Guglielmo
di Claudio Montini
La
corsa del guerriero ricoperto d'acciaio e d'oro si arrestò sulle
alte spalle della terra che gli presentò il mare, infinito e
instancabile e inarrestabile.
I
suoi baci e gli abbracci, le carezze e gli schiaffi di schiuma
bianca sulle rocce e sugli scogli avevano modellato, nel corso dei
millenni, la linea, ora sinuosa ora frastagliata, della terra che
l'uomo aveva conquistato al prezzo del sangue di troppi innocenti.
Quel
sangue ora sembrava cedere il suo colore alla luce del sole, uno
spicchio incandescente appena spuntato là dove cielo e mare si
toccavano: solo allora, il guerriero si rese conto del suo fiato
corto e della sua pochezza davanti a quel miracolo quotidiano.
La
salsedine, la brezza e la voce del mare sussurrarono, una domanda
<<
Avete visto l'alba, signore? Prima
di voi, nonostante voi e dopo di voi salirà i gradini della notte
per issarsi sul filo dell'orizzonte, tingendo l'aria della notte col
tocco incandescente delle sue dita, fino a spegnere le stelle e
dissipare le nebbie nelle lagune.
Vi
siete dato un nome per comandare e per conquistare combattendo: ma
nulla avete fatto da solo e, ora, i vostri compagni pretendono
d'essere ricompensati per la loro fatica, per la loro paura, per il
loro sangue.
A
loro volta, dovranno risarcire i sogni di quanti li hanno seguiti e
sostenuti affinchè non gli si rivoltino contro.
Si
conquista distruggendo e saccheggiando; si regge, si gorvena e si
prospera ricostruendo e condividendo anche le briciole e le gocce,
perchè tutti abbiano l'illusione di averne tratto vantaggio e
soddisfazione. Avete
visto, dunque, l'alba e le sue promesse, signore? >>
Lui
era lì, in quel momento, la stava guardando ma non la vedeva e non
capiva.
Un
torbido sogno aveva invaso la notte e turbato il suo riposo con la
paura di non rivedere mai più le mura e la terra che lo avevano
visto nascere, crescere, fortificarsi e che stavano, orfane di lui,
di là da quel mare che ora lo interrogava.
Forse
l'incubo non era ancora finito e gli sarebbe bastato serrare le
palpebre, riaprendole di scatto per svegliarsi nel suo giaciglio,
nella sua tenda, dentro l'accampamento circondato dalle guardie.
Ci
provò e riprovò più volte: ma non funzionò affatto.
Il
cavallo nitrì come se avesse avvertito una presenza non umana; il
cavaliere si volse verso di lui perchè gli occhi non sopportavano
l'intensità del quarto di sole che curvava la linea dell'orizzonte.
Rammentò
d'aver sentito dire che quella era una terra di potenti druidi e
sacerdotesse o fate altrettanto potenti; ma, troppe volte, il vino
che scioglie le lingue ottenebra le menti e ottunde le orecchie di
chi, con discrezione, raccoglie notizie per la sicurezza del suo re.
Scacciò
da se il pensiero che potesse trattarsi d'un incantesimo, come un
cavallo caccia le mosche con una frustata della coda.
Poi
vide una coppia di gabbiani attraversare la baia e sparire andando
incontro al sole; da un'angolo opposto, un'altra coppia incrociò la
traiettoria degli altri; quindi ancora altre due coppie incrociarono
le loro rotte, in un modo diametralmente opposto: ad osservarli col
sole che inondava gli occhi, chiudendo le palpebre, sembrava che
disegnassero una stella con molte punte sulle cornee trafitte dalla
luce.
Quando
il lampo scemava d'intensità e, complice la mano che li copriva, si
ripristinava una parvenza di buio, in un istante i raggi diventavano
bracci di croci sovrapposte, come un simbolo di un vessillo o
l'insegna di un regno.
Il
cavaliere riaprì gli occhi e vide di nuovo tutte le coppie di
gabbiani volare insieme, ricamando l'aria e il sole che sorgeva
inesorabile dal profilo del mare: parevano una cosa sola come uno
scialle che fluttuava nell'aria, senza che nessuno di loro
sopravanzasse sull'altro.
Nitrì
di nuovo il cavallo, puntando il muso verso lo stormo: pareva che
sorridesse, spazientito dell'ottusità dell'uomo che lo fissava con
fare interrogativo.
L'oro
e l'acciaio che ricoprivano la pelle del guerriero gli impedivano di
intendere il messaggio dell'ambiente in cui era immerso
quotidianamente, il comando del meccanismo eterno e celeste di cui
non era altro che un minuscolo ingranaggio.
Allora
lo scialle di pennuti marini volteggiò ancora davanti ai suoi occhi
e contro il sole, ma venne attaccato da neri corvi sbucati da scogli
nascosti dall'orizzonte.
