di Claudio Montini
Quando ero studente, oltre trent'anni fa, mi dissero che una generazione si poteva computare in un arco di tempo di venticinque anni; ora sono passati poco più di settant'anni dall'esplosione del mortale giocattolo di Oppenheimer, come lo ha definito Sting in "Russians" brano di successo della fine degli anni Ottanta del XX secolo, nel cielo di Hiroshima seconda città del Giappone imperiale del 1945.
Contrariamente alle bombe convenzionali al tritolo, non è stata fatta esplodere con impatto al suolo, ma intorno ai 500 metri di altezza sopra l'università: lo scheletro d'edificio che si vede ancora oggi è un padiglione dell'università, forse un piccolo osservatorio astronomico della facoltà di Scienze Naturali. L'effetto desiderato era quello di amplificare al massimo il potere distruttivo della deflagrazione sulle infrastrutture; in realtà non si conosceva del tutto la potenzialità dell'ordigno e neppure i suoi effetti collaterali.
Sono passate almeno tre generazioni, altrettante rivoluzioni culturali e tecnologiche, parecchi papi e presidenti ma non c'è stato alcun progresso: per lo meno quello immaginato dai più arditi sognatori che si sono spinti oltre le trame di autori di fantascienza.
Ciò che si è visto allora ha fatto progredire soltanto la paura e la corsa a dotarsi di ordigni simili e di potenza sempre superiore per alimentare quella e usarla come strumento di deterrenza, anche a scopo contrattuale nelle dispute diplomatiche. "Little Boy" valeva 12500 tonnellate di dinamite e, da allora, l'unità di misura del potere esplodente/distruttivo è proprio il potere di "Little Boy": durante la guerra fredda si è arrivati a testare bombe da 25 megaton ma le nuove strategie prevedono l'impiego di ordigni tatticamente più agili, da 2 megaton al massimo e dimensioni che passano più inosservate di Little Boy che misurava tre metri di lunghezza.per qualche tonnellata di peso.
Il vero problema è che non si sa esattamente quante ce ne siano al mondo: una stima recente ma approssimativa parla di 15000 unità sparse tra Usa, Russia, Francia, Regno Unito, India, Pakistan, Cina e Corea del nord sebbene di questi ultimi due paesi non sia affatto nota la disponibilità effettiva. Inoltre, non si sa con certezza quanti e quali abbinamenti con armi convenzionali siano possibili per ottenere, a livello psicologico e a livello pratico, gli stessi effetti di "Little Boy" (all'uranio 235) e "Fat Man" (la gemella ma al plutonio 238 esplosa su Nagasaki tre giorni dopo); giova ricordare che i due elementi dal numero atomico molto importante (sono metalli) in natura hanno sì una emissione di particelle radioattive, ma non tale da provocare reazioni a catena distruttive ed esotermiche: pertanto, la loro struttura atomica deve essere arricchita di neutroni che, però, rendono instabile ed estremamente reattivo il materiale che diventa pericoloso quando raggiunge una determinata quantità o massa critica.
Controllare questa reazione significa disporre di energia in quantità enorme da una massa relativamente piccola e senza scarti di produzione; lasciarla andare oltre il suo punto critico, vuol dire condannare a morte l'intero pianeta e la civiltà umanoide che si crede intelligente e, forse, addirittura simile a Dio.
(c) 2016 testo di Claudio Montini
(c) 2015 Immagine "Mind Games" di Orazio Nullo
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