Ti racconto perchè scrivo storie di varia umanità
di Claudio Montini foto Orazio Nullo
Cara Laura,
raccontarsi è come spogliarsi davanti
allo specchio, frugando nelle tasche della vita e in quelle del
vestito che è invecchiato insieme a noi, chiamando rughe e ricordi
col loro nome ma tacendo anche del più sottile dispiacere.
Immagina che, mentre leggi queste
righe, qualcuno abbia messo sul piatto un disco degli Eurithmics, per
esempio il primo album di successo, quello che conteneva Sweet
Dreams ( are made of this ) e la puntina stia girando proprio
entro i solchi di quel brano .
Sai, io sono un figlio del secolo
scorso, il novecento del secondo millennio, quando ancora c'erano i
dischi di vinile e le cassette compatte di nastro magnetico alla
ferrite: con quegli arnesi lì, ascoltavamo e rubavamo la musica,
registrandola dalla radio o dalla televisione.
Infatti sono nato il sei giugno del
millenovecentosessantasei, sei sei sessantasei...quasi un mantra,
sotto il segno dei Gemelli: anche a non dar credito all'astrologia,
questo dato potrebbe aprire uno spiraglio significativo della
finestra, sul mio piccolo mondo, alla quale stai per affacciarti:
vedrai, o forse li hai già notati tra le righe, quali oceani
inquieti possano agitarsi e lambire spiagge sabbiose, quali venti
caldi e profumati possano scompigliare fronde di foreste boscose e
carezzare fianchi forti e scoscesi di vette perennemente innevate,
quali praterie sconfinate abbiano pensieri e fantasie per rincorrersi
e giocare a mettere in fila parole, che formano frasi, che
imbastiscono discorsi, che tirano su teatrini e storie che colorano,
addolciscono, smussano e aiutano a superare ogni fatalità, dolce o
amara che sia.
Sono nato a Pavia, ma non me ne vanto;
ho studiato a Pavia, ma non sono andato avanti tanto; ho lavorato
anche a Pavia, facendo per lo più l'operaio addetto al magazzino e
alle consegne perchè uno che come titolo di studio ha conseguito la
maturità scientifica, nel 1985, quando Rubbia correva incontro al
Nobel come le particelle che faceva collidere nell'acceleratore
sotterraneo del CERN a Ginevra, non avrebbe altra prospettiva post
diploma che la prosecuzione degli studi all'Università se, l'anno
successivo al diploma, non rimanesse orfano di padre per una malattia
curabile con un trapianto legalizzato, in Italia, soltanto sei mesi
dopo l'evento luttuoso.
Tranquilla, ho fatto pace anche con
questi fatti, dal momento che ho scritto, per Briciole
di Sogni nello sguardo, Una
passione di famiglia
in
cui parlo con lui durante un sogno veramente
vissuto.
Ho anche recitato in teatro, a Pavia,
per diciottomila spettatori in quarantaquattro repliche durante due
stagioni, come membro della Compagnia Dialettale Pavese diretta dal
compianto Cesare Volta, regista della sede Rai di Milano e
capostruttura della divisione radiofonia: aprimmo la stagione del
Teatro Fraschini per due stagioni consecutive( quando quest'ultimo
era ancora in ristrutturazione e si appoggiava al cinema teatro
Castello di piazza Emanuele Filiberto ) con lo spettacolo intitolato
Tut i mat i èn no a Vùghera
di Angelo Gambini, in cui io
vestivo i panni dell'unico personaggio che recitasse in italiano
perchè rappresentavo la prima televisione privata della città e
della provincia, fondata in una cascina di Pavia da cui prendeva il
nome ( TeleFrigirola ), subito dopo la sentenza della Corte
Costituzionale del 1976 che affossò il monopolio Rai sulle
trasmissioni televisive.
Morto Cesare, cui devo moltissimo dal
punto di vista artistico e umano perchè era un galantuomo e un
professionista d'altri tempi, ho considerato chiuso un capitolo della
mia vita e mi sono dedicato al lavoro d'autista di autobotti per la
consegna di gpl, alla lettura di romanzi storici e gialli,
all'ascolto di buona musica e alla scrittura di tutte quelle frasi
che ronzavano nella mia testa, suonando assai piacevoli e degne di
essere salvate dall'oblio; finché non ho acquistato il primo
personal computer, esse finivano dentro vecchie agende delle
assicurazioni, quaderni di scuola poco usati e quadernoni a quadretti
che scarabocchiavo fin da bimbo quando i compiti erano stati fatti
tutti e la noia riempiva l'attesa della t.v. dei ragazzi; da grande,
accadeva quando c'era del tempo da perdere e niente da vedere o da
ascoltare o altre incombenze da sbrigare.
