mercoledì 29 giugno 2016

In diretta, dalla seconda stella a destra...

Silvia Cattenone (1975 - 2013)

Scherzi dal destino ne ho patiti tre di troppo,
Invano, ad occhi chiusi, ho atteso la fine dell'incubo.
Lasciate la tristezza fuori dalla porta a recriminare,
Vogliatevi bene senza domandare come andrà a finire:
Io, ora lo so e lo sento:l'amore non si perde, si trasforma.
Anche se sono fuori dalla Storia, vivo nella vostra memoria.


In cinque anni, Silvia ha sconfitto un sarcoma osseo, senza subire nessuna amputazione, e un tumore ad un polmone ma si è dovuta arrendere alla leucemia lasciando un figlio, che era la luce dei suoi occhi e la sua ragione di vita, ma anche una marea di amici che non l'hanno mai abbandonata nè si sognano di dimenticarla.
Il giorno di San Giovanni Battista c'è chi ha festeggiato il solstizio d'estate; a Lomello, a tre anni da quel triste sabato di settembre, gli amici di Silvia hanno festeggiato il ricordo dei suoi luminosi sorrisi che ha dispensato fino all'ultimo, come si vede nelle foto di copertina del libro di Elena Secchi, A CUORE APERTO ed. Selecta (2014), che racconta, più con stupore che con rassegnazione, l'epilogo della vicenda terrena di Silvia Cattenone volata a far risplendere un po' di più la seconda stella a destra.
Elena, madre a sua volta e fisioterapista, è stata molto di più per Silvia e viceversa; lo avevano scritto anche in un'altro libro, AD OCCHI CHIUSI  uscito circa tre anni prima, in cui raccontavano a quattro mani le peripezie per uscire dal tunnel delle due malattie potenzialmente esiziali, ma anche della enorme risposta di solidarietà della gente che aveva avvolto e sostenuto la giovane mamma di Lomello.

(c) 2016 Testi di Claudio Montini  -  Foto Google Images Database

lunedì 27 giugno 2016

Ho visto uno sconosciuto nello specchio

UNO SCONOSCIUTO NELLO SPECCHIO 

di Claudio Montini


Ho cinquant'anni e tanti sogni ancora nel cassetto, le tasche piene di rimorsi e di biglietti scaduti, sono lentamente scivolato nel guano ma, grazie a Dio o chi per esso, riesco a galleggiare seguendo la corrente e tenendo il mento due dita sopra la superficie. Sono in una cloaca? Che ne so...qui è buio pesto o, al più, penombra crepuscolare e in ogni caso la fine di questo tunnel ancora non da segni di sè. Mi faccio coraggio da solo: che altro potrei fare? Non smetto di pensare e di costruire ponti per il futuro: in fondo, non è la stessa cosa che fanno quelli che non si arrendono al cancro che li divora e si fa beffe dei medici e delle loro contromisure? Non smetto di farmi domande e di cercare risposte, di desiderare e di immaginare perchè nella mia testa, nel mio cuore, nella mia anima nessun essere umano può ficcare il naso: è lo spazio infinito, l'universo se preferite considerare le quattro dimensioni fisiche del tangibile, racchiuso in un piccolo e finito e fragile contenitore in moto perpetuo di sfida ai suoi limiti. 
Considerate, adesso, un poeta che non conosce la metrica ma è affascinato dal suono delle parole, dalle immagini colorate che costruisce con esse, dal ritmo incalzante delle rime baciate o alternate e dalle circonvoluzioni che la lingua e il pensiero devono compiere per non spezzare l'incantesimo, il respiro o un batticuore; poi, fate lo stesso con un pittore che non sa disegnare ma gioca coi colori e le forme geometriche che come fotografo non sa o non riesce a catturare perchè ha soltanto un telefono cellulare, un solo computer e due mani e due occhi per combinare pasticci che, un domani, qualcuno scambierà per arte provando persino a darne qualche interpretazione; infine, dovete per forza incontrare il più solo e il più matto di tutti: uno scrittore che non si sente degno di tale titolo perchè cerca, immagina e scrive soltanto le storie che gli sarebbe piaciuto ascoltare, leggere, vivere lasciandosi però trascinare dai propri personaggi altrove rispetto agli scenari e alle destinazioni che aveva pensato per loro.
Tipi bislacchi fatti a codesto modo, li avrete senz'altro incontrati qua e là nella teoria dei giorni che hanno segnato le vostre tempie e caricato pesi sulle spalle; però, sono altrettanto sicuro che raramente vi possa essere accaduto di scorgerli riuniti e compressi nella stessa persona, così come sono sicuro che ben pochi di loro scrivano su un blog pensando di esorcizzare la paura di aver visto uno sconosciuto riflesso nello specchio del bagno, dell'armadio o di una vetrina.

(c) 2016 Testo di Claudio Montini  (c) 2014 Foto di Orazio Nullo "Shadow sunset" 

Coscritti 2016 cinquantesimo


Festa dei coscritti di Zinasco, Sairano e Mezzana Rabattone della classe 1966.
Foto di Claudio Montini
Montaggio Orazio Nullo 
Sound Track AUUDIONAUTIX  "Crushin"
(taken from youtube collection)

venerdì 24 giugno 2016

Il continente è isolato (BBC weather report service)

Biciletta italopatriottica
Foto di Orazio Nullo 2016 
A proposito di Brexit...

di Claudio Montini

Guardare al dito è più facile che guardare alla luna: in quelle lande, parecchi paralleli a nord del nostro, il voto è ancora una cosa seria e si fa per testa. Piaccia o no, venticinque secoli fa dalle parti di Atene funzionava così e pare che sia l'unica cosa, dittature a parte, che funziona ancora egregiamente ma essendo cosa fatta dall'uomo come dice mio cognato, che è un valente meccanico di mezzi ruotati germanici e poco gli importa dei codici della perfida Albione e dei maneggi in Bassa Sassonia, questa cosa è soggetta a imperfezioni e a rotture (anche di zebedei) spesso imprevedibili. Fuorchè alla morte, a tutto v'è rimedio...anche a Maastricht, a Schengen e alla Brexit!

giovedì 23 giugno 2016

La Fata Turchina metta in moto la macchina del tempo aiutata dai Depeche Mode


A ritroso nel tempo con la Fata Turchina e i druidi elettronici britannici

di Claudio Montini




Fata Turchina, con la bella faccia di Gina Lollobrigida, con una bacchetta argentata e la formula sillabata in rima baciata, fai l'incantesimo giusto e portaci indietro agli anni ottanta del secolo breve. Questo mondo che non riesce a stare più insieme, in cui un povero gode a vedere soffrire un'altro povero e non fa nulla per aiutarlo, in cui non conta chi sei ma quanto hai o quanto puoi spendere, in cui tutti voglio andare via o andare contro qualcosa ma non sanno nemmeno dove e perchè, pigliandosela con la prima cosa che gli capita a tiro e non può difendersi: tutto questo non mi piace, non lo sopporto, non lo voglio più. Sì, bella fatina: riportaci la dove abbiamo cominciato a sbagliare senza essere perdonati, senza passare dal via e ritirare le diecimila per mangiare un giorno (come avrebbero poi cantato gli Audio 2); riportaci a quei giorni che non finivano mai come le sigarette scroccate agli amici o i gettoni per sussurrare imperiture stupidaggini da un capo all'altro dell'Italia, che vinceva i mondiali di calcio e gli europei di basket ma si dimenticava ancora le bombe sui treni degli emigranti che tornavano a casa per le feste. Riportaci fatina alla nostra vecchia moneta e al profumo dei gelsi nei viali della mia città, all'odore dei dolci e alle canzoni da ballare che ascoltavamo dalle giostre prima che alla radio.Sì, bella fatina: riportaci la dove abbiamo cominciato a sbagliare senza essere perdonati, senza passare dal via e ritirare le diecimila per mangiare un giorno (come avrebbero poi cantato gli Audio 2); riportaci a quei giorni che non finivano mai come le sigarette scroccate agli amici o i gettoni per sussurrare imperiture stupidaggini da un capo all'altro dell'Italia, che vinceva i mondiali di calcio e gli europei di basket ma si dimenticava ancora le bombe sui treni degli emigranti che tornavano a casa per le feste. Riportaci fatina alla nostra vecchia moneta e al profumo dei gelsi nei viali della mia città, all'odore dei dolci e alle canzoni da ballare che ascoltavamo dalle giostre prima che alla radio; alle incognite sul futuro e alla lavagna, ai sogni di un ufficio sulla Luna e una villa con piscina in campagna dove spedire consorti e marmocchi, per spassarsela in Brasile o in Gran Bretagna. Ma sei invecchiata anche tu, prima di noi, e gli incantesimi non funzionano più, le tasche son vuote, le giubbe sdrucite: vedi anche tu cosa ci tocca inventare per continuare a sognare, per continuare ad aspettare, per continuare a vivere...finchè morte non ci separi!

