sabato 28 febbraio 2015

Roba da laghèe... Letti&Piaciuti di Radio Patela Magazine

Tra i due litiganti, il terzo gode: roba da laghèe..

 

 

Andrea Vitali

BIGLIETTO, SIGNORINA

ed. Garzanti 2014






di Claudio Montini     Foto di Orazio Nullo




Alla cospicua produzione di Andrea Vitali edita presso Garzanti, nell'ottobre 2014 si è aggiunto questo volume che mi è stato regalato a Natale; i libri sono oggetti deliziosi, misteriosi e delicati da destinare a regalo: esprimono la sensibilità e l'intelligenza di chi li propone perchè dimostrano, o dovrebbero farlo, la profonda conoscenza della personalità di chi lo andrà a ricevere assai più di quanto possa farlo un profumo o un monile o un'accessorio d'abbigliamento o d'arredamento.
Spesso sono una scommessa, specialmente quando si tratta di autori italiani, troppo tesi ad imitare qualche illustre modello o a esplorare i meandri più oscuri della sfortuna e del tormento interiore: mai una volta che si mettano a raccontare una storia per il gusto di narrare peripezie, talora tragiche e talvolta comiche ma sempre umane e dal finale lieto, giusto per passare il tempo chiacchierando in distesa letizia come dovrebbe accadere tra amici, al bar o al parco o sulle panchine del parco sul lungo lago sorseggiando un'aperitivo o prima di andare dal barbiere.
Con Andrea Vitali, invece, questo piccolo miracolo accade e si realizza in BIGLIETTO, SIGNORINA edito da Garzanti: un libro dove la storia si avvia con semplicita e si sviluppa con grande ritmo articolandosi di particolari, di dati e di implicazioni che allargano la visuale del lettore sui vari personaggi, sui palcoscenici in cui essi agiscono e persino sui risvolti psicologici delle comparse senza stancare, riducendo al minimo dialoghi e descrizioni, concedendosi un gran finale col botto preciso come un'orologio svizzero alla Agatha Christie o alla Alfred Hitchcock.
Siamo a Bellano, affacciati sul lago di como nell'estate del 1949, durante i prodromi della campagna elettorale per il municipio: l'aspirante sindaco Amedeo Torelli, commerciante di vini e attuale vicesindaco, è disposto a fare le cose umane e divine ( lecite e no, come certi "tagli" che fa ai vini locali con corposi vini meridionali di cert'altri "amici degli amici") pur di vincere alla faccia del dirigente locale del suo stesso partito, la DC, che lo ritiene inaffidabile e trama per vederlo sconfitto una seconda volta; in questi maneggi, il personaggio in questione ricorda addirittura Andreotti e, fatte le debite proprozioni, lo sgambetto che fece a Fanfani negli anni '60....
Se non che arriva in paese una bella e giovane donna, la quale pare non spiccicare che poche parole d'italiano e altre in una lingua incomprensibile, rea di aver viaggiato in treno senza biglietto decisa a trovare un certo dottor Nonimporta con grande villa; regolamenti alla mano, le Ferrovie dello Stato passano la palla ai Carabinieri che la smistano alla più alta autorità civile presente: il vicesindacoTorelli ( il sindaco è un medico e luminare dell'ospedale di Como, più dedito alla medicina che alla politica ). 
Da scaltro cialtrone qual'è, costui intuisce il pericolo perchè riconosce subito Marta Bisovich e imbastisce subito per lei un passato di profuga istriana in fuga dai comunisti jugoslavi, mentre la compromettente realtà è ben altra; alla ragazza basterebbe trovare un posto per sistemarsi e ricominciare a vivere rifacendosi almeno di un'aura di onestà e perciò accetta i piani del Torelli, tenendolo però in scacco con la minaccia di rivelare ciò che sa riguardo al loro primo incontro.
Ma il diavolo, o chi per esso, fa le pentole e non i coperchi e l'ingordigia e la superbia italica e slava saranno sconfitte proprio dall'unico povero diavolo onesto, dal parroco un po' padre Brown e dal maresciallo Pezzati che come il maresciallo Rocca di Gigi Proietti sa essere al posto giusto nel momento giusto.
Andrea Vitali con BIGLIETTO, SIGNORINA ci illustra, descrivendola in modo assai essenziale, quasi senza citarla ma lasciandocela intuire con poci sagaci tratti di penna, l'Italia che risorge dalle macerie del secondo conflitto mondiale, in cui ognuno tenta la sorte per imbastire il proprio futuro e fare in modo che sia davvero nuovo e ricco e sicuro: ci sono tutti i caratteri e le macchiette e anche le manie che, da allora consapevolmente o no, la società italiana tutta e la provincia in particolare si sono tirate dietro facendone la propria fortuna o, talvolta, la propria disgrazia.
L'operazione riesce grazie alle scelte stilistiche, di struttura narrativa più che linguistiche, queste ultime quasi obbligate, ma altrettanto vincenti: ci sono 146 capitoli brevi e brevissimi, anche di una sola pagina, più un epilogo; in questi, si alternano e si rincorrono i vari sviluppi della vicenda in cui vengono coinvolti i personaggi e anche i loro travagli interiori, in modo tale che ogni capitolo crei un'atmosfera di attesa che sospinge il lettore ad affrontare il successivo voracemente: per scoprire come va a finire in quello ancora successivo: ma, così facendo, si trova alle prese con un'altra strada appena imboccata e che deve assolutamente seguire, riattivando il meccanismo fino all'ultimo capitolo e all'epilogo che dipana tutte le matasse e chiude il cerchio.
Anche la lingua si adatta a questo ritmo da boogie-woogie evitando descrizioni di cose, persone, animali, paesaggi ma affidandosi a un sentore, piacevole, di italiano lombardizzato che ama seminare frasi fatte o proverbiali qua e la e aborre la retorica ma ama la semplicità, la schiettezza e la praticità; inoltre per non perdere il ritmo, i dialoghi sono ridotti all'osso come le descrizioni delle scene: anzi per i dialoghi, spesso Vitali ricorre al discorso indiretto alternato a quello diretto, quello che viene messo tra virgolette.
Una vera genialata! Il ragionamento, la riflessione, il disegno interiore si fa parola e diventa palese solo per il lettore, come se quest'ultimo stesse ascoltando la storia da un terzo narratore: proprio come accade nei tavolini dei bar del lungolago o sulle panchine di parchi o della passeggiate di paesi affacciati sul Lario come lo è Bellano, dove la gente si ritrova in accrocchi improvvisati e si mette a chiacchierare, a rammentare episodi del passato, a raccontarli all'amico che è stato via in quel tempo là o che è tornato a vivere in paese dopo tanto tempo e va aggiornato su come e perchè certe faccende sono andate a finire bene per alcuni e male per altri, su chi ci ha guadagnato e su chi ci ha rimesso, su chi è venuto e su chi se ne è andato.
Non c'è traccia alcuna di nostalgia per il tempo che fu, in BIGLIETTO, SIGNORINA: nemmeno nella foto di copertina con una coppia su una macchinina degli autoscontri, databile a una decina d'anni dopo l'anno in cui il romanzo è ambientato; pensare una cosa del genere è fare un torto ad Andrea Vitali che arricchisce il catalogo pluripremiato, che vanta presso l'editore Garzanti, con un opera fresca, leggera, addirittura dissetante nel deserto della produzione letteraria italiana troppo ricca di sussiego e aggrappata alle sue nicchie tanto da dimenticare che la letteratura è anche divertimento, svago, evasione dalle asprezze della vita quotidiana.
Grazie Andrea Vitali: BIGLIETTO, SIGNORINA (ed. Garzanti 2014) mi ha regalato piacevoli momenti di serenità, tanto che ricomincerei a leggerlo anche subito....
Se non ne avessi gia altri in attesa d'esser letti!