Questa, in fondo, è sempre stata la
molla che mi ha spinto: se il mondo che ti circonda è vuoto o noioso
o ti tiene prigioniero in una bolla, riempilo con la tua fantasia e
coloralo coi ricordi mescolati alle parole che i libri, i giornali,
la radio, la televisione, il cinema, i dischi e le canzoni ti hanno
insegnato; nessuno può venire a vedere nella tua testa quale film
stai girando, quale sogno stai cavalcando, quale canzone stai
componendo o suonando: possono solo vedere gli scarabocchi che fai
sul foglio, sempre che tu abbia voglia di mostrarli.
Chi non ha questa dote o sensibilità o
inclinazione d'animo, in un battito di ciglia si burla di te e ti
prende per i fondelli, finendo per etichettarti e bollarti come matto
svitato.
Per fortuna, accade che incontri altri
come te in giro per il mondo, oppure altri che, pur avendo opinioni
diverse, sanno apprezzare il buono che c'è in ciò che li circonda:
il comune sentire aiuta a condividere il piacere immateriale delle
belle arti e del buon vivere superando differenze e diffidenze con
coraggio e prudenza e, talvolta, sana incoscienza.
Eccoti spiegato cosa voglia dire essere
nati sotto il segno dei Gemelli: riuscire a stare coi piedi per terra
seguendo il mondo nel suo perenne girare e, contemporaneamente, avere
la testa oltre le nuvole e le stelle a costruire un rifugio
confortevole da usare in caso di malinconie varie, per non cedere
alla depressione o allo sconforto; inoltre, questa dinamica
coesistenza di nature genera la spinta a cercare sempre nuove
risposte anche alle domande più vecchie, la curiosità tanto verso
le piccole quanto verso le grandi cose dell'universo cercando le
migliori parole utili a descriverle, desiderando di produrre con esse
un discorso che risulti all'uditore credibile e affascinante, leggero
e niente affatto pedante.
Dal giugno del
sessantasei al luglio dell'ottantacinque, quando mi sono diplomato al
liceo e ho tentato la carriera militare per dare un senso a quel
pezzo di carta; dal dicembre dell'ottantasei, quando mio padre è
morto senza avermi visto riuscire negli studi universitari, al
febbraio del novantatre, quando mi sono sposato, fino alle porte del
nuovo millennio in cui, sulle colonne del quotidiano LA
PROVINCIA PAVESE, quasi per gioco,
veniva pubblicato il mio primo racconto ( luglio 1999, A
Lomello una notte di mezza estate;
cui sarebbero seguiti nel 2000 Ritorno
di fiamma letale e nel 2001 Che
il blues sia con voi : tutti
contenuti in Assentarsi
per una manciata di minuti
2012 Ed.Youcanprint ) posso ben
dire di avere sognato e vissuto dolci sogni, pur avendo speso sudore
e lacrime per alcuni di loro, andando sempre in cerca di qualcosa che
desse loro un senso: esattamente come cantano gli Eurithmics
in Sweet
dreams (are made of this).
Da allora in poi ho seguitato a leggere
e scrivere, racconti e poesie, con l'intento di assentarmi per
qualche minuto ogni giorno dal logorio della vita moderna, senza
ricorrere a sostanze psicotrope.
Nel 2010 e nel 2011 sono riuscito di
nuovo a vedere pubblicati due miei racconti, sempre sullo stesso
quotidiano: Ultimo
quarto (
che
chiude Assentarsi ed
è finito in una antologia edita qualche mese dopo dal giornale ) e
Benvenuta
Teodolinda (
che fa parte della stessa raccolta ma è stato pubblicato due volte a
distanza di quindici giorni l'una dall'altra...).
Poi, alle soglie della mezza età (
ricordi? Sono nato nel sessantasei e ora, mentre sto scrivendo, siamo
in pieno duemilaquattordici: se la matematica non è
un'opinione....), mi sono ritrovato senza lavoro perchè anche
l'azienda da cui dipendevo era rimasta senza contratto.
Per qualche mese mi sono sentito come
un pinguino all'equatore, alla deriva sull'ultimo pezzo d'iceberg...
Tuttavia mi sono anche reso conto di
avere un'occasione unica: avevo il tempo di rileggere ciò che avevo
scritto e accantonato nel celeberrimo cassetto dei sogni
mostruosamente proibiti; di ristrutturarlo nella trama e nella lingua
o semplicemente ritoccarlo qua e là; magari emozionandomi e
piacevolmente sorprendendomi di aver confezionato pezzi scorrevoli,
semplici ma non banali e in una lingua italiana rispettata al
millimetro.
