mercoledì 30 gennaio 2019

Imparare, di nuovo , ad aspettare il proprio turno


Speranze tradite
di Claudio Montini

Domani è un altro giorno, si vedrà: oggi è già il passato, la distanza tra ieri e le mie spalle non la misuro in metri oppure in ore perché è già storia remota, immutabile, pronta per essere dimenticata e neppure buona per condire le insalate di aneddoti da reduci di cui amiamo pascerci. Sarà la stessa cosa per gli sconosciuti prigionieri di una nave in mezzo al mare, per gli sconosciuti che si arrangiano sotto un ponte o un androne o un corridoio di stazione con una coperta di cartone, per chi veglia le macerie di una casa o di una vita rese ancora più dolenti e intollerabili dall'indifferenza e dall'ignavia di burocrati meschini e ottusi, per chi incontra la malattia sul suo cammino e vede, progressivamente, svanire ogni presenza e ogni risorsa dello Stato intorno a sé, come se fosse un peso morto di cui questo vuole a tutti i costi liberarsi, mentre finge di tendergli una mano perché nell'altra porta roncole e forbici e lenti d'ingrandimento e lacci. Sarà lo stesso anche per chi la fa franca, per chi ruba uno stipendio insinuandosi tra le pieghe e le smagliature della legge, per chi uccide per un capriccio egoista di infante mai svezzato, per chi vende veleno spacciandolo per una porta del paradiso, per chi monetizza la vita e le disgrazie altrui. Eppure io mi sento inutile per non essere riuscito a migliorare la vita delle persone cui voglio bene, per non sapere come affrontare questo maledetto domani che non scopre mai le sue carte e ti chiude tutte le porte in faccia, per essermi arrabbiato con chi non ha colpa del suo stato e del fatto che non si rende conto del lavoro oscuro portato avanti affinché tutto sembri normale. Sì, sono stanco e comincio a invidiare tutti quei nomi appesi al muro, quelli che loro stessi non leggeranno più, quelli che sono andati non si sa dove e neppure a fare cosa, quelli che non sono mai tornati a dirci com'è perché (probabilmente) è talmente bello il posto dove sono che non vale la pena perdersene alcun istante. Dovrò imparare, di nuovo, ad aspettare il mio turno.

©2019 testo di Claudio Montini
©2017 Immagine di Orazio Nullo "Betrayed hopes" Atelier des pixels collection

sabato 26 gennaio 2019

Arrivederci alla fine del mio tempo: ciao, mamma!




Elda Callegari Montini
(Pavia, 20 Luglio 1936 – Pavia, 20 Gennaio 2019)

Scusate se è poco


Ho fatto tutto quel che ho potuto
vivendo il tempo che mi Ha dato
secondo quanto mi hanno insegnato.

Una salita e poi una discesa,
un guadagno contro una spesa:
chi ha giudizio, alla fine, lo usa.

Al quieto vivere ho aspirato,
apparendo a volte indecisa;
un sol uomo e quattro figli ho amato
badando all'ordine della mia casa.


©2019 testo di Claudio Montini – foto di Alessandra Montini

Mi sono interrogato sull'opportunità di pubblicare questo commiato, dopo averlo scritto un alba di qualche giorno fa, ancora in pigiama. Mi sono risposto soltanto oggi, rendendomi conto che è l'unico modo in cui avrei potuto lasciarla andare e anche che è l'unica ragione che giustifichi l'assenza di tristezza nel mio animo: ho la certezza istintiva che lei sia in buona compagnia e non abbia più nulla da temere, accompagnata tra le braccia di Colui che ha sconfitto la morte grazie all'uomo che ha amato e con cui ha dato il via alla mia vita. Dopo di me, ne hanno avviate altre tre e tutti quanti abbiamo fatto il possibile perché il loro cammino in questa valle di lacrime fosse il meno disagevole possibile: missione compiuta, credo, così come sono certo che non smetteranno di vegliare o soltanto di pensare ai loro Claudio, Alessandra, Michele e Paolo.
Claudio Montini