(c) 2016 Testo Claudio Montini; 
 Video e foto condivise da youtube.com 

mercoledì 22 giugno 2016

Ora tocca a voi: buon lavoro, nuovi sindaci!

Arenzano (Ge): Municipio
Buon lavoro ai nuovi sindaci

di Claudio Montini

I verdetti emessi dalle urne elettorali, laddove in Italia per un perverso meccanismo altamente democratico si è giunti all'espressione di un primo cittadino col metodo del ballottaggio, al netto di tutte le elucubrazioni e dei salti mortali logici e verbali degli addetti ai lavori, hanno manifestato con imbarazzante chiarezza concetti e dati di fatto che sorprendono soltanto coloro che credono ancora alle favole strillate da un balcone, da un podio radiotelevisivo o, al limite da un pulpito o da un predellino. Nel settantesimo anniversario della ritrovata libertà elettorale, del ritrovato diritto di esprimere il personale orientamento politico, della ritrovata opportunità di fare la differenza cioè di non essere solo un numero nella massa, quasi la metà degli italiani che godono di questi diritti e hanno facoltà di avvalersene se ne sono bellamente e belluinamente infischiati illudendosi che la loro astensione potesse fare in qualche modo arrecare danno o indurre a una contrita riflessione sul proprio operato quella classe dirigente che si ostina a volerli amministrare, forse per attaccamento alla poltrona e alle prebende dovute a chi occupa la stanza dei bottoni o forse per folle amor di patria, blandendoli continuamente con roboanti promesse di fiumi di latte e miele e giardini dell'Eden per gli accodati al carro giusto. Proprio questi, non mancando all'appuntamento elettorale, avranno determinato la vittoria di quelli che non ti aspetti, che guai a votare quelli perchè si finirà dalla padella nella brace, che comunque sono tutti uguali: intanto, che ti piacciano o meno, che siano furbi oppure cretini, che siano simpatici o antipatici, comanderanno e saranno responsabili anche della tua vita, si faranno i fatti tuoi e stabiliranno regole che dovrai rispettare; se faranno cose buone, certo, sarai pronto a vantarti e a salire sul carro del vincitore, mentre se prenderanno cantonate sarai pronto a dirne peste e corna: quanto vorrei essere lì a vedere se qualcuno dei tuoi compagni di merende avrà mai il coraggio di zittirti e farti vergognare della tua ignavità e della tua pavidità, rammentandoti che non sei stato capace di fare la differenza nemmeno con una matita e un pezzo di carta in mano.
Le dichiarazioni dei neosindaci, che a giorni entreranno nel pieno della loro carica, sono tutte improntate alla visione ecumenica e alla gestione magnanima dell'esercizio del potere ovvero saranno, o meglio, proveranno ad essere il sindaco anche dei sostenitori dei propri avversari, sempre che questi glielo consentano, ottenendo così di mascherare una prima retromarcia e di trovare un capro espiatorio a buon mercato. Verosimilmente, faranno quello che potranno al meglio delle loro capacità, nel bene e nel male, se non si faranno travolgere o sconvolgere dalla complessità della macchina burocratica, dalle meschinità dei singoli ingranaggi e dagli intrecci poco adamantini che politica e malaffare tramano e ordiscono nelle segrete stanze dei palazzi che governano le comunità e i consorzi umani. Allora, che siano donne o uomini, neofiti o scafati condottieri di partito, non importa: a loro possiamo e dobbiamo soltanto augurare buon lavoro; a noi dobbiamo augurare che lo facciano dimenticandosi la tessera del movimento o del partito che li ha portati lì, che prevalgano la dignità e l'amor proprio e l'amore per la propria terra e per il prossimo che ci abita accanto: così l'Italia potrà rinascere più bella di prima.

(c) 2016 Testo di Claudio Montini (c) foto 2011 Orazio Nullo

martedì 21 giugno 2016

Una crostata per l'estate! In cucina con la Jena Sabauda - Radio Patela Magazine

UNA CROSTATA PER L'ESTATE... MA NON E' QUELLA DELLA FOTOGRAFIA: E' MOLTO PIU' BUONA!

di Jena Sabauda

Solstizio d'estate per l'emisfero boreale che la vostra Jena Sabauda di fiducia festeggia proponendo una crostata con le pesche, assai prelibata.
Ecco la lista della spesa:
  • 500 grammi di farina bianca di grano tenero
  • 250 grammi di burro morbido (se lo lasciate fuori dal frigorifero si ammorbidisce da sè, altrimenti una trentina di secondi nel forno a microonde...et voìla!)
  • 250 grammi zucchero semolato bianco
  • 2 uova intere di gallina (al solito, i gusci non servono)
  • 1 bustina di lievito per dolci (16 grammi circa)
  • 1 pizzico di sale
  • La scorza grattugiata di un limone
  • 4 pesche mature (quelle che avete in casa o quelle che più vi piacciono)
  • 3 o 4 cucchiai da tavola di zucchero di canna
  • 2 o 3 cucchiai da tavola di marmellata di pesche
  • 100 grammi di amaretti secchi
Per prima cosa, preparate un panetto di pastafrolla impastando con vivo entusiasmo la farina, le uova, il burro, lo zucchero, sale, lievito, scorza di limone; quindi lo metterete a riposare per un'ora almeno in una ciotola ricoperta con la pellicola per uso alimentare.
Intanto, sbucciate le pesche, tagliatele a grossi tocchetti, spolveratele con tre o quattro cucchiai da tavola di zucchero di canna e cuocetele, nel forno a microonde o in un tegamino, per 5 minuti come se dovessero caramellare ma senza perdere consistenza. Nel frattempo, sbriciolate gli amaretti secchi e aggiungeteli alle pesche già cotte proseguendo la cottura per altri 5 minuti; al termine, aggiungete al composto 2 o 3 cucchiai da tavola di marmellata di pesche, amalgamate e lasciate raffreddare il tutto: otterrete una super marmellata rinforzata! Siete giunti al momento di occuparvi della stesura della pastafrolla: prendete tre quarti del panetto e spianatelo con il mattarello in maniera sufficiente a foderare le pareti e il fondo della teglia che avrete scelto, imburrato e infarinato; ora il contenitore di pasta frolla è pronto ad accogliere le pesche cotte e ad occupare uniformemente la superficie a disposizione.
Con l'ultimo quarto di pastafrolla, opportunamente steso, realizzerete dei dischi aiutandovi con un bicchiere e poi li deporrete a decorazione della torta (sia chiaro che se preferite fare delle strisce o delle altre figure geometriche, la Jena Sabauda non pone limiti alla vostra personale fantasia!).
Ecco: una spolverata di zucchero bianco semolato e infilate la torta nel forno a 180°C per 25 o 30 minuti, a seconda anche di cosa vi suggerisce il vostro occhio e la prova stecchino.
Questo è un dolce adatto a tutti, da offrire con un buon caffè o dell'ottimo the; per i più piccoli andrebbe accompagnato da un bel bicchiere di latte di mucca prchè le bevande con le bollicine, a loro tanto familiari e gradite, di zucchero e coloranti ne hanno già fin troppi. Buon appetito dalla Jena Sabauda!