© 2015 Claudio Montini per il testo © 2015 Orazio Nullo per la foto


giovedì 26 febbraio 2015

Un ottimo risultato: sono felice e voglio crescere ancora!


                      Quota 4000 visitatori...

............................ SUPERATA!!!

Grazie a tutti i lettori e a tutti i visitatori, da qualunque parte del mondo siate giunti qui: faremo in modo di non annoiarvi, abbiate pazienza e fate girare la voce!
State sintonizzati: ne vale la pena!!

G R A Z I E    G R A C I A S   M E R C I                         T H A N K  Y O U  !!!



Claudio Montini, Orazio Nullo, la redazione di Radio Patela

martedì 24 febbraio 2015

Spogliarsi davanti a uno specchio

Ti racconto perchè scrivo storie di varia umanità



di Claudio Montini    foto Orazio Nullo




Cara Laura,
raccontarsi è come spogliarsi davanti allo specchio, frugando nelle tasche della vita e in quelle del vestito che è invecchiato insieme a noi, chiamando rughe e ricordi col loro nome ma tacendo anche del più sottile dispiacere.
Immagina che, mentre leggi queste righe, qualcuno abbia messo sul piatto un disco degli Eurithmics, per esempio il primo album di successo, quello che conteneva Sweet Dreams ( are made of this ) e la puntina stia girando proprio entro i solchi di quel brano .
Sai, io sono un figlio del secolo scorso, il novecento del secondo millennio, quando ancora c'erano i dischi di vinile e le cassette compatte di nastro magnetico alla ferrite: con quegli arnesi lì, ascoltavamo e rubavamo la musica, registrandola dalla radio o dalla televisione.
Infatti sono nato il sei giugno del millenovecentosessantasei, sei sei sessantasei...quasi un mantra, sotto il segno dei Gemelli: anche a non dar credito all'astrologia, questo dato potrebbe aprire uno spiraglio significativo della finestra, sul mio piccolo mondo, alla quale stai per affacciarti: vedrai, o forse li hai già notati tra le righe, quali oceani inquieti possano agitarsi e lambire spiagge sabbiose, quali venti caldi e profumati possano scompigliare fronde di foreste boscose e carezzare fianchi forti e scoscesi di vette perennemente innevate, quali praterie sconfinate abbiano pensieri e fantasie per rincorrersi e giocare a mettere in fila parole, che formano frasi, che imbastiscono discorsi, che tirano su teatrini e storie che colorano, addolciscono, smussano e aiutano a superare ogni fatalità, dolce o amara che sia.
Sono nato a Pavia, ma non me ne vanto; ho studiato a Pavia, ma non sono andato avanti tanto; ho lavorato anche a Pavia, facendo per lo più l'operaio addetto al magazzino e alle consegne perchè uno che come titolo di studio ha conseguito la maturità scientifica, nel 1985, quando Rubbia correva incontro al Nobel come le particelle che faceva collidere nell'acceleratore sotterraneo del CERN a Ginevra, non avrebbe altra prospettiva post diploma che la prosecuzione degli studi all'Università se, l'anno successivo al diploma, non rimanesse orfano di padre per una malattia curabile con un trapianto legalizzato, in Italia, soltanto sei mesi dopo l'evento luttuoso.
Tranquilla, ho fatto pace anche con questi fatti, dal momento che ho scritto, per Briciole di Sogni nello sguardo, Una passione di famiglia in cui parlo con lui durante un sogno veramente vissuto.
Ho anche recitato in teatro, a Pavia, per diciottomila spettatori in quarantaquattro repliche durante due stagioni, come membro della Compagnia Dialettale Pavese diretta dal compianto Cesare Volta, regista della sede Rai di Milano e capostruttura della divisione radiofonia: aprimmo la stagione del Teatro Fraschini per due stagioni consecutive( quando quest'ultimo era ancora in ristrutturazione e si appoggiava al cinema teatro Castello di piazza Emanuele Filiberto ) con lo spettacolo intitolato Tut i mat i èn no a Vùghera
di Angelo Gambini, in cui io vestivo i panni dell'unico personaggio che recitasse in italiano perchè rappresentavo la prima televisione privata della città e della provincia, fondata in una cascina di Pavia da cui prendeva il nome ( TeleFrigirola ), subito dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 1976 che affossò il monopolio Rai sulle trasmissioni televisive.
Morto Cesare, cui devo moltissimo dal punto di vista artistico e umano perchè era un galantuomo e un professionista d'altri tempi, ho considerato chiuso un capitolo della mia vita e mi sono dedicato al lavoro d'autista di autobotti per la consegna di gpl, alla lettura di romanzi storici e gialli, all'ascolto di buona musica e alla scrittura di tutte quelle frasi che ronzavano nella mia testa, suonando assai piacevoli e degne di essere salvate dall'oblio; finché non ho acquistato il primo personal computer, esse finivano dentro vecchie agende delle assicurazioni, quaderni di scuola poco usati e quadernoni a quadretti che scarabocchiavo fin da bimbo quando i compiti erano stati fatti tutti e la noia riempiva l'attesa della t.v. dei ragazzi; da grande, accadeva quando c'era del tempo da perdere e niente da vedere o da ascoltare o altre incombenze da sbrigare.
Questa, in fondo, è sempre stata la molla che mi ha spinto: se il mondo che ti circonda è vuoto o noioso o ti tiene prigioniero in una bolla, riempilo con la tua fantasia e coloralo coi ricordi mescolati alle parole che i libri, i giornali, la radio, la televisione, il cinema, i dischi e le canzoni ti hanno insegnato; nessuno può venire a vedere nella tua testa quale film stai girando, quale sogno stai cavalcando, quale canzone stai componendo o suonando: possono solo vedere gli scarabocchi che fai sul foglio, sempre che tu abbia voglia di mostrarli.