Così, nel sottoscala della mia follia,
si addensò il dolce sogno che ho appena cominciato a vivere e il
delirio artistico strinse d'assedio il mio subconscio con una
missione al sapore di parabola evangelica: dovevo dissotterrare la
moneta che il padrone della casa e della vigna mi aveva affidato fino
al suo ritorno, il talento che dovevo amministrare, conservare o far
fruttare e che avevo nascosto nella sabbia per paura di perderlo o
per la vergogna del giudizio altrui.
Per non fare la fine del servo fellone
della parabola in questione, mi dissi che era la volta buona per
diventare uno scrittore e campare delle mie parole stampate.
Grazie alle belle
parole di incoraggiamento di una ex compagna di liceo, che aveva già
acquistato on line la raccolta di poesie La
strategia del glicine (2012
www.lulu.com)
da un sito statunitense di autopubblicazione e dopo aver letto il
primo nucleo di racconti costituenti "Assentarsi per una
manciata di minuti" (<< Sei davvero bravo con le
parole...Allora, pensa in grande e non arrenderti mai!>>), mi
risolsi a dare il via a questa mia nuova vita con la segreta
intenzione che smettesse di essere virtuale e divenisse quella
principale.
Dopo aver tentato la via dell'editoria
tradizionale, avendone ricevuto risposte insoddisfacenti o nulle, ho
sperimentato la modalità di edizione in autopubblicazione, o
selfpublishing, trovando un'offerta assai conveniente, agile e
affatto onerosa in un'azienda specializzata pugliese.
So da me di non essere un genio della
letteratura, bensì un onesto e buon artigiano del pensiero espresso
in lingua italiana così come ho la consapevolezza di non avere
raccomandazioni o referenze da far valere, nè in ambito accademico
nè in ambiti industriali o editoriali: un'esordiente è sempre una
mina vagante e un rischio d'impresa di cui nessuno, almeno in Italia,
è disposto a farsi carico e nemmeno a dargli ascolto, perchè non
v'è la certezza che le entrate superino le uscite.
Tuttavia io volevo, nel senso più
letterale possibile, fare il mio libro senza restrizioni o ingerenze
e senza troppa spesa, con una distribuzione nazionale, codice isbn e
visibilità anche nei siti internet per la vendita di libri.
Volevo e, tuttora, voglio avere il
controllo e la responsabilità di ogni componente del libro, dalla
copertina ai contenuti, dalla carta ai caratteri di stampa, dalla
tempistica delle comunicazioni che deve essere rapida e multimediale
alla puntualità delle consegne: da Youcanprint ho avuto tutto quello
che ho chiesto a un giusto prezzo e in tempi certi e rapidi.
Infatti, mentre andava in stampa Assentarsi per una manciata di minuti, Briciole di
sogni nello sguardo aveva già pronta la metà dei racconti che
lo compongono e una mezza idea per la copertina: intanto stavo ancora
aspettando uno straccio di risposta da almeno tre editori, di cui uno
di interesse nazionale ( quest'ultimo per un solo racconto da
iscrivere a un concorso tra aspiranti scrittori, tacendo delle
clausole vessatorie da accettare preventivamente ).
Quindi, nel cuore dell'autunno 2012
erano arrivate le prime copie di Assentarsi
per una manciata di minuti che, ad aprile 2013 quando
ha visto la luce Briciole di sogni nello
sguardo,
sarebbero diventate centoventi in giro per il mondo aprendo la strada
alle altre ottanta del successivo.
D'accordo, sono numeri piccoli,
irrisori ma non insignificanti se pensi che non ho fatto alcun tipo
di promozione, fedele alla linea del costo zero, fiducioso nel
passaparola tra amici e appassionati della lettura e, ingenuamente,
confidante nel potere persuasivo di internet e dei social network;
un'errore strategico fatto in buona fede che, tuttavia, mi ha dato
grandi soddisfazioni morali piuttosto che materiali: una su tutte
quella di aver sempre piazzato tutte le copie di cui ho richiesto la
stampa usufruendo anche di sconti e agevolazioni senza, ribadisco il
concetto, essermi mai visto imporre l'imposizione d'una tiratura
minima o il riacquisto delle eccedenze.