© 2016 Testo e ricetta di La Jena Sabauda
© 2012 Foto di Orazio Nullo

venerdì 17 giugno 2016

UNA NOTTE IN ITALIA - IVANO FOSSATI.avi



In questa notte in Italia, aspettiamo tutti un eroe che ci venga a salvare dalle nostra poca fortuna e dalle paure che ci portiamo appresso e tingono di nuvole grigie e buie l'orizzonte.
Ho cinquant'anni e ancora tanti sogni da realizzare: ho bisogno di tante altre notti in Italia.
Claudio Montini

mercoledì 15 giugno 2016

Poesia d'amore dimenticata come la donna cui era destinata


Laghi di carbone

di Claudio Montini


Mille e mille anni or sono
La stella più bella del firmamento
Percorse l'universo intero
Per vedere quanto poco bastasse,
All'Amor che muove cieli e terre,
Per manifestar la sua tenera potenza:
Medesima è la luce che infiamma
La mia anima inquieta,
Quando lo sguardo incrocia al largo
dei tuoi ridenti laghi di carbone
e lì affonda, inebriato e rapito,
per tanta grazia e sinuosa bellezza.

(c) 2009 Testo di Claudio Montini
(c) 2012 Google Images Database
             dipinto di  Amedeo Modigliani 

martedì 14 giugno 2016

Giornata mondiale dei donatori di sangue

Nella giornata mondiale dei donatori di sangue, cade anche l'anniversario della nascita dello scopritore dei gruppi sanguigni e del fattore "Rh" insieme ad Alexander Wiener nel 1940: Karl Landsteiner nasceva il 14 giugno 1868 in Austria. La scoperta, anzi, le scoperte del fisiologo e biologo, nato austriaco ma naturalizzato statunitense nel 1929, furono conseguite nel 1900 (scoperta dei gruppi A, B, zero) e 1902 (gruppo AB) e nel 1930 gli valsero il premio Nobel per la medicina.
In omaggio a lui e a tutti i donatori di sangue ripubblico una creazione di Orazio Nullo per gruppo donatori di Mede Lomellina (PV) dedicato a due donatori di lungo corso che, ora, per problemi di salute piuttosto gravi non possono più donare ma potrebbero averne bisogno: sono miei amici e io prego anche per Celestina e Lino che hanno composto le rime che di seguito trascrivo.

Essere donatore è donare la vita!
E' donare amore in un istante.
E' un grande gesto, un piccolo sacrificio 
Che ti fa sentire "un mito"!!
E' dare, a chi ne ha bisogno, qualcosa di te.
Ti sentirai appagato al solo pensiero
Di una persona a cui la vita hai salvato.
Allora che aspettate? Donate siatene fieri!
Doniamo a più non posso,
Con un sorriso e un abbraccio grosso.

Celestina Premi in Destro

(c) Testi di Celestina Premi e Claudio Montini
(c) Foto di Orazio Nullo (fonti Google & Wikipedia)

lunedì 13 giugno 2016

Letti & piaciuti: LA BAMBINA CHE NON SAPEVA PIANGERE di Elda Lanza (Salani, 2015)

PARTIRE PER MERITARSI IL RITORNO: NAPOLI E' L'ITACA DI MAX GILARDI


di Claudio Montini



Ci sono e si saranno tanti modi per definire il concetto occidentale con cui si indica l'esistenza biologica e spirituale degli esseri umani in ordine alle implicazioni dovute alle relazioni e agli scambi interpersonali, alle emozioni e agli affetti che generano e provocano, alle presenze o alle assenze della ragione o del suo contrario.
Un romanzo, seppur d'amore con un morto, come LA BAMBINA CHE NON SAPEVA PIANGERE di Elda Lanza (Salani Editore, 2015) è una mirabile, geniale, elegante, affascinante ed intelligente invenzione che insegna divertendo moltissime cose sull'argomento detto; ci riesce con la leggerezza e la spensieratezza di un passatempo, tanto che nemmeno ci si rende conto delle quasi quattrocento pagine e degli oltre cinquanta capitoli in cui si articola la quinta avventura di Massimo Gilardi, avvocato napoletano già stato commissario di pubblica sicurezza a Milano, e della squadra che con lui evoluisce fino a cogliere il bandolo di matasse ben ingarbugliate, anche quando esse sembrano essere figlie di casi di apparente lampante soluzione.
LA BAMBINA CHE NON SAPEVA PIANGERE è una donna cui sin dall'infanzia è stato imposto di reprimere lacrime e sentimenti, parecchio maltrattata dal destino e dalla vita, che viene ritrovata a casa del padre, uscito dalla sua vita alcuni decenni prima, col suo cadavere sanguinante tra le braccia e la pistola "calda e fumante" a poca distanza da sè sul pavimento del salotto; viene arrestata nonostante lo stato confusionale e la contemporanea crisi isterica post traumatica, tanto acuta da ridurla a uno stato tra il catatonico e il neurovegetativo, e viene ricoverata in attesa di giudizio in una struttura napoletana specializzata nell'assistenza a questo genere di pazienti. Insomma, non può difendersi e non può dare la sua versione dei fatti: tanto basta a stuzzicare l'innato istinto per la giustizia che alberga in Massimo Gilardi, stimato e valente principe del foro partenopeo, non ufficialmente specializzato nella soluzione di casi disperati e complicati con cui cavare dai pasticci i poveri cristi dai più designati come come capri espiatori.
Non è un cavaliere errante dispensatore di giustizia per deboli e nemmeno un raddrizzatore di torti: è un uomo dotato di certezze e di debolezze come tutti gli altri ma che non smette mai di seguire virtù e conoscenza, come l'Ulisse cantato da Dante nella Divina Commedia; viaggiando su questi due binari, indagherà e farà interrogare dai suoi collaboratori una serie di personaggi eterogenei, magistralmente stilizzati e caratterizzati da Elda Lanza, i quali, senza perdere mai di vista i propri interessi, disegneranno un ritratto di Gilla Floris, presunta assassina per caso, sufficiente a Max Gilardi per girarsi e vedersi un film nella testa riguardo alla dinamica dei fatti e al movente.
L'autrice lo proietta anche per noi sullo schermo di un apposito capitolo con cui ci fa sbirciare nel mondo segreto del coma vigile dell'imputata: ma nel successivo, emerge un piccolo dettaglio, un particolare, un lascito di un episodio del passato sul corpo di Gilla, notato e ricordato persino dalla figlia Carolina eppure sottovalutato da tutti, che bollerà e casserà come fantasiosa e infondata ogni congettura (anche quelle fin lì fatte dai lettori); prenderà corpo un nuovo quadro della dinamica dei fatti che consegnerà all'avvocato difensore la verità da ratificare nel dibattimento processuale, ovvero quella che scagiona la sua assistita.
Poichè la vita non è soltanto fatta di virtù e conoscenza, ma anche di istinto e sensazioni con attrazioni più o meno fatali e relazioni più o meno clandestine, scorrendo essa nonostante noi e le nostre convinzioni, ecco che dalle indagini sorge e si salda e cresce l'altra elica che compone il DNA de LA BAMBINA CHE NON SAPEVA PIANGERE e che fa capolino dal sottotitolo di questo bel romanzo di Elda Lanza, novantenne di belle speranze con un passato di conduttrice televisiva, giornalismo e docenza universitaria nell'ambito della storia del costume: romanzo d'amore con un morto.
Durante la lettura, si assiste alla nascita e ai primi passi di una storia d'amore tra adulti consenzienti ma, in controluce, si intuiscono molti altri tipi di amore ciascuno a modo suo complicato dalla natura e dalla psicologia dei personaggi che l'autrice rende vivi e unici con felice, leggero e garbato tratto di penna e un sapiente uso della lingua italiana e della sua punteggiatura.
L'evoluzione della cifra stilistica è tale per cui, senza scadere nella volgarità o nel parodistico, si "vedono" i personaggi con le loro fattezze, espressioni e movenze sin dal modo di esprimersi nel dialogo così come accade per le scne in cui sono coinvolti, travolti dalle passioni o dagli eventi; il ritmo della narrazione è incalzante e fluido al tempo stesso grazie a capitoli ben definiti e non lunghi, dialoghi serrati e poco inclini all'eccesso insieme a descrizioni precise ma essenziali affinchè resti sempre ampio spazio di manovra per il cervello del lettore.
Così viene stimolato l'impulso a seguire l'evoluzione del viaggio di Max Gilardi sempre partito per meritarsi il ritorno e la sua Penelope perchè ogni uomo, anche se non si muove dalla propria sedia, parte e qualche volta ritorna per meritarsi un posto (per sentirsi vivo, come avrebbe sostenuto Pavese), per meritarsi un'affetto o una donna che, in ogni caso meglio d'una moltitudine di uomini, sarebbe sempre in grado di costruire ponti tra passato e futuro senza distruggere adattandosi alle pieghe del destino.
Esattamente come ha fatto Gilla insegnando a piangere a sua figlia Carolina per liberare il cuore dai pesi che inevitabilmente si accumulano; come farà Paola, intuendo la fine del matrimonio con Max però trasformando l'amore che aveva ancora da dargli in armonia e affetto per la famiglia allargata, come si usa dire oggigiorno; come fa, con grande senso pratico Olga, optando per il pendolarismo affettivo tra Toscana, casa degli affari, e la Campania, casa del cuore, per non rinunciare a sè stessa e al suo passato e per vivere il suo presente arricchito dall'amore senza invadere spazi non suoi, cioè presentandosi ai figli di Max e Paola come una nuova zia.
L'Ulisse partenopeo ha superato davvero le colonne d'Ercole, senza cascare dall'orlo dell'Oceano: è tornato tra le braccia della Penelope toscana scoprendo che il cielo è azzurro sopra Napoli e, forse proprio da lì, tutto può ripartire ricominciando ad amare anche con il cuore, non solo con la testa.