Chi non ha questa dote o sensibilità o inclinazione d'animo, in un battito di ciglia si burla di te e ti prende per i fondelli, finendo per etichettarti e bollarti come matto svitato.
Per fortuna, accade che incontri altri come te in giro per il mondo, oppure altri che, pur avendo opinioni diverse, sanno apprezzare il buono che c'è in ciò che li circonda: il comune sentire aiuta a condividere il piacere immateriale delle belle arti e del buon vivere superando differenze e diffidenze con coraggio e prudenza e, talvolta, sana incoscienza.
Eccoti spiegato cosa voglia dire essere nati sotto il segno dei Gemelli: riuscire a stare coi piedi per terra seguendo il mondo nel suo perenne girare e, contemporaneamente, avere la testa oltre le nuvole e le stelle a costruire un rifugio confortevole da usare in caso di malinconie varie, per non cedere alla depressione o allo sconforto; inoltre, questa dinamica coesistenza di nature genera la spinta a cercare sempre nuove risposte anche alle domande più vecchie, la curiosità tanto verso le piccole quanto verso le grandi cose dell'universo cercando le migliori parole utili a descriverle, desiderando di produrre con esse un discorso che risulti all'uditore credibile e affascinante, leggero e niente affatto pedante.
Dal giugno del sessantasei al luglio dell'ottantacinque, quando mi sono diplomato al liceo e ho tentato la carriera militare per dare un senso a quel pezzo di carta; dal dicembre dell'ottantasei, quando mio padre è morto senza avermi visto riuscire negli studi universitari, al febbraio del novantatre, quando mi sono sposato, fino alle porte del nuovo millennio in cui, sulle colonne del quotidiano LA PROVINCIA PAVESE, quasi per gioco, veniva pubblicato il mio primo racconto ( luglio 1999, A Lomello una notte di mezza estate; cui sarebbero seguiti nel 2000 Ritorno di fiamma letale e nel 2001 Che il blues sia con voi : tutti contenuti in Assentarsi per una manciata di minuti 2012 Ed.Youcanprint ) posso ben dire di avere sognato e vissuto dolci sogni, pur avendo speso sudore e lacrime per alcuni di loro, andando sempre in cerca di qualcosa che desse loro un senso: esattamente come cantano gli Eurithmics in Sweet dreams (are made of this).
Da allora in poi ho seguitato a leggere e scrivere, racconti e poesie, con l'intento di assentarmi per qualche minuto ogni giorno dal logorio della vita moderna, senza ricorrere a sostanze psicotrope.
Nel 2010 e nel 2011 sono riuscito di nuovo a vedere pubblicati due miei racconti, sempre sullo stesso quotidiano: Ultimo quarto ( che chiude Assentarsi ed è finito in una antologia edita qualche mese dopo dal giornale ) e Benvenuta Teodolinda ( che fa parte della stessa raccolta ma è stato pubblicato due volte a distanza di quindici giorni l'una dall'altra...).
Poi, alle soglie della mezza età ( ricordi? Sono nato nel sessantasei e ora, mentre sto scrivendo, siamo in pieno duemilaquattordici: se la matematica non è un'opinione....), mi sono ritrovato senza lavoro perchè anche l'azienda da cui dipendevo era rimasta senza contratto.
Per qualche mese mi sono sentito come un pinguino all'equatore, alla deriva sull'ultimo pezzo d'iceberg...
Tuttavia mi sono anche reso conto di avere un'occasione unica: avevo il tempo di rileggere ciò che avevo scritto e accantonato nel celeberrimo cassetto dei sogni mostruosamente proibiti; di ristrutturarlo nella trama e nella lingua o semplicemente ritoccarlo qua e là; magari emozionandomi e piacevolmente sorprendendomi di aver confezionato pezzi scorrevoli, semplici ma non banali e in una lingua italiana rispettata al millimetro.
Così, nel sottoscala della mia follia, si addensò il dolce sogno che ho appena cominciato a vivere e il delirio artistico strinse d'assedio il mio subconscio con una missione al sapore di parabola evangelica: dovevo dissotterrare la moneta che il padrone della casa e della vigna mi aveva affidato fino al suo ritorno, il talento che dovevo amministrare, conservare o far fruttare e che avevo nascosto nella sabbia per paura di perderlo o per la vergogna del giudizio altrui.
Per non fare la fine del servo fellone della parabola in questione, mi dissi che era la volta buona per diventare uno scrittore e campare delle mie parole stampate.
Grazie alle belle parole di incoraggiamento di una ex compagna di liceo, che aveva già acquistato on line la raccolta di poesie La strategia del glicine (2012 www.lulu.com) da un sito statunitense di autopubblicazione e dopo aver letto il primo nucleo di racconti costituenti "Assentarsi per una manciata di minuti" (<< Sei davvero bravo con le parole...Allora, pensa in grande e non arrenderti mai!>>), mi risolsi a dare il via a questa mia nuova vita con la segreta intenzione che smettesse di essere virtuale e divenisse quella principale.
Dopo aver tentato la via dell'editoria tradizionale, avendone ricevuto risposte insoddisfacenti o nulle, ho sperimentato la modalità di edizione in autopubblicazione, o selfpublishing, trovando un'offerta assai conveniente, agile e affatto onerosa in un'azienda specializzata pugliese.
