassumere: un ingegnere navale esperto di armi e tecnologia bellica, vinto l'appalto della ristrutturazione della marina militare turca per conto dell'azienda britannica in cui è impiegato e progettista, affronterà il rientro nel Regno Unito inseguito dallo spionaggio nazista deciso a eliminarlo per ritardare l'avvio dei lavori e procrastinare l'ingresso della Turchia nel conflitto, a ingrossare le fila degli Alleati Nord Atlantici contro le forze dell'Asse Roma-Berlino-Tokyo.
Ma il protagonista, è tutto tranne che una spia: è, come ho detto, l'uomo buono che bada ai propri affari alla propria moglie, tiepidamente patriottico, che va alla guerra ignorandone quasi l'esistenza e l'incombenza nonchè le implicazioni e le conseguenze.
Tuttavia, una volta messo in mezzo, sfrutterà tute le sue doti razionali e umane per tornare a casa e scampare la morte, analizzando situazioni e persone e informazioni con il piglio dell'ingegnere abituato alla risoluzione dei problemi; gli antagonisti e le figure di contorno non solo esalteranno le caratteristiche del protagonista, ma si staglieranno al suo fianco sulla scena per la nettezza, la profondità, la professionalità con cui vivono il proprio ruolo nell'intera vicenda: tanto che il lettore si trova, talvolta, persino a provare simpatia per loro.
Eric Ambler non realizza un VIAGGIO NELLA PAURA ma una esplorazione della complessa fenomenologia della natura umana, una miscela esplosiva e instabile e imprevedibile di istinto di sopravvivenza e capacità razionali di elaborazione di azioni complesse: così consegna, anche a noi lettori del terzo millennio schiavi inconsapevoli della tecnologia, un meccanismo elegante, lucido e scintillante sui cui ingranaggi non si è mai posato nemmeno un granello di polvere.
Un lavoro a orologeria dai movimenti precisi come un cronografo svizzero che, dopo settantacinque anni dalla sua costruzione, ad ogni giro di ruota dentata svela una sorpresa e ti costringe a non perdere nemmeno una riga per vedere se l'uomo buono, andato alla guerra, riesce a cavarsela.
Ribaltando lo schema di Agatha Christie, di Conan Doyle, di Stout, dove l'eroe svela le trame dei cattivi e inchioda i colpevoli alle loro colpe (dove l'eroe, altri non è se non l'alter ego dell'autore), Ambler sembra, ma è solo una mia opinione, aver udito l'eco di Joyce e dei Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello perchè sono i personaggi stessi artefici delle proprie fortune, sono loro a rivelare le proprie trame oscure e le colpe e i progetti, lasciando all'autore, apparentemente, il solo compito di registrare le azioni come un cineoperatore, in presa diretta sul mondo e sull'animo.
Questo è il punto di forza del romanzo, la caratteristica che lo rende vincente anche ai nostri giorni.
Del resto, Eric Ambler (1909-1998) è stato anche sceneggiatore, oltre che giornalista e scritttore; tra le tante sceneggiature realizzate, si ricorda quella di Topkapi (con Peter Ustinov, Capucine, David Niven) nella aletta di copertina dell'edizione di Adelphi e, immagino sicuramente, anche quella di Journey into fear (del 1943 per la regia di Norman Foster, arrivato in Italia col titolo Terrore sul Mar Nero, con Joseph Cotten) la cui locandina, o meglio un particolare di essa, campeggia sulla copertina del libro donandole una eleganza e un fascino senza pari.

Testo (c) 2015 Claudio Montini         Foto (c) 2015 Orazio Nullo

giovedì 4 giugno 2015

Tra poco meno di due settimane...tutti a Lomello (PV)!!

 Per chi ama il medioevo

e

per chiunque voglia

passare un pomeriggio

insolito...

 Per coloro che vorrebbero fermarsi a cena e fare quattro salti indietro nel tempo, ma non in padella e senza macchina del tempo...

Per tutti coloro che ne vorrebbero sapere di più....

e

per quelli che amano sapere tutto quello che succede....

 

 

 

 

 

 

 

Per sapere, per prenotare, per esserci...

a

Lomello, in provincia di Pavia, 

il 19, il 20 e il 21 giugno 2015

per

Teodolinda e Agilulfo sposi

www.prolocolomello.blogspot.com




foto dal profilo FB di Gabriele Prinelli
grafica di Orazio Nullo          testi di Claudio Montini  (c) 2015