© 2016 Testo di Claudio Montini - foto di Orazio Nullo



domenica 12 giugno 2016

Per il giubileo della regina Elisabetta II da "Camere ammobiliate per viaggiatori immaginari"

Guglielmo




di Claudio Montini


La corsa del guerriero ricoperto d'acciaio e d'oro si arrestò sulle alte spalle della terra che gli presentò il mare, infinito e instancabile e inarrestabile.
I suoi baci e gli abbracci, le carezze e gli schiaffi di schiuma bianca sulle rocce e sugli scogli avevano modellato, nel corso dei millenni, la linea, ora sinuosa ora frastagliata, della terra che l'uomo aveva conquistato al prezzo del sangue di troppi innocenti.
Quel sangue ora sembrava cedere il suo colore alla luce del sole, uno spicchio incandescente appena spuntato là dove cielo e mare si toccavano: solo allora, il guerriero si rese conto del suo fiato corto e della sua pochezza davanti a quel miracolo quotidiano.
La salsedine, la brezza e la voce del mare sussurrarono, una domanda
<< Avete visto l'alba, signore? Prima di voi, nonostante voi e dopo di voi salirà i gradini della notte per issarsi sul filo dell'orizzonte, tingendo l'aria della notte col tocco incandescente delle sue dita, fino a spegnere le stelle e dissipare le nebbie nelle lagune.
Vi siete dato un nome per comandare e per conquistare combattendo: ma nulla avete fatto da solo e, ora, i vostri compagni pretendono d'essere ricompensati per la loro fatica, per la loro paura, per il loro sangue.
A loro volta, dovranno risarcire i sogni di quanti li hanno seguiti e sostenuti affinchè non gli si rivoltino contro.
Si conquista distruggendo e saccheggiando; si regge, si gorvena e si prospera ricostruendo e condividendo anche le briciole e le gocce, perchè tutti abbiano l'illusione di averne tratto vantaggio e soddisfazione. Avete visto, dunque, l'alba e le sue promesse, signore? >>
Lui era lì, in quel momento, la stava guardando ma non la vedeva e non capiva.
Un torbido sogno aveva invaso la notte e turbato il suo riposo con la paura di non rivedere mai più le mura e la terra che lo avevano visto nascere, crescere, fortificarsi e che stavano, orfane di lui, di là da quel mare che ora lo interrogava.
Forse l'incubo non era ancora finito e gli sarebbe bastato serrare le palpebre, riaprendole di scatto per svegliarsi nel suo giaciglio, nella sua tenda, dentro l'accampamento circondato dalle guardie.
Ci provò e riprovò più volte: ma non funzionò affatto.
Il cavallo nitrì come se avesse avvertito una presenza non umana; il cavaliere si volse verso di lui perchè gli occhi non sopportavano l'intensità del quarto di sole che curvava la linea dell'orizzonte.
Rammentò d'aver sentito dire che quella era una terra di potenti druidi e sacerdotesse o fate altrettanto potenti; ma, troppe volte, il vino che scioglie le lingue ottenebra le menti e ottunde le orecchie di chi, con discrezione, raccoglie notizie per la sicurezza del suo re.
Scacciò da se il pensiero che potesse trattarsi d'un incantesimo, come un cavallo caccia le mosche con una frustata della coda.
Poi vide una coppia di gabbiani attraversare la baia e sparire andando incontro al sole; da un'angolo opposto, un'altra coppia incrociò la traiettoria degli altri; quindi ancora altre due coppie incrociarono le loro rotte, in un modo diametralmente opposto: ad osservarli col sole che inondava gli occhi, chiudendo le palpebre, sembrava che disegnassero una stella con molte punte sulle cornee trafitte dalla luce.
Quando il lampo scemava d'intensità e, complice la mano che li copriva, si ripristinava una parvenza di buio, in un istante i raggi diventavano bracci di croci sovrapposte, come un simbolo di un vessillo o l'insegna di un regno.
Il cavaliere riaprì gli occhi e vide di nuovo tutte le coppie di gabbiani volare insieme, ricamando l'aria e il sole che sorgeva inesorabile dal profilo del mare: parevano una cosa sola come uno scialle che fluttuava nell'aria, senza che nessuno di loro sopravanzasse sull'altro.
Nitrì di nuovo il cavallo, puntando il muso verso lo stormo: pareva che sorridesse, spazientito dell'ottusità dell'uomo che lo fissava con fare interrogativo.
L'oro e l'acciaio che ricoprivano la pelle del guerriero gli impedivano di intendere il messaggio dell'ambiente in cui era immerso quotidianamente, il comando del meccanismo eterno e celeste di cui non era altro che un minuscolo ingranaggio.
Allora lo scialle di pennuti marini volteggiò ancora davanti ai suoi occhi e contro il sole, ma venne attaccato da neri corvi sbucati da scogli nascosti dall'orizzonte.
Non si dispersero impauriti, come era lecito attendersi secondo il guerriero, ma si aprirono allargando ordinatamente le maglie del loro schieramento; quindi serrarono le fila e mossero compatti a infilzare i becchi alle spalle degli aggressori, costringendoli alla fuga.
Intanto, il sole lambiva col polo inferiore il suo giaciglio perennemente increspato di schiuma e salsedine: l'alba si era ormai dissolta perchè sfociata nei primi passi del giorno.
Il suo cavallo si avvicinò e di nuovo nitrì al cielo che rinforzava il suo azzurro intenso e smagliante; abbassò la testa verso i piedi del re soldato, come se riconoscesse la sua sudditanza: quello prese a carezzargli la criniera e, per un'ultima volta, udì la voce portata dalla brezza che sapeva di mare.
<< Un uomo solo sopravvive, può conquistare vette e pezzetti di terra, superare confini ma non costruisce nulla che vada oltre i suoi giorni. Hai vinto molte battaglie, hai vinto una guerra, hai ampliato i tuoi confini: ma non basta la paura a far vivere un regno oltre la fortuna di chi l'ha creato. Devi vincere la pace, adesso: ricompensare, consolare, mostrare misericordia e governare, non dominare, ma dirigere verso il bene comune e la prosperità per tutti. Hai visto il volo dei gabbiani, in questa nuova alba?
Indipendenti, uguali e uniti per il bene di tutti, non sono stati sconfitti ma sono risultati più forti di qualunque minaccia, perchè potevano contare l'uno sull'altro.
Se saprai trasmettere questa lezione alle genti che il tuo braccio ha costretto a chinare la testa, rispettando la loro dignità cioè, ripeto, governandole ma non dominandole, loro ti ripagheranno in lealtà alla corona che porti in capo: questa moneta non perderà mai valore per tutti i discendenti che ti succederanno nei millenni a venire.
Semina senza indugio, dunque, nei loro animi l'orgoglio di appartenere a una comunità virtuosa e leale, la consapevolezza che il sacrificio è beneficio per sè, per i propri figli e per chi garantisce ordine e giustizia.