So da me di non essere un genio della letteratura, bensì un onesto e buon artigiano del pensiero espresso in lingua italiana così come ho la consapevolezza di non avere raccomandazioni o referenze da far valere, nè in ambito accademico nè in ambiti industriali o editoriali: un'esordiente è sempre una mina vagante e un rischio d'impresa di cui nessuno, almeno in Italia, è disposto a farsi carico e nemmeno a dargli ascolto, perchè non v'è la certezza che le entrate superino le uscite.
Tuttavia io volevo, nel senso più letterale possibile, fare il mio libro senza restrizioni o ingerenze e senza troppa spesa, con una distribuzione nazionale, codice isbn e visibilità anche nei siti internet per la vendita di libri.
Volevo e, tuttora, voglio avere il controllo e la responsabilità di ogni componente del libro, dalla copertina ai contenuti, dalla carta ai caratteri di stampa, dalla tempistica delle comunicazioni che deve essere rapida e multimediale alla puntualità delle consegne: da Youcanprint ho avuto tutto quello che ho chiesto a un giusto prezzo e in tempi certi e rapidi.
Infatti, mentre andava in stampa Assentarsi per una manciata di minuti, Briciole di sogni nello sguardo aveva già pronta la metà dei racconti che lo compongono e una mezza idea per la copertina: intanto stavo ancora aspettando uno straccio di risposta da almeno tre editori, di cui uno di interesse nazionale ( quest'ultimo per un solo racconto da iscrivere a un concorso tra aspiranti scrittori, tacendo delle clausole vessatorie da accettare preventivamente ).
Quindi, nel cuore dell'autunno 2012 erano arrivate le prime copie di Assentarsi per una manciata di minuti che, ad aprile 2013 quando ha visto la luce Briciole di sogni nello sguardo, sarebbero diventate centoventi in giro per il mondo aprendo la strada alle altre ottanta del successivo.
D'accordo, sono numeri piccoli, irrisori ma non insignificanti se pensi che non ho fatto alcun tipo di promozione, fedele alla linea del costo zero, fiducioso nel passaparola tra amici e appassionati della lettura e, ingenuamente, confidante nel potere persuasivo di internet e dei social network; un'errore strategico fatto in buona fede che, tuttavia, mi ha dato grandi soddisfazioni morali piuttosto che materiali: una su tutte quella di aver sempre piazzato tutte le copie di cui ho richiesto la stampa usufruendo anche di sconti e agevolazioni senza, ribadisco il concetto, essermi mai visto imporre l'imposizione d'una tiratura minima o il riacquisto delle eccedenze.
A onor del vero, va detto che io ho scelto l'opzione base mentre a pagamento si possono ottenere, anche nel self-publishing, pacchetti di assistenza all'edizione e alla promozione come farebbe un editore tradizionale: salvo, poi, recuperarli quest'ultimo dall'autore medesimo attraverso piccole clausole contrattuali che, sull'onda dell'entusiasmo, ogni autore sottovaluta: tiratura minima, percentuale di liquidazione dei diritti d'autore ceduti in toto all'editore per un numero di anni spropositato, numero minimo di copie da vendersi per ottenerla, obbligo di riacquisto delle eccedenze e cessione di copie personali a prezzo di copertina e chi più ne ha più ne metta.
Se fossimo accanto a un juke box, di quelli che trovavi nei bar fino ai primi anni ottanta del secolo breve, quello cui appartengo per nascita, ti direi che la monetina che ho lasciato cadere nella feritoia mi concede di selezionare altri due brani, dopo gli Eurithmics. per accompagnare il seguito della storia e lo scorrimento dei titoli di coda.
Uno potrebbe essere When you see a chance (take it) di Stevie Winwood, raro capolavoro che mescola rithm and blues, funky e dance con sonorità totalmente elettroniche; l'altro, per finire in bellezza e per non ripetersi, preferirei che fosse "Only time will tell" degli Asia o anche "I can't tell you why" degli Eagles: il primo è l'ultimo colpo di coda del progressive rock che si fa canzonetta per non cadere nell'oblio, il secondo è una languida e romantica e sensuale ballata, un lentone da mezzanotte all'una ( ora canonica nelle discoteche di una volta per le danze guancia a guancia ).
Questo digressione musicale vale solo a dirti che tanto Assentarsi per una manciata di minuti quanto Briciole di sogni nello sguardo sono stati pensati come se fossero due long playing, due album, due dischi, non già stampati su vinile ma su carta; non organizzati in tracce o insiemi di solchi, in cui ciascuno di noi individua un gruppo di brani favoriti, ma in pagine riempite di parole organizzate in quindici storie ciascuno che spaziano dalla fantascienza alla favola, dalla storia d'amore clandestina al dramma della malattia e della discriminazione, dal giallo poliziesco al miracolo in tempo di guerra, dall'amicizia che conforta e incoraggia all'amore, ritrovato e mai perduto, per luoghi e persone date troppo spesso per scontate o di basso rango cui accadono eventi anche ai confini della realtà.
Sono racconti di persone che si potrebbero incontrare quotidianamente per le strade dei paesi di questa provincia pavese e italiana; sono narrazioni a loro dedicate fin dalla scelta del registro linguistico di un italiano medio, di facile comprensione, il migliore a mia disposizione: con un'attenzione maniacale alla punteggiatura e alla musicalità della frase, oltre alla sua correttezza logica e grammaticale, puntando a un ritmo vivo e mai banale o stanco e ripetitivo fino a sfiorare la sintesi lirica delle poesie o di alcuni riusciti testi di canzoni da hit parade.