A onor del vero, va detto che io ho
scelto l'opzione base mentre a pagamento si possono ottenere, anche
nel self-publishing, pacchetti di assistenza all'edizione e alla
promozione come farebbe un editore tradizionale: salvo, poi,
recuperarli quest'ultimo dall'autore medesimo attraverso piccole
clausole contrattuali che, sull'onda dell'entusiasmo, ogni autore
sottovaluta: tiratura minima, percentuale di liquidazione dei diritti
d'autore ceduti in toto all'editore per un numero di anni
spropositato, numero minimo di copie da vendersi per ottenerla,
obbligo di riacquisto delle eccedenze e cessione di copie personali a
prezzo di copertina e chi più ne ha più ne metta.
Se fossimo accanto a un juke box, di
quelli che trovavi nei bar fino ai primi anni ottanta del secolo
breve, quello cui appartengo per nascita, ti direi che la monetina
che ho lasciato cadere nella feritoia mi concede di selezionare altri
due brani, dopo gli Eurithmics. per accompagnare il seguito
della storia e lo scorrimento dei titoli di coda.
Uno potrebbe essere When
you see a chance (take it) di Stevie Winwood, raro
capolavoro che mescola rithm and blues, funky e dance con sonorità
totalmente elettroniche; l'altro, per finire in bellezza e per non
ripetersi, preferirei che fosse "Only
time will tell" degli Asia o anche "I
can't tell you why" degli Eagles: il primo è
l'ultimo colpo di coda del progressive rock che si fa canzonetta per
non cadere nell'oblio, il secondo è una languida e romantica e
sensuale ballata, un lentone da mezzanotte all'una ( ora canonica
nelle discoteche di una volta per le danze guancia a guancia ).
Questo digressione musicale vale solo a
dirti che tanto Assentarsi per una
manciata di minuti quanto Briciole
di sogni nello sguardo sono stati pensati come se
fossero due long playing, due album, due dischi, non già stampati su
vinile ma su carta; non organizzati in tracce o insiemi di solchi, in
cui ciascuno di noi individua un gruppo di brani favoriti, ma in
pagine riempite di parole organizzate in quindici storie ciascuno che
spaziano dalla fantascienza alla favola, dalla storia d'amore
clandestina al dramma della malattia e della discriminazione, dal
giallo poliziesco al miracolo in tempo di guerra, dall'amicizia che
conforta e incoraggia all'amore, ritrovato e mai perduto, per luoghi
e persone date troppo spesso per scontate o di basso rango cui
accadono eventi anche ai confini della realtà.
Sono racconti di persone che si
potrebbero incontrare quotidianamente per le strade dei paesi di
questa provincia pavese e italiana; sono narrazioni a loro dedicate
fin dalla scelta del registro linguistico di un italiano medio, di
facile comprensione, il migliore a mia disposizione: con
un'attenzione maniacale alla punteggiatura e alla musicalità della
frase, oltre alla sua correttezza logica e grammaticale, puntando a
un ritmo vivo e mai banale o stanco e ripetitivo fino a sfiorare la
sintesi lirica delle poesie o di alcuni riusciti testi di canzoni da
hit parade.
Queste storie hanno l'ambizione di
volersi fare ascoltare e apprezzare da chiunque sia in grado
comprendere la lingua italiana, come se fossero amici venuti da
lontano che narrano episodi che hanno vissuto e dialoghi che hanno
ascoltato: non troverai tempi al presente, come se tu fossi sul set
di un film seduta dietro la macchina da presa a controllare che i
movimenti avvengano secondo copione; né troverai dialoghi serrati,
caratterizzati e descritti come in una sceneggiatura ma leggerai,
spesso e volentieri, sintesi indirette dei pensieri e dei sentimenti
dei personaggi anche se sarai spettatore delle loro gesta o,
addirittura, loro interlocutore virtuale.
Infatti, sarà il libro stesso a
prenderti per mano, sin dalla copertine elaborate da Orazio Nullo
(fantastico personaggio che meriterebbe un libro solo per descriverne
le qualità), conducendoti attraverso il suo mondo cartaceo e
cerebrale cui io ho prestato parole, sogni e segni di punteggiatura
mentre Orazio, letto il titolo e qualche racconto ( a volte anche
tutti, invitandomi spesso a rileggerli con spirito critico affinchè
anch'io cogliessi sbavature, incongruenze e punti deboli delle trame
onde porvi rimedio ), scelte con cura le immagini e i caratteri
tipografici, mescolato ma non agitato il tutto, lo ha vestito con
livrea sobria, elegante senza boria e accattivante ma efficace
semplicità.
Esattamente come sono tutte loro,
quelle scritte e quelle ancora da scrivere: perchè le storie girano
nell'aria che respiriamo, come i profumi delle stagioni effimeri e
instancabili; altrettanto fanno nelle teste delle persone, così come
nella mia, nutrendosi di realtà e di sorrisi, di lacrime e di
sangue, di fiato sprecato e buone parole, di sogni bambini e attese
deluse.