Ascoltali e parla con loro guardandoli negli occhi: saranno la tua arma segreta e guarderanno a te come la fonte della loro forza nelle avversità. >>
La voce, però, tacque quando un poderoso e tumultuoso scalpiccio di zampe e di metalli tintinnanti percossero l'aria e la terra, costringendo il re soldato a voltarsi verso l'orizzonte opposto al mare: il sole aveva già percorso altri passi nella salita a mezzogiorno e arroventava il metallo che cingeva la testa e copriva il petto del re soldato, mentre la mano che prima carezzava il cavallo ora stringeva l'elsa della spada sguainata, istintivamente parata a difesa.
La trafelata orda quadrupedante si avvicinava lasciando alle sue spalle polvere e zolle erbose; gli animali lanciati al galoppo fendevano l'aria e artigliavano la prateria manifestando l'ansia dei loro cavalieri: l'accampamento era stato violato, il loro re era sparito e loro se ne erano accorti solo alle prime luci dell'alba.
Pivelli sprovveduti alla prima guardia non avrebbero saputo fare peggio, pensavano; ma appena lo scorsero stagliarsi sul filo dell'orizzonte, col sole alle spalle che accendeva la corazza del re guerriero di riflessi dorati, quietarono i loro cuori ma non rallentarono.
L'avrebbero fatto solo per smontare dai loro destrieri e, piegato il ginocchio a terra e il capo chino, per rendere omaggio al loro signore impetrandone magnanima clemenza per la loro negligenza.
La spada del re tornò ad accomodarsi nel suo fodero, mentre i suoi occhi passavano in rassegna i fieri supplici: Guglielmo, uno ad uno, pose le mani sulle loro spalle e li invitò ad alzarsi, abbracciandoli fraternamente; erano disorientati ma rapiti dalla sua figura che il sole, che inesorabile ascendeva la volta del cielo, caricava di un'aura scintillante e carismatica, come se il re fosse una emanazione diretta dell'astro che illumina e riscalda.
Dopo averli lungamente scrutati, quasi volesse entrare nelle loro anime dalla porta degli occhi, finalmente il re parlò.
<< Vi sono momenti in cui parlano solo le spade e altri in cui è bene che a prendere la parola siano la testa, la pancia e il cuore. Ci siamo scelti perchè voi eravate i migliori ed io colui che avrebbe potuto fare la vostra e la mia fortuna; ma ora, dopo questi nostri gesti e tutto il cammino che ci ha portati sino a qui, insieme, ho compreso che non c'è più solo necessità e ambizione e desiderio di potere a legarci tra noi, ma amicizia: non mi avete trovato e siete venuti a cercarmi. >> Prese volutamente una pausa per lasciare decantare nel loro animo le parole dette e quelle non dette.
<< Fino ad oggi siete stati braccia e gambe per una testa che voleva conquistare il suo posto nel mondo: una testa che è stata davanti a voi negli assalti, che ha lottato e sudato e sofferto insieme a voi, che ha pianto i compagni lasciati sul campo e gioito per le vittorie e i bottini spartiti, premiando il valore e l'onore.  Ora, vi chiedo ancora uno sforzo, non l'ultimo, ma il più grande che tocchi a chiunque vinca una guerra: dalle ceneri e dalle macerie, dal sangue e dalle lacrime versati sopra di esse, ricostruire un regno e un popolo che ci sopravviva, fiero dei suoi indomiti natali. Se io sarò il vostro re, voi sarete i miei occhi e le mie orecchie in tutti gli angoli delle terre che abbiamo conquistato: ma sarete anche la mia bocca per esprimere la volontà e la forza delle regole che ci siamo dati per riuscire nella nostra impresa, amministrando il bene comune per crescere e prosperare.
Una pancia e una tasca troppo vuote incendiano l'anima e guidano gli assalti ai forzieri degli avari che finiscono per perdere anche l'unico bene che nessuno, in questo mondo, è in grado di restituire. >>
Sapeva bene che la metà di loro si era unita si era unita a lui e ai suoi manipoli soltanto per quel motivo: la prospettiva di aprire numerosi forzieri e rimpinguarsi le tasche, agendo sotto le insegne e l'egida di un qualsiasi re cui avrebbero lasciato l'onere di giustificarsi davanti agli uomini che avrebbero raccontato gli eventi di quei giorni, fatti di rapine e massacri in nome della fame di terra su cui avere diritto di amministrare la vita e la morte.
Un soldato pensa solo al presente e vive un giorno dopo l'altro, come se fosse l'ultimo: un re, un capo, un padrone da cui dipendono altre vite che, viceversa, danno se stesse per la sua grandezza e per il suo successo non può permettersi alcun lusso simile.
Egli deve vivere l'oggi come se fosse già tramontato e il domani come se fosse già iniziato: anticipando le mosse, immaginando strategie nuove, osando sfidare il fato contando sulle forze che gli sono fedeli e sottoposte così come sul suo intuito.
<< Amici, lasciate che vi chiami così...amici!... E' giunto il tempo di far nascere un regno mai visto prima, perchè basato su poche regole e sulla stima reciproca delle sue parti che agiranno, sebbene indipendenti e ugualmente degne, come se fossero un corpo solo.
Io sarò il vostro re e spetterà a me l'ultima parola, ma voi sarete me in tutto e per tutto in ogni angolo del nostro regno, di questa terra che abbiamo appena conquistato; risponderete a me del vostro operato e, ogni volta che passerete il segno della giustizia e della decenza, pagherete come hanno pagato spie e ruffiani in passato.
Non guarderò nelle vostre tasche, ma negli occhi delle genti che governerete e loro mi diranno più di quanto saprete tacere: tanto quando ci riuniremo per tirare le somme delle annate, quanto tutte le volte che verrò a passare in rassegna le mie terre, o meglio, le nostre terre. Oggi la campagna per la terra finisce qui, su questa scogliera: dobbiamo riposarci e consolidare le mura di questa nuova casa, guarire le ferite e consolare vedove e orfani, rifocillarci e rinnovare le energie spese. Solo così potremo costruire navigli in grado di farci conquistare il mare e le ricche terre che nasconde dietro l'orizzonte. >>
Si volse torcendo il busto e stendendo il braccio in direzione della linea che congiungeva il cielo e l'oceano: il sole che era salito ancora un poco, complice un inganno prospettico, agli uomini che ascoltavano rapiti quel discorso, pareva che fosse sorretto dal palmo aperto e disteso della mano del loro re.
Allora sorse spontaneo e naturale, dai loro cuori e dalle loro gole, l'augurio di lunga vita e prosperità al re e alla sua discendenza: Guglielmo aveva conquistato i loro cuori e le loro anime, vincendo un'altra scommessa col destino e la prima gara per vincere la pace. La prima pietra era posata e, una volta tornati al campo, mise su tutte le altre d'una costruzione che si regge in piedi ancora oggi ed è il faro di tutto il mondo, così detto, occidentale.