Queste storie hanno l'ambizione di volersi fare ascoltare e apprezzare da chiunque sia in grado comprendere la lingua italiana, come se fossero amici venuti da lontano che narrano episodi che hanno vissuto e dialoghi che hanno ascoltato: non troverai tempi al presente, come se tu fossi sul set di un film seduta dietro la macchina da presa a controllare che i movimenti avvengano secondo copione; né troverai dialoghi serrati, caratterizzati e descritti come in una sceneggiatura ma leggerai, spesso e volentieri, sintesi indirette dei pensieri e dei sentimenti dei personaggi anche se sarai spettatore delle loro gesta o, addirittura, loro interlocutore virtuale.
Infatti, sarà il libro stesso a prenderti per mano, sin dalla copertine elaborate da Orazio Nullo (fantastico personaggio che meriterebbe un libro solo per descriverne le qualità), conducendoti attraverso il suo mondo cartaceo e cerebrale cui io ho prestato parole, sogni e segni di punteggiatura mentre Orazio, letto il titolo e qualche racconto ( a volte anche tutti, invitandomi spesso a rileggerli con spirito critico affinchè anch'io cogliessi sbavature, incongruenze e punti deboli delle trame onde porvi rimedio ), scelte con cura le immagini e i caratteri tipografici, mescolato ma non agitato il tutto, lo ha vestito con livrea sobria, elegante senza boria e accattivante ma efficace semplicità.
Esattamente come sono tutte loro, quelle scritte e quelle ancora da scrivere: perchè le storie girano nell'aria che respiriamo, come i profumi delle stagioni effimeri e instancabili; altrettanto fanno nelle teste delle persone, così come nella mia, nutrendosi di realtà e di sorrisi, di lacrime e di sangue, di fiato sprecato e buone parole, di sogni bambini e attese deluse.
Ma non sono solo lavori di fantasia, perchè la vita ci mette molto di suo nel superare, nel bene e nel male, l'immaginazione: sovente oltre o contro le nostre aspettative.
Dunque, tocca a noi artigiani delle invenzioni fatte di parole mettere ordine al caos apparente: dobbiamo afferrare queste storie e plasmarle in racconti, per non vederle disperse nella polvere cui siamo destinati, così che possano consolarci, distrarci, elevarci e liberarci dalle zavorre quotidiane.
Arrivano quando pare e piace a loro, non hanno molta pazienza come se avessero la vita breve delle farfalle e, se non le scriviamo subito, volano via a morirsene altrove; ma se riusciamo a fissarle sulla pagina, esse prenderanno le tue angustie e le mie ambizioni nutrendosene per prendere corpo e vivere ogni volta che leggerai le pagine che abbiamo confezionato, regalandoti una innocua pausa o una tregua, se preferisci, alla lotta per la sopravvivenza.
I racconti che ho scritto e composto in Assentarsi per una manciata di minuti e in Briciole di sogni nello sguardo mi illudono di viaggiare una spanna sopra le teste di tutta la gente che mi circonda, mi illudono di provare le stesse emozioni che, a loro volta, hanno vissuto Ernest Hemingway, Cesare Pavese, Elio Vittorini, Carlo Cassola o Italo Calvino rileggendo i loro romanzi prima di licenziarli per la stampa; mi illudono, infine, che io possa trasformare ciascuno di loro in un romanzo: ma, per ora, lo considero un'impresa superiore alle mie capacità.
Scrivo racconti perchè non lo fa nessuno e perchè sono più “gestibili”: li puoi lasciare e riprendere senza perdere il filo del ragionamento e non devi armarti di palinsenti e strutture per programmare lo svolgimento della storia in relazione ai personaggi, che pur essendo già dotati di una loro fisionomia devono essere fatti evolvere a seguito degli sviluppi.
In una novella, considerando solo un breve scorcio di vita delle persone così come degli oggetti, se venisse a mancare l'ispirazione, non succede niente: basta fermarsi e saper aspettare che dal vortice di cui ti ho parlato si sfili il refolo giusto, quello che riannoda i fili e distende nuovamente la trama.
E' vero che sono un sognatore coi piedi per terra, ma non ancora sufficientemente disciplinato da potermi considerare un romanziere: mi considero un raccontatore di storie lievemente anarchico.
Eppure sogno, perchè sognare è ancora un'attività gratuita ed esentasse, di campare dignitosamente delle mie parole stampate.
Sono infatti convinto che, prima precipitare dal paradiso in questa valle di lacrime, ci venga data una moneta che cambierà la nostra vita perchè essa sarà la cosa che sapremo fare con maggior naturalezza, come se fossimo nati con quella specifica missione nel sangue.
Ma, durante il volo, la moneta ci casca dalle mani e si conficca chissà dove nel terreno: così passiamo la maggior parte del tempo che ci è concesso a cercare di ritrovare quella dote primigenia: c'è chi canta, chi gioca bene al pallone, chi sa promettere e non mantenere, chi guarisce la gente ( o almeno ci prova ), chi sa fare bene all'amore, chi scrive belle cose da leggere e chissà quant'altro.
Tutti siamo stati dotati di qualcosa che passiamo la vita a cercare, quella cosa esatta che faccia bene a noi e agli altri senza fare del male a nessuno: hai visto mai che io, scrivendo, abbia ritrovato la mia monetina?
Only time will tell cantavano gli Asia negli anni ottanta del secolo breve, il frenetico Novecento, rispondendo, inconsapevolmente immagino, all'interrogativo manzoniano che chiudeva il celeberrimo Cinque Maggio, epitaffio dell'epopea napoleonica: << Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza. >>