Non
si dispersero impauriti, come era lecito attendersi secondo il
guerriero, ma si aprirono allargando ordinatamente le maglie del loro
schieramento; quindi serrarono le fila e mossero compatti a infilzare
i becchi alle spalle degli aggressori, costringendoli alla fuga.
Intanto,
il sole lambiva col polo inferiore il suo giaciglio perennemente
increspato di schiuma e salsedine: l'alba si era ormai dissolta
perchè sfociata nei primi passi del giorno.
Il
suo cavallo si avvicinò e di nuovo nitrì al cielo che rinforzava il
suo azzurro intenso e smagliante; abbassò la testa verso i piedi
del re soldato, come se riconoscesse la sua sudditanza: quello prese
a carezzargli la criniera e, per un'ultima volta, udì la voce
portata dalla brezza che sapeva di mare.
<< Un uomo solo sopravvive, può conquistare vette e pezzetti di terra,
superare confini ma non costruisce nulla che vada oltre i suoi
giorni. Hai
vinto molte battaglie, hai vinto una guerra, hai ampliato i tuoi
confini: ma non basta la paura a far vivere un regno oltre la fortuna
di chi l'ha creato. Devi
vincere la pace, adesso: ricompensare, consolare, mostrare
misericordia e governare, non dominare, ma dirigere verso il bene
comune e la prosperità per tutti. Hai
visto il volo dei gabbiani, in questa nuova alba?
Indipendenti,
uguali e uniti per il bene di tutti, non sono stati sconfitti ma sono
risultati più forti di qualunque minaccia, perchè potevano contare
l'uno sull'altro.
Se
saprai trasmettere questa lezione alle genti che il tuo braccio ha
costretto a chinare la testa, rispettando la loro dignità cioè,
ripeto, governandole ma non dominandole, loro ti ripagheranno in
lealtà alla corona che porti in capo: questa moneta non perderà mai
valore per tutti i discendenti che ti succederanno nei millenni a
venire.
Semina
senza indugio, dunque, nei loro animi l'orgoglio di appartenere a una
comunità virtuosa e leale, la consapevolezza che il sacrificio è
beneficio per sè, per i propri figli e per chi garantisce ordine e
giustizia.
Ascoltali
e parla con loro guardandoli negli occhi: saranno la tua arma segreta
e guarderanno a te come la fonte della loro forza nelle avversità.
>>
La
voce, però, tacque quando un poderoso e tumultuoso scalpiccio di
zampe e di metalli tintinnanti percossero l'aria e la terra,
costringendo il re soldato a voltarsi verso l'orizzonte opposto al
mare: il sole aveva già percorso altri passi nella salita a
mezzogiorno e arroventava il metallo che cingeva la testa e copriva
il petto del re soldato, mentre la mano che prima carezzava il
cavallo ora stringeva l'elsa della spada sguainata, istintivamente
parata a difesa.
La
trafelata orda quadrupedante si avvicinava lasciando alle sue spalle
polvere e zolle erbose; gli animali lanciati al galoppo fendevano
l'aria e artigliavano la prateria manifestando l'ansia dei loro
cavalieri: l'accampamento era stato violato, il loro re era sparito e
loro se ne erano accorti solo alle prime luci dell'alba.
Pivelli
sprovveduti alla prima guardia non avrebbero saputo fare peggio,
pensavano; ma appena lo scorsero stagliarsi sul filo dell'orizzonte,
col sole alle spalle che accendeva la corazza del re guerriero di
riflessi dorati, quietarono i loro cuori ma non rallentarono.
L'avrebbero
fatto solo per smontare dai loro destrieri e, piegato il ginocchio a
terra e il capo chino, per rendere omaggio al loro signore
impetrandone magnanima clemenza per la loro negligenza.
La
spada del re tornò ad accomodarsi nel suo fodero, mentre i suoi
occhi passavano in rassegna i fieri supplici: Guglielmo, uno ad uno,
pose le mani sulle loro spalle e li invitò ad alzarsi,
abbracciandoli fraternamente; erano disorientati ma rapiti dalla sua
figura che il sole, che inesorabile ascendeva la volta del cielo,
caricava di un'aura scintillante e carismatica, come se il re fosse
una emanazione diretta dell'astro che illumina e riscalda.
Dopo
averli lungamente scrutati, quasi volesse entrare nelle loro anime
dalla porta degli occhi, finalmente il re parlò.
<< Vi sono momenti in cui parlano solo le spade e altri in cui è bene
che a prendere la parola siano la testa, la pancia e il cuore. Ci
siamo scelti perchè voi eravate i migliori ed io colui che avrebbe
potuto fare la vostra e la mia fortuna; ma ora, dopo questi nostri
gesti e tutto il cammino che ci ha portati sino a qui, insieme, ho
compreso che non c'è più solo necessità e ambizione e desiderio di
potere a legarci tra noi, ma amicizia: non mi avete trovato e siete
venuti a cercarmi. >> Prese
volutamente una pausa per lasciare decantare nel loro animo le parole
dette e quelle non dette.