(c) 2015 Testo di Claudio Montini tratto da "Camere ammobiliate per viaggiatori immaginari" ed. Youcanprint Selfpublishing
(c) 2015 Foto di Orazio Nullo

giovedì 9 giugno 2016

Le zucchine con il pancino ripieno - In cucina con La Jena Sabauda

LE ZUCCHINE CON IL PANCINO RIPIENO


di Jena Sabauda

Da più parti si sente ripetere che bisogna mettere più verdura nei nostri piatti, se vogliamo rallentare l'invecchiamento e sconfiggere quelle malattie che ci fanno accapponare la pelle solo a nominarle; la vostra Jena Sabauda di fiducia capisce e si adegua proponendo una ricetta in cui, volutamente, ci sarà ampio spazio alla discrezionalità del cuoco riguardo alle quantità degli ingredienti.
Dunque, procuratevi:
  • Zucchine (verdi) sode e di media grandezza in numero a piacere (da sei in su, a seconda della fame e dei commensali)
  • Tonno in scatola sotto olio (150 grammi circa)
  • Prosciutto cotto (una fetta spessa almeno un centimetro)
  • 2 uova di gallina intere (i gusci non servono)
  • Formaggio grana grattugiato (parmigiano reggiano, grana padano, pecorino sardo o romano, una miscela di formaggi a pasta dura: come più vi piace)
  • Mezza bottiglia di passata di pomodoro (di solito sono da un litro, perciò...che ve lo dico a fare? Ah già: se poi avete solo quello nel tetrapack o in lattina...ma ci siamo capiti, no?)
  • Sale e pepe quanto basta
  • Un paio di spicchi di aglio
  • Qualche foglia di basilico ( ma non è indispensabile)
Per prima cosa, accendete il forno e portatelo tra i 150 e i 180 °C; nel frattempo prendete le zucchine intere e privatele delle estremità, come se doveste trovare il modo di farle stare in piedi:quindi sdraitele su una teglia e infilatele nel forno per 5 o 8 minuti al massimo e, trascorso questo tempo, lasciate che intiepidiscano lì. Vi domanderete certamente il motivo di questa operazione: abbiamo bisogno che si ammorbiscano ma non si sfaldino; in alternativa potete passarle in acqua bollente per qualche minuto, ma temo che perdano molto del loro sapore e dei benefici contenuti, oltre a diventare troppo molli: a me piace che si senta, sotto ai denti, la fibra del vegetale. 
Comunque sia, una volta tiepide, quindi maneggiabili senza rischiare ustioni (vi ricordate che stavano in forno? O che erano in acqua bollente?), tagliate le zucchine a metà per la larghezza e non per la lunghezza: altrimenti come fareste ad ottenere dei cilindri da scavare con un levatorsoli da mela? 
Con questo simpatico aggeggio, caverete la polpa che metterete da parte e resterete con dei buchi con la zucchina intorno: il pancino che avete svuotatato sarà pronto per essere riempito con il composto che andiamo ora a preparare. 
Nella ciotola in cui avrete raccolto la polpa estratta e tritata (o schiacciata con la forchetta) metterete anche il tonno sgocciolato, due o tre cucchiai da tavola di formaggio grattugiato, il prosciutto cotto che avrete tritato (anche grossolanamente va bene) e le due uova, esclusi i gusci; amalgamate tutti questi ingrdienti fino ad ottenere una massa omogenea che, aiutandovi con un cucchiaino da the magari, userete per riempire il pancino della vostre zucchine fino ad esaurimento dell'uno o delle altre. Fatto questo, prendete un tegame dai bordi alti e con coperchio, mettete un filo d'olio sul fondo, un paio di spicchi d'aglio, versate la mezza bottiglia di passata di pomomodoro in compagnia di qualche fogliolina di basilico e sistemate, su tanto tappeto, le zucchine ripiene affinchè cuociano a fuoco basso, protette dal coperchio, per 10 o 15 minuti al massimo. Non vi ho dato indicazioni quantitative perchè esse dipendono molto dal numero di zucchine che avrete a disposizione e questo, a sua volta, dipenderà dal numero di famelici commensali che vi troverete a soddisfare: perciò vi dovrete sapere regolare a occhio; il fondo di cottura, se dovessere avanzarsi, potrebbe essere riciclato come sugo da pasta; poiche si tratta di mangiare e non di gareggiare, lascio al vostro gusto e alla vostra fantasia immaginare come potranno mai essere le zucchine con il pancino ripieno. 
Quindi scordatevi foto dei piatti e buon appetito da La Jena Sabauda


© 2016 Testo e ricetta La Jena Sabauda
© 2016 Orazio Nullo "Springtime"

mercoledì 8 giugno 2016

Arrivederci a domani: un pensiero per la buonanotte!

E' facebook, bellezza: e non puoi farci niente!

di Claudio Montini


C'è chi va e chi viene, chi si rallegra e chi cerca consolazione, chi capisce che è stato preso in giro anche in una cosa di poco conto e chi è certo d'aver trovato il nuovo messia, il castigamatti, il depositario della Vera Verità; c'è chi mette la foto dei figli e chi si strugge per amanti virtuali, c'è chi "...guai a chi tocca il crocifisso" e poi bestemmia a tutto spiano mentre bastona un poveraccio che aveva chiesto una mano prima di affondare nel guano; c'è chi "...Grillo ha sempre ragione! Renzi è un cretino di successo! Salvini un demente che si tromba la Isoardi! Berlusconi si è rimbambito a forza di plastiche, capelli finti e viagra per olgettine!" e c'è chi fa il coro, ma poi spera che uno dei tirapiedi di questi qua lo noti nella fila dei questuanti per un lavoro o un sussidio per tirare a campare e lo faccia passare avanti, non per lui ma per i figlioli che hanno tanto studiato e hanno tanto bisogno di levarsi dalle scatole e dal divano di casa: questo povero Cristo avrà il sacrosanto diritto di giocare anche lui alla Playstation e guardarsi un po' di televisione spazzatura, sognando un biglietto vincente della lotteria o dei numeri per la sestina vincente che lo porti lontano da questo stivale sempre più stretto e maleodorante... anche questo è Facebook, bellezza: e tu non puoi farci proprio niente. 
Per oggi Fine delle trasmissioni.