Se le dici, volano; se le scrivi restano.
Se le pensi tutte insieme,
Dipingono e svelano le mille facce
D’ogni cantuccio d’universo,
Dove un accento o un aggettivo
Cantano il bello o il cattivo tempo,
Lasciando briciole di sogni nello sguardo.

( Claudio Montini da La strategia del glicine - 2012 )

Questo sono le parole: Orazio Nullo ed io abbiamo giusto cominciato a crederci...e tu?

Claudio









venerdì 20 febbraio 2015

I racconti di Claudio Montini, memorie, posti, persone e profumi di Lomellina: Ponenteoggi

I racconti di Claudio Montini, memorie, posti, persone e profumi di Lomellina: Ponenteoggi

Una grande soddisfazione e una sorpresa meravigliosa: una recensione dal mio amico Pierantonio Ghiglione da Imperia con intelligenza passione e competenza, oltre che stile, sopraffini e impeccabili

giovedì 19 febbraio 2015

Nessuno ci invaderà, anche se a molti piace pensare il contrario


La guerra non ci sarà: non abbiamo più nulla da rubare....

 

 

di Claudio Montini    foto di Orazio Nullo

 

 

La guerra da noi non verrà, statene certi: fino a che la mafia, la 'ndrangheta, la camorra, la stidda e la sacra corona unita non smetteranno di guadagnarci, noi ci troveremo tra i piedi sempre più barconi e sempre più disperati caricati a forza sopra di essi, da sistemare e smistare sanno loro dove; quando "quelle onorate società" stabiliranno che la misura è colma, gli sbarchi cesseranno e se, per sbaglio, qualche scalmanato col tirasassi proverà a fare come Gheddafi a scagliare qualche arrugginito Scud verso Lampedusa (accadde a cavallo degli anni '80 e '90 del secolo scorso), alla taci e maci ci penseranno loro a fare la guerra al posto nostro, in modo accurato, pulito e radicale. 
Non abbiamo più nulla da rubare e rivendere per finanziare il delirio di onnipotenza che si ostinano a chiamare fede; fatevi alcune semplici domande: come mai il prezzo del petrolio da quando è comparso l'esercito del Califfato si è più che dimezzato, cioè da quando hanno preso possesso di quell'area del Vicino Oriente ( questa dovrebbe essere la corretta definizione dell'area tra Siria,Irak e Iran) ?
Dove finiranno mai tutti quegli immigrati che spariscono dai centri di identificazione o quelli che lasciano, in qualche modo, il nostro paese?  Pensate davvero che, chiuso Green Hill Research Center, non si facciano più sperimentazione su esseri viventi delle medicine che assumete giornalmente? Possibile che in Italia, e nel mondo, muoia così tanta gente giovane e sana da coprire il fabbisogno di organi per i trapianti? 
E' triste da scrivere e da pensare, anche per un vecchio soldato come me, ma la guerra serve a tutti e fa guadagnare molti sopratutto se è ben lontana dai nostri giardinetti e dalle nostre poltrone.

(c) 2015 Claudio Montini  

martedì 17 febbraio 2015

Buccellati lomellini alla moda della Jena Sabauda: con foto!!!



Buccellati lomellini

alla moda della Jena Sabauda

Ingredienti per la pasta frolla alla Jena Sabauda

250 grammi di burro
150 grammi di zucchero semolato
100 grammi di zucchero a velo
2 uova intere ( tuorlo + albume )
1 pizzico di sale fino
1 bustina di lievito per dolci
1 limone grattugiato

Ingredienti per il ripieno

500 grammi di fichi secchi
3 cucchiai da tavola di uva passa
3 cucchiai da tavola di marsala
3 cucchiai da tavoladi marmellata di arance
50 grammi di cioccolato fondente
Noci tritate q. b.  ( ingrediente opzionale)

Ecco come si fa:

Il burro deve essere a temperatura ambiente: quindi non tiratelo fuori dal frigorifero all'ultimo minuto! Più è morbido, non sciolto, meno fatica si fa ad amalgamare con le mani.
Infatti per prima cosa preparate l'impasto della pastafrolla, lavorando gli ingredienti descritti fino ad ottenere una pagnotta omogenea che lascerete riposare in frigorifero perchè, nel frattempo, scotterete i fichi secchi in acqua bollente per un minuto; dopodichè li scolerete e li farete riposare e raffreddare su un canovaccio, poi li priverete di picciolo perchè non cisiano cose dure nel ripieno.
L'uva passa si ammolla col marsala e si spezzetta il cioccolato fondente; quindi insieme ai fichi e alla marmellata si mette il tutto nel mixer o nel robot tritatutto e si da una frullata che vi renderà un composto omogeneo, malleabile e facile da stendere.
Le noci, opzionali secondo la Jena Sabauda, posso essere incorporate al ripieno in fase di triturazione o dopo, intere in fase di confezione vera e propria.
Pasta stesa e ripieno per il lungo