<< Fino ad oggi siete stati braccia e gambe per una testa che voleva
conquistare il suo posto nel mondo: una testa che è stata davanti a
voi negli assalti, che ha lottato e sudato e sofferto insieme a voi,
che ha pianto i compagni lasciati sul campo e gioito per le vittorie
e i bottini spartiti, premiando il valore e l'onore. Ora,
vi chiedo ancora uno sforzo, non l'ultimo, ma il più grande che
tocchi a chiunque vinca una guerra: dalle ceneri e dalle macerie, dal
sangue e dalle lacrime versati sopra di esse, ricostruire un regno e
un popolo che ci sopravviva, fiero dei suoi indomiti natali. Se
io sarò il vostro re, voi sarete i miei occhi e le mie orecchie in
tutti gli angoli delle terre che abbiamo conquistato: ma sarete anche
la mia bocca per esprimere la volontà e la forza delle regole che ci
siamo dati per riuscire nella nostra impresa, amministrando il bene
comune per crescere e prosperare.
Una
pancia e una tasca troppo vuote incendiano l'anima e guidano gli
assalti ai forzieri degli avari che finiscono per perdere anche
l'unico bene che nessuno, in questo mondo, è in grado di restituire. >>
Sapeva
bene che la metà di loro si era unita si era unita a lui e ai suoi
manipoli soltanto per quel motivo: la prospettiva di aprire numerosi
forzieri e rimpinguarsi le tasche, agendo sotto le insegne e l'egida
di un qualsiasi re cui avrebbero lasciato l'onere di giustificarsi
davanti agli uomini che avrebbero raccontato gli eventi di quei
giorni, fatti di rapine e massacri in nome della fame di terra su cui
avere diritto di amministrare la vita e la morte.
Un
soldato pensa solo al presente e vive un giorno dopo l'altro, come se
fosse l'ultimo: un re, un capo, un padrone da cui dipendono altre
vite che, viceversa, danno se stesse per la sua grandezza e per il
suo successo non può permettersi alcun lusso simile.
Egli
deve vivere l'oggi come se fosse già tramontato e il domani come se
fosse già iniziato: anticipando le mosse, immaginando strategie
nuove, osando sfidare il fato contando sulle forze che gli sono
fedeli e sottoposte così come sul suo intuito.
<< Amici, lasciate che vi chiami così...amici!... E' giunto il tempo di
far nascere un regno mai visto prima, perchè basato su poche regole
e sulla stima reciproca delle sue parti che agiranno, sebbene
indipendenti e ugualmente degne, come se fossero un corpo solo.
Io
sarò il vostro re e spetterà a me l'ultima parola, ma voi sarete me
in tutto e per tutto in ogni angolo del nostro regno, di questa terra
che abbiamo appena conquistato; risponderete a me del vostro operato
e, ogni volta che passerete il segno della giustizia e della decenza,
pagherete come hanno pagato spie e ruffiani in passato.
Non
guarderò nelle vostre tasche, ma negli occhi delle genti che
governerete e loro mi diranno più di quanto saprete tacere: tanto
quando ci riuniremo per tirare le somme delle annate, quanto tutte le
volte che verrò a passare in rassegna le mie terre, o meglio, le
nostre terre. Oggi
la campagna per la terra finisce qui, su questa scogliera: dobbiamo
riposarci e consolidare le mura di questa nuova casa, guarire le
ferite e consolare vedove e orfani, rifocillarci e rinnovare le
energie spese. Solo
così potremo costruire navigli in grado di farci conquistare il mare
e le ricche terre che nasconde dietro l'orizzonte. >>
Si
volse torcendo il busto e stendendo il braccio in direzione della
linea che congiungeva il cielo e l'oceano: il sole che era salito
ancora un poco, complice un inganno prospettico, agli uomini che
ascoltavano rapiti quel discorso, pareva che fosse sorretto dal palmo
aperto e disteso della mano del loro re.
Allora
sorse spontaneo e naturale, dai loro cuori e dalle loro gole,
l'augurio di lunga vita e prosperità al re e alla sua discendenza:
Guglielmo aveva conquistato i loro cuori e le loro anime, vincendo
un'altra scommessa col destino e la prima gara per vincere la pace. La
prima pietra era posata e, una volta tornati al campo, mise su tutte
le altre d'una costruzione che si regge in piedi ancora oggi ed è il
faro di tutto il mondo, così detto, occidentale.
(c) 2015 Testo di Claudio Montini tratto da "Camere ammobiliate per viaggiatori immaginari" ed. Youcanprint Selfpublishing
(c) 2015 Foto di Orazio Nullo
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