(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Televison cat show  - Orazio Nullo

martedì 7 giugno 2016

Datemi un vasetto da yogurt e vi sfamerò! - in cucina con la Jena Sabauda

UNITA' DI MISURA...
UN VASETTO (DA YOGURT, VUOTO)

di Jena Sabauda

I contenitori monodose dello yogurt attualmente in commercio sono tutti di plastica e, più o meno, sono anche tutti uguali per aspetto e capacità; il loro successo è dovuto in parte al materiale con cui sono costruiti e in parte alla predisposizione alla serialità loro congenita, ovvero si prestano molto alla lavorazione di tipo meccanico. Per i consumatori, una volta svuotati e sciacquati, sono utili anche per essere riadattati ad altri scopi e quindi vivono una seconda vita evitando lo smaltimento. Essendo nata in una terra un tempo ricca di mucche da latte e di stalle da loro abitate, nonostante Giovannino Lamiera (il dottor avvocato Gianni Agnelli, il signor Fiat) ne attirasse sotto la Mole antonelliana parecchi tra coloro che le accudivano senza riuscire a rescindere il cordone ombelicale con la terra e la cultura dei padri, la vostra Jena Sabauda di fiducia è ghiotta di latte e i suoi derivati così come dei frutti dell'orto e di quelle prelibatezze che, grazie anche all'Avvocato di cui sopra, gli italiani della Bassa Italia hanno potuto far conoscere anche ai piedi delle Alpi. Insomma, dopo essersi gustata un bel vasetto di yogurt bianco da 125 grammi, invece di sbarazzarsi del contenitore, si è inventata una ricetta in cui l'unità di misura base fosse proprio il vasetto! 
Ecco la lista della spesa (per i maniaci della precisione ha scelto di indicare, bontà sua, anche le quantità in grammi: così se negli USA lo yogurt lo vendono solo in barili...beh, non sarà difficile fare le dosi, basta una pesa!):
  • 3 vasetti di farina bianca di grano tenero (grammi 125 x 3 = 375)
  • 1 vasetto di olio di semi vari (grammi o millilitri 125)
  • 1 vasetto di formaggio parmigiano reggiano o grana padano o pecorino romano grattugiato (o tutti e tre purchè la quantità sia 125 grammi)
  • 1 vasetto di panna di latte di mucca liquida (millilitri 125 e/o grammi)
  • 1 vasetto di latte intero di mucca (corna, zoccoli e mammelle in 125 grammi ditemi un po' dove li mettereste???)
  • 3 uova intere (ma i gusci no! Mi raccomando!!)
  • 1 bustina di lievito per torte salate (16 grammi circa)
  • Sale e pepe quanto basta (ma non servirebbero affatto...)
  • 2 o 3 zucchine sode
  • Salame piccante tipo calabrese tagliato a pezzetti grossolani in quantità a piacere (quattro o cinque fette di un centimetro di spessore ridotte a cubetti); in alternativa, si può ripiegare sul prosciutto cotto o sulla mortadella (una cinquantina di grammi, vedete voi) sempre a cubetti.
  • 80 o 100 grammi di formaggio Asiago d.o.p. o Fontina d.o.p. tagliata a cubetti
Setacciate la farina bianca (ovvio che il vasetto non ci passi dal setaccio...) in una ciotola capiente; aggiungete l'olio di semi vari, il formaggio grattugiato, la panna liquida, il latte, le uova e cominciate ad amalgamare con un cucchiaio di legno; aggiungete il lievito e un pizzico di sale, non si sa mai, seguitando a mescolare fino ad ottene re un bel composto fluido e omogeneo. A questo punto potete scegliere di saltare in padella o cuocere al forno per qualche minuto le zucchine che avrete ridotto a pezzettoni o a rondelle di un discreto spessore: in ogni caso, le dovreste lasciare raffreddare prima di unirle all'impasto che avete preparato in precedenza. Se non amate i tempi morti, allora munitevi di mixer tritatutto e sminuzzate grossolanamente le zucchine crude, buttandole il trito nell'amalgama: altrettanto fate con il salame piccante una volta ottenute rondelle di un centimetro, oppure con il prosciutto cotto o la mortadella a cubetti, addirittura con una miscela di salame e prosciutto ma sminuzzata un pochino più fine: dentro tutto e incorporate per bene fino a vedere la superficie, chiara, dell'impasto punteggiata di verde e di rosso. Riducete in cubetti, ma con il coltello quindi che si sentano in bocca, il formaggio Asiago o la fontina o altro formaggio a pasta pressata, semidura e sapida come certe tome piemontesi: incorporate anche questa dadolata di cacio e accendete il forno che dovrà scaldarsi fino a 180° C: imburrate una tortiera (fissa o a cerniera non importa: va bene quella che avete sotto mano) e cospargetela di pane grattugiato; buttate quello in eccesso nell'impasto e mescolate ancora un momento: poi versate il tutto nella tortiera e mettetela in forno (alla temperatura che vi ho detto) per 30 o 35 minuti, controllando a vista e con apposito stuzzicadenti come se fosse una torta. L'ideale è servirla il giorno dopo averla fatta, avendo cura di riscaldarla leggermente con due fiocchetti di burro in superficie.
Anche se non ne vedrete fotografie, perchè secondo me un piatto deve essere buono da mangiare e non necessariamente anche bello da vedere (a me vengono tutti così: mai uguali alle foto dei ricettari...), credetemi sulla parola se vi dico che vi sembrerà un piatto unico tricolore: il verde delle zucchine, il rosso del salame e il bianco della farina appena ingiallito dalle uova e dal formaggio... Ah, se il conte di Cavour avesse indetto "La Prova Del Cuoco" invece delle guerre d'indipendenza... L'Italia e gli italiani si sarebbero uniti e fatti senza tanti mal di pancia, con molti meno morti, con molte forchette a centropiatto e gambe sotto ai tavoli col bicchiere in mano, le baionette sarebbero arrugginite e staremmo meglio della Svizzera e della Germania: la terra promessa o l'America in cui fare fortuna non ci sarebbe costata una traversata di mare.
Viva l'Italia e buon appetito da La Jena Sabauda.

(c) 2016 Testo e ricetta di La Jena Sabauda
(c) 2015 Orazio Nullo "Harlequin's kitchen"

lunedì 6 giugno 2016

Buon compleanno Claudio! I tuoi primi cinquant'anni...

2016 - 1966 = 50....Auguri!!

Canta e parla a se stesso fin da bimbo perchè
La solitudine è la peggior compagnia che c'è.
A volte è buffo, altre è goffo: ma tonto non è:
Ubbidisce all'istinto di chi non pensa solo a sè.
Dategli un po' d'attenzione, basta un piccolo saluto:
In cambio avrete il sorriso d'un illustre sconosciuto,
Orgoglioso d'averlo reso a chi, forse, l'aveva perduto!


(c) 2014 Testo, foto e grafica di Orazio Nullo; ritocchi di Federico Bacheca e Daniele Massola.