Munitevi di mattarello e tagliate a fette di almeno quattro centimetri la "palla" di pastafrolla; prendete la prima fetta e stendetela fino ad ottenere una striscia di 10/15 cm alta  meno di uno.
Al centro, in senso longitudinale, disporrete la purea di fichi e cioccolato e uvetta; quindi prenderete i lembi longitudinali e li chiuderete uno sull'altro, arrotolando il tutto come se fosse un salamotto.
Ora con un coltello taglierete il salamotto in tanti bocconcini di circa 4 centimetri che disporrete su una teglia ricoperta di carta da forno, avendo cura di distanziare ciascun bocconcino di almeno 2 centimetri perchè in fase di cottura essi lieviteranno.
Potete anche decorarli con incisioni sulla pasta, con zucchero colorato o bianco in granella, spennellarli con del miele o preparare una semplice glassa con zucchero a velo: vedete voi.
non vi resta che arrotolare...
Procedete come sopra, fino ad esaurimento della pastafrolla o del ripieno.
Buccellati in teglia
Pronte le teglie? 
Allora potete infilarle nel forno, preriscaldato, a 180° per 25/30 minuti; occhio che saranno pronti quando diventeranno dorati in superficie: perciò curateli, dato che sicuramente ne farete più di una teglia e quelle successive alla prima troveranno già il forno molto caldo (quindi magari cuociono prima).
Lasciateli raffreddare in luogo fresco e asciutto e, ovviamente, lontano dai golosastri: credetemi, il giorno dopo sono ancora più buoni. 
Buccellati pronti da gustare
La versione che offriamo in quest'articolo, è quella dei buccellati con cioccolato fondente fuso e spennellato caldo sopra i biscotti appena estratti dal forno, con guarnizione finale di zucchero bianco in granella...
Prendete un padellino e mettetelo a bagnomaria sul fuoco: fate fondere il cioccolato fondente avendo cura che non si bruci, caso mai abbassate la fiamma, con un pennello applicatelo sui biscotti appunto appena usciti dal forno.
Sembrerà che ci avete messo sopra la nutella...
Ultimo dato: da un chilogrammo di pasta frolla la Jena Sabauda ha ottenuto 80 biscotti: li ha fatti sabato e oggi sono quasi finiti....!!!
la 4° teglia stava per uscire...








(c) 2015  Claudio Montini e La Jena Sabauda
(c) 2015  Fotografie  di Orazio Nullo

venerdì 13 febbraio 2015

Un po' bastian contrario e un po' no...

Castello di Arenzano (Ge) ora sede del Municipio

Se Sanremo è Sanremo, Arenzano è anche meglio!




 

Non saprei dire quando sia cominciata a lievitare e consolidarsi l'importanza del Festival della Canzone Italiana che si tiene annualmente nella cittadina della riviera di ponente; ho ricordi belli e anche meravigliosi legati a questa kermesse canora, ma pochissimi legati alle canzoni che sono lì state suonate o presentate perchè, finito il festival,  in radio e in televisione passavano i soliti brani che passavano prima più quattro o cinque sanremesi ma non di più.
Se non c'era il passaparola, oppure il colpo di scena trasgressivo, o la figuraccia in eurovisione certi artisti facevano la fine dei fazzoletti di carta quando hai un'attacco di rinite allergica.
Io sono cresciuto al tempo delle prime radio private e della prima era baudiana, quella degli scaldamuscoli e delle spalline finte sotto i maglioni, quella dei vestiti in colori impossibili e in triacetato di vinile ( prodotto versatilissimo: andava bene per fare filati per tessuti così come bottiglie per la Coca Cola, passando per divani in finta pelle, suole da scarpe, paraurti di autovetture e scocche di televisori o radioloni stereo imitazione gang del Bronx), della scellerata decisione di eliminare l'orchestra e andare col playback:  Sanremo era il periodo in cui uscivano le novità discogafiche prima dell'estate e lo si guardava anche per vedere la tendenza dell'abbigliamento e delle acconciature ( oggi direbbero in una parola sola: per il look ); tutti si correva a Pavia da Radio Vittoria o da Nicola a comprare i quarantacinque giri o le cassette da consumare nei mangianastri: il long playing era roba da intellettuali impegnati e da gente con le saccocce piene di soldi.
Ma anche allora, non sapevi nulla di Sanremo e non vedevi altro che il teatro Ariston o, altra scellerata decisione tanto di tirarlo su quanto di usarlo per scopi di spettacolo, il Palafiori; qualcuno, il solito bene informato perchè imparava a memoria TVSORRISI E CANZONI  (meno appeal aveva il RadioCorriereTV), arrivava a sapere che c'era il Casinò municipale e che era nato lì il festival e che c'era il mare e un sacco di serre di fiori che venivano venduti in tutto il mondo.
Punto, basta: se invece eri appassionato di ciclismo, un mesetto dopo riuscivi a farti un'idea di che cittadina o paesone fosse e anche che il festival era relegato in un cantuccio della città, che la gente campava d'altro e magari faceva fatica come te e che le strade e le case erano un pò come casa tua, perchè i corridori della Milano-Sanremo si dannavano anima, polmoni e polpacci per scapicollarsi da una discesa zeppa di tornanti per sbucare in un viale mica poi così grande ( ehi siamo in Liguria, dopo tutto, la parsimonia è di casa...) a cercare di mettere la ruota avanti a quella dell'avversario in fuga e che ha ciucciato la tua per fregarti, inseguiti dalle motociclette della Rai con telecamera o radiocronista e sorvegliato dall'elicottero per le riprese dal cielo sopra i tetti delle case, dei condomini e delle serre.
Questa vista, di giorno, con piani americani aerei e viste anche dal mare, ti risarcivano del dubbio che Sanremo fosse una città gonfiabile o prefabbricata come le giostre smontabili e trasferibili col camion da un paese all'altro, cioè una cosa che veniva tirata su per i giorni del festival e poi smontata come un presepio laico.
La maratona televisiva di cinque giorni attuale, senza contare il corollario di televisioni locali che inzuppano il pane nella brodaglia melensa rivierasca, mi conferma l'idea del presepe laico e vuoto di magia e di fantasia: la finzione banale e la ripetizione ossessiva che rifuggivamo da ragazzi organizzando spettacoli di varietà nel teatro dell'oratorio, qui viene eletta a norma e cifra qualitativa e qualificante di uomini e donne di spettacolo, il cui compito è solo quello di rimepire i vuoti tra uno spazio pubblicitario e l'altro, quando questi non compaiono in box appositi in sovraimpressione.
Se poi stiamo a guardare anche la scenografia e le disposizioni di orchestra e cantanti....Da che mondo è mondo, gli orchestrali stanno dietro e i cantanti davanti per avere migliore resa acustica verso il pubblico in sala: gli archi devono stare sulle balle a tutti perchè li hanno confinati a Ventimiglia, i fiati e la ritmica invece a Savona col direttore d'orchestra, che sembra l'addetto al decollo sul ponte dell'incrociatore portaeromobili Cavour teso a fare segnalazioni ai caccia che si devono levare in volo, in mezzo ci sono i cantanti che alle spalle si ritrovano le paratie di un hangar della base di Cameri (No) che ospita i Tornado dell'Aviazione di Marina.
Sui canali televisivi concorrenti, si fa a gara per mandare in onda la fuffa più fuffa che c'è: per forza, poi, i percettori del canone vanno a fare i pavoni in ogni telegiornale affermando che un'italiano su due ha seguito Sanremo e avviato il bagnino di Viareggio Carlo Conti alla beatificazione televisiva (catodica non si può più dire: con tuttigli schermi piatti che ci sono in giro...).
L'unica alternativa che ci è data si riduce allo spegnimento del televisore e all'accensione del cervello: ma chi ha bisogno di evadere dalle troppe ansie quotidiane spesso cede all'oblio elettronico multicanale e, tutto sommato, a buon mercato.