Ma non sono solo lavori di fantasia,
perchè la vita ci mette molto di suo nel superare, nel bene e nel
male, l'immaginazione: sovente oltre o contro le nostre aspettative.
Dunque, tocca a noi artigiani delle
invenzioni fatte di parole mettere ordine al caos apparente: dobbiamo
afferrare queste storie e plasmarle in racconti, per non vederle
disperse nella polvere cui siamo destinati, così che possano
consolarci, distrarci, elevarci e liberarci dalle zavorre quotidiane.
Arrivano quando pare e piace a loro,
non hanno molta pazienza come se avessero la vita breve delle
farfalle e, se non le scriviamo subito, volano via a morirsene
altrove; ma se riusciamo a fissarle sulla pagina, esse prenderanno le
tue angustie e le mie ambizioni nutrendosene per prendere corpo e
vivere ogni volta che leggerai le pagine che abbiamo confezionato,
regalandoti una innocua pausa o una tregua, se preferisci, alla lotta
per la sopravvivenza.
I racconti che ho scritto e composto in
Assentarsi per una manciata di minuti
e in Briciole di sogni nello sguardo
mi illudono di viaggiare una spanna sopra le teste di tutta la gente
che mi circonda, mi illudono di provare le stesse emozioni che, a
loro volta, hanno vissuto Ernest Hemingway, Cesare Pavese, Elio
Vittorini, Carlo Cassola o Italo Calvino rileggendo i loro romanzi
prima di licenziarli per la stampa; mi illudono, infine, che io possa
trasformare ciascuno di loro in un romanzo: ma, per ora, lo considero
un'impresa superiore alle mie capacità.
Scrivo racconti perchè non lo fa
nessuno e perchè sono più “gestibili”: li puoi lasciare e
riprendere senza perdere il filo del ragionamento e non devi armarti
di palinsenti e strutture per programmare lo svolgimento della storia
in relazione ai personaggi, che pur essendo già dotati di una loro
fisionomia devono essere fatti evolvere a seguito degli sviluppi.
In una novella, considerando solo un
breve scorcio di vita delle persone così come degli oggetti, se
venisse a mancare l'ispirazione, non succede niente: basta fermarsi e
saper aspettare che dal vortice di cui ti ho parlato si sfili il
refolo giusto, quello che riannoda i fili e distende nuovamente la
trama.
E' vero che sono un sognatore coi piedi
per terra, ma non ancora sufficientemente disciplinato da potermi
considerare un romanziere: mi considero un raccontatore di storie
lievemente anarchico.
Eppure sogno, perchè sognare è ancora
un'attività gratuita ed esentasse, di campare dignitosamente delle
mie parole stampate.
Sono infatti convinto che, prima
precipitare dal paradiso in questa valle di lacrime, ci venga data
una moneta che cambierà la nostra vita perchè essa sarà la cosa
che sapremo fare con maggior naturalezza, come se fossimo nati con
quella specifica missione nel sangue.
Ma, durante il volo, la moneta ci casca
dalle mani e si conficca chissà dove nel terreno: così passiamo la
maggior parte del tempo che ci è concesso a cercare di ritrovare
quella dote primigenia: c'è chi canta, chi gioca bene al pallone,
chi sa promettere e non mantenere, chi guarisce la gente ( o almeno
ci prova ), chi sa fare bene all'amore, chi scrive belle cose da
leggere e chissà quant'altro.
Tutti siamo stati dotati di qualcosa
che passiamo la vita a cercare, quella cosa esatta che faccia bene a
noi e agli altri senza fare del male a nessuno: hai visto mai che io,
scrivendo, abbia ritrovato la mia monetina?
Only
time will tell cantavano gli Asia negli anni
ottanta del secolo breve, il frenetico Novecento, rispondendo,
inconsapevolmente immagino, all'interrogativo manzoniano che chiudeva
il celeberrimo Cinque
Maggio, epitaffio dell'epopea
napoleonica: << Fu
vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.
>>
Se
le dici, volano; se le scrivi restano.
Se
le pensi tutte insieme,
Dipingono
e svelano le mille facce
D’ogni
cantuccio d’universo,
Dove
un accento o un aggettivo
Cantano
il bello o il cattivo tempo,
Lasciando
briciole di sogni nello sguardo.
( Claudio
Montini da La
strategia del glicine
-
2012 )
Questo sono le parole: Orazio Nullo ed
io abbiamo giusto cominciato a crederci...e tu?
Claudio
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