sabato 4 giugno 2016

Il destino è un'amante senza pietà: il nuovo romanzo di Claudio Montini

Il destino è un'amante senza pietà - Streetlib.com -
UN BUON BICCHIERE DI PAROLE


di Claudio Montini




Ad alcuni la testa serve solo per portare il cappello: nella mia fanno il nido, provenienti da chissà dove, idee e memorie, frasi e profumi, posti e persone che mi sono piaciuti oltre alle menate della vita di tutti i giorni. Per sfuggire a queste ultime, fosse anche solo per una manciata di minuti, impasto tutte le altre col lievito madre della mia congenita fantasia impegnandomi a rispettare, in linea di massima, le regole della logica e della grammatica italiana senza trascurare di aggiungere un pizzico di ironia, di poesia e di musicalità nel senso più ampio possibile.
Così sono nate e sono state distillate, nel corso degli anni, quarantacinque storie di gente comune in cerca di attimi di felicità, di amicizia, di amore e di pace durante il travagliato loro transito in questa valle di lacrime; sono storie di uomini in lotta col destino incognito e incomprensibile come le donne, apparentemente defilate ma migliori di loro perché dotate di maggior senso pratico. Sono storie di gente comune che ama il suo piccolo mondo ma non ne è gelosa, perché si sforza di capire le ragioni altrui adattandosi, tanto al mutare degli eventi quanto ai propri interlocutori, con intelligenza ma senza sconti alla dignità personale; esse non hanno intenti pedagogici o estetici, non sono esibizioni di erudizione nè aspirano al Nobel per la letteratura: la loro missione è quella di ricreare, di fare evadere dalla quotidianità, di svagare l'animo per una manciata di minuti, lasciando ai lettori briciole di sogni nello sguardo mentre, come viaggiatori immaginari, si rifugiano in camere ammobiliate per ingannare l'amante senza pietà con cui il destino accomuna tutti gli esseri viventi. Le antologie di racconti (ASSENTARSI PER UNA MANCIATA DI MINUTI del 2012, BRICIOLE DI SOGNI NELLO SGUARDO del 2013, CAMERE AMMOBILIATE PER VIAGGIATORI IMMAGINARI del 2015: tutte uscite da Youcanprint.it-Selfpublishing) e il romanzo IL DESTINO E' UN'AMANTE SENZA PIETA' (2016 ebook- StreetLib.com selfpublishing) sono tutte produzioni originali, pensate, scritte, impaginate dalla prima alla quarta di copertina (la grafica delle copertine è opera del mio alter ego Orazio Nullo) e autopubblicate grazie ad aziende che si occupano di selfpublishing, poichè le case editrici tradizionali hanno tempi e metodi che scoraggiano le velleità artistiche di chiunque volesse campare di lettere scritte.Sono nato a Pavia il 6 giugno 1966 e vivo a Lomello (PV) con la moglie Maria Angela e il cane Leone; mi sono diplomato presso il Liceo Scientifico Taramelli di Pavia nel 1985, ma non ho proseguito gli studi poichè nell'anno successivo è venuto a mancare il padre: ha fatto l'operaio e l'autista di autobotti per gpl per un quarto di secolo, ma poi l'azienda per la quale guidavo l'autobotte ha chiuso i battenti nel 2012 e sono tuttora disoccupato. Essendo un appassionato lettore, essendomi anche cimentato nella scrittura di racconti brevi pubblicati su d'un quotidiano locale, la Provincia pavese (gruppo Finegil-l'Espresso), avendo molto tempo libero a disposizione, ho riletto e corretto tutto quello che ho scritto a partire dal 1997. Poi, ho scoperto il mondo dell'autopubblicazione: allora ho seguitato a leggere e a scrivere producendo altre nuove storie che ho riunito, impaginato e pubblicato in selfpublishing, su supporto cartaceo ed elettronico, a partire proprio dal 2012. Il Claudio Montini che ha fatto il camionista e l'operaio è rimasto nel passato e ora cerca di evolversi verso il Montini produttore di cultura e di letteratura d'evasione: in effetti CAMERE AMMOBILIATE mi ha dato la consapevolezza di aver raggiunto padronanza sufficiente dei miei mezzi per ambire alla produzione di un romanzo che, per altro, covava sotto la cenere da molti anni ed è stato finito negli ultimi sei mesi. IL DESTINO E' UN'AMANTE SENZA PIETA' nasce da un racconto di ASSENTARSI e cammina per conto suo, coi personaggi che si affacciano (nella storia) e si sono affacciati (nella mia testa) già pronti e vestiti: ho dovuto soltanto riprenderli e trasferirli sulla pagina, imparando a conoscerli ed amarli così come erano; sono stato ricambiato da loro perchè si sono aperti a poco a poco e mi hanno lasciato guardare al loro mondo interiore; il mio primo romanzo è una storia di amore e morte orchestrata dal Destino, il quale fa leva sulla coscienza e sulla memoria dei personaggi per portarli là dove è già scritto che essi debbano andare, sebbene ciascuno di loro sia convinto di poter modificare a proprio piacimento il corso delle cose, illuso di possedere una superiore abilità rispetto ai comuni mortali che si abbandonano alle piroette della dea bendata. Alla fine del ventesimo secolo, presso la Stazione Centrale di Milano viene rinvenuto il cadavere di un uomo in uno scompartimento di una carrozza del treno proveniente da Trieste e diretto a Torino: è una esecuzione, non un suicidio; non si tratta di una vittima qualsiasi, ma di uno scrittore di Pavia dalla popolarità in crescita in Italia e in Europa occidentale in procinto di debuttare nel mercato editoriale dell'europa orientale, dopo aver promosso l'edizione nelle principali lingue slave della sua opera d'esordio durante una sontuosa presentazione presso un grande albergo di Gorizia, sede della casa editrice artefice di tutta l'operazione che lo ha messo sotto contratto esclusivo per celebrare la imminente quotazione in borsa del gruppo finanziario di cui fa parte. Da Roma, arriva l'ordine agli inquirenti lombardi di lasciare le indagini a una squadra speciale interforze, composta da elementi dei servizi di informazione civile, poichè la modalità dell'omicidio e le implicazioni, celate e palesi, del caso paiono rientrare nell'ambito di una inchiesta di ad ampio raggio riguardante il riciclaggio di denaro sporco in tutto il territorio nazionale, con possibili ma non del tutto prevedibili sviluppi nell'ambito delle relazioni internazionali e dei traffici ad esse connessi. Gli investigatori sono sulle tracce di una organizzazione capitanata da una donna che casualmente, forse sì o forse no, risulta essere titolare anche dei dati biometrici dell'assassino rilevati sulla scena del delitto. A loro rimarrà il dubbio sino alla fine al lettore no: basterà una domanda innocente, "che ne è stato dell'unico che hai amato?", durante un'improbabile tentativo di riconciliazione religiosa, una confessione davanti a un prete goriziano, a scatenare la follia latente nella donna, assassina e capobanda, dando il via a un piano scellerato per una uscita di scena eclatante, senza giudizio e senza appello, da mandare in onda mentre i muratori chiudono la tomba dello scrittore, alla fine del funerale, presso il cimitero di Dorno (PV) nel santuario della Madonna Del Boschetto. 
Da Gorizia a Pavia e poi Gropello Cairoli e Zinasco e Dorno e Sairano, nel raggio di qualche decina di chilometri dalla città delle cento torri: sarà un ritorno alle origini, una risalita della corrente non per perpetuare la vita ma per saldare il debito della sofferenza provocata a chi, nonostante tutto, ha amato senza riserve e alle vittime involontarie e collaterali della sua egoistica rivalsa, inseguita dagli investigatori che saranno beffati a un passo dal far scattare le manette. Tutto accadrà in pochi giorni e trascinerà con sè anche le vite dei comprimari e delle comparse che si affacceranno sulla scena con il loro bagaglio di torti, di ragioni, di lacrime e morti da seppellire perchè riposino in pace: alla fine nulla sarà come prima nè come è sempre sembrato, ma tutti i superstiti si rassegneranno al fluire del destino lasciando perdere l'anelito al pareggio dei piatti della bilancia della giustizia, accontentandosi di quello al quieto vivere per i giorni che restano. Il destino è un'amante senza pietà perchè svela i suoi segreti e le sue carte quando si è gia compiuto.
E' un racconto molto disincantato di quel misterioso universo che è l'animo umano e di quello strano periodo che è stato l'avvento del terzo millennio, dei cui danni e sfaceli non siamo ancora ben coscienti; è un noir? E' un poliziesco? E'...boh? E' un prodotto letterario, scritto nel miglior italiano che io conosca, ambientato nei posti che ho conosciuto e frequentato della provincia di Pavia, con persone e personaggi forse di fantasia e forse no, perchè ho la presunzione di sentire che siano accadute quelle cose che racconto a persone che sono esistite in quel tempo là, ormai saldamente alle nostre spalle. Scrivendo e pubblicando IL DESTINO E' UN'AMANTE SENZA PIETA' (StreetLib.com selfpublishing, ebook 2016) mi sento davvero un produttore di cultura e, oggi, vi ho versato un bicchiere del mio vino fatto di parole: non so com'è ma vi invito a berlo senza giudicare la bottiglia o la scatola, a concentrarvi solo sulle fragranze e sulle emozioni trasmesse dai sensi del gusto. Prosit!

© 2016 Testo Claudio Montini
© 2014 Foto e progetto grafico di Orazio Nullo