(c)  2015   Claudio Montini 

giovedì 12 febbraio 2015

Dolci alternativi per Carnevale....ma anche per il resto dell'anno!

Buccellati lomellini

alla moda della Jena Sabauda



Carnevale è alle porte e poteva mancare un suggerimento per confezionare gustosi dolcetti, una volta tanto diversi dalle solite chiacchiere o bugìe o frappe che dir si voglia?
Certo che no: allora prendete nota, anzi, seguite il resto dell'articolo e poi mettevi all'opera!
Si tratta di preparare biscotti di pastafrolla ripieni che, in una casa dove i dolci si guardano e basta, possono durare anche parecchie settimane: a casa mia non succede mai.......chissà perchè???


Ingredienti per la pasta frolla alla Jena Sabauda

250 grammi di burro
150 grammi di zucchero semolato
100 grammi di zucchero a velo
2 uova intere ( tuorlo + albume )
1 pizzico di sale fino
1 bustina di lievito per dolci
1 limone grattugiato

Ingredienti per il ripieno



500 grammi di fichi secchi
3 cucchiai da tavola di uva passa
3 cucchiai da tavola di marsala
3 cucchiai da tavoladi marmellata di arance
50 grammi di cioccolato fondente
Noci tritate q. b.  ( ingrediente opzionale)


Ecco come si fa:


Il burro deve essere a temperatura ambiente: quindi non tiratelo fuori dal frigorifero all'ultimo minuto! Più è morbido, non sciolto, meno fatica si fa ad amalgamare con le mani.
Infatti per prima cosa preparate l'impasto della pastafrolla, lavorando gli ingredienti descritti fino ad ottenere una pagnotta omogenea che lascerete riposare in frigorifero perchè, nel frattempo, scotterete i fichi secchi in acqua bollente per un minuto; dopodichè li scolerete e li farete riposare e raffreddare su un canovaccio, poi li priverete di picciolo perchè non cisiano cose dure nel ripieno.
L'uva passa si ammolla col marsala e si spezzetta il cioccolato fondente; quindi insieme ai fichi e alla marmellata si mette il tutto nel mixer o nel robot tritatutto e si da una frullata che vi renderà un composto omogeneo, malleabile e facile da stendere.
Le noci, opzionali secondo la Jena Sabauda, posso essere incorporate al ripieno in fase di triturazione o dopo, intere in fase di confezione vera e propria.
Munitevi di mattarello e tagliate a fette di almeno quattro centimetri la "palla" di pastafrolla; prendete la prima fetta e stendetela fino ad ottenere una striscia di 8/10 cm alta poco meno di uno.
Al centro, in senso longitudinale, disporrete la purea di fichi e cioccolato e uvetta; quindi prenderete i lembi longitudinali e li chiuderete uno sull'altro, arrotolando il tutto come se fosse un salamotto.
Ora con un coltello taglierete il salamotto in tanti bocconcini di circa 4 centimetri che disporrete su una teglia ricoperta di carta da forno, avendo cura di distanziare ciascun bocconcino di almeno 2 centimetri perchè in fase di cottura essi lieviteranno.
Potete anche decorarli con incisioni sulla pasta, con zucchero colorato o bianco in granella, spennellarli con del miele o preparare una semplice glassa con zucchero a velo: vedete voi.
Procedete come sopra, fino ad esaurimento della pastafrolla o del ripieno.
Pronte le teglie? Allora potete infilarle nel forno, preriscaldato, a 180° per 25/30 minuti; occhio che saranno pronti quando diventeranno dorati in superficie: perciò curateli, dato che sicuramente ne farete più di una teglia e quelle successive alla prima troveranno già il forno molto caldo (quindi magari cuociono prima).
Lasciateli raffreddare in luogo fresco e asciutto e, ovviamente, lontano dai golosastri: credetemi, il giorno dopo sono ancora più buoni.

Testo: Claudio Montini & La Jena Sabauda

P.s.: Le foto non ci sono perchè Orazio Nullo ha la bocca piena di buccellati e alla Jena non piace alcuno dei suoi ritratti......
 Buon appetito!!
Claudio

lunedì 9 febbraio 2015

Domani è un'altro giorno, si vedrà!


 L'auspicio per domani






Il cielo si specchia in una pozzanghera e sembra che la terra,
questa valle di lacrime e sangue che attraversiamo precari, 
abbia finalmente preso il volo per i cancelli del cielo, 
dove le strade non hanno nome e la pelle non ha colore, 
perchè il colore è solo luce che risplende e riverbera su noi,
con noi e per noi in ogni dove e in un istante infinito.


Testo inedito (c) 2015  :  Claudio Montini                    
Fotografia (c) 2015  Pamela Moscardin shared on fb

domenica 8 febbraio 2015

Proverbio Cherokee

Proverbio Cherokee


 


Dentro di noi c'è una battaglia tra due lupi.
Uno è il diavolo.
E' la rabbia, la gelosia, l'avidità, il risentimento, le bugie, l'inferiorità e l'ego.
L'altro è buono.
Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.
E quale vince?
Quello che nutri di più.

Gustav Klimt "La Vergine"  1912