Elda
Lanza
UNO
STUPIDO ERRORE
Ed. Salani 2016
La
legge è imperfetta per tutti, specialmente per le vittime
di
Claudio Montini
La perfezione non è di questo mondo, si usa dire delle
cose umane: la letteratura e la giustizia sono tra queste, nonostante
millenari sforzi di menti sopraffine e ben superiori alla mia.
Infatti basta uno stupido errore a lasciare una vittima senza
colpevole e priva del benché minimo risarcimento per la sua
malasorte.
Elda Lanza, in Uno stupido errore edito da
Salani (2016), pone la questione della coincidenza, eventuale e non
scontata, tra verità concreta e verità processuale lasciando al
lettore libertà di coscienza e stimolo per una riflessione.
Tuttavia, questa non è una imperfezione: anzi è una presa d'atto
che certifica, se mai ve ne fosse ancora bisogno, la padronanza
magistrale dei mezzi artistici e culturali della scrittrice
novantenne, ben più vivace di colleghe con la metà delle sue
primavere alle spalle; l'imperfezione, semmai, risiede nel
sottotitolo che fa parte del clichè come gli strilloni di stampa
riportati, in quarta di copertina, a suffragio della eccezionale
qualità del lavoro di colei che è stata la prima conduttrice e
autrice televisiva di Mamma Rai, ben prima di Enza Sampò per
intenderci, nei cosidetti anni eroici della televisione di stato:
questa volta, non è un'avventura dell'avvocato napoletano Massimo
Gilardi, ex commissario di polizia a Milano, perchè lui entra nella
storia solo per dovere professionale apparentemente sbrogliando e
trovando il bandolo di una matassa che il coro dei veri protagonisti
ha provveduto a ingarbugliare per nascondere la dinamica dei fatti. A
loro volta, i componenti di questo coro di umanità varia ed
eventuale nascondono e scoprono verità e realtà che, pur essendo
palesi e concrete non solo nella Napoli immaginaria di Elda Lanza,
non si toccano e se lo fanno si sfiorano con scintille che mettono a
nudo la meschinità del vivere quotidiano: l'aurea regola del quieto
vivere e dell'accordo tra le parti appagherà tutto il resto del coro
dei protagonisti tranne, appunto, la vittima che rimarrà orfana del
proprio sogno per colpa di un malinteso senso dell'amicizia e
dell'amore e dell'etica che li dovrebbe guidare.
E' come una tragedia greca nel senso migliore
dell'espressione: la Tebe di Eschilo e di Sofocle era tanto vera e
fittizia, allo stesso tempo, quanto lo è la Napoli della signora
Lanza perchè quello che importa è l'umanità a tutto tondo dei
personaggi che mette in scena e fa parlare e agire con uno stile
impeccabile e una scrittura elegante, corretta linguisticamente anche
nella caratterizzazione, scorrevole e lieve e gradevolissima tanto da
arrivare al termine di ogni capito e ogni capoverso senza il benchè
minimo affanno o dubbio.
Max Gilardi diventa comprimario di lusso per tutti gli
altri personaggi che, proprio come in un coro, tesse la trama della
vicenda con la propria voce e coi propri atti e coi propri pensieri
intrecciandola a quella altrui: e noi che leggiamo, anzi, vediamo
come se fossimo di fronte a un diorama animato, sapendo come sono
andate le cose, ci struggiamo impotenti nell'assistere agli sviluppi
della vicenda.
Uno stupido errore di Elda Lanza (Salani,
2016) è una bella occasione per tutti di riconciliarsi con la
letteratura italiana e per sfatare il mito, assurdo e provinciale,
secondo il quale il poliziesco o noir che dir si voglia sia un
prodotto di seconda fascia, buono solo per l'intrattenimento popolare
a buon mercato: a partire dalla lingua adoperata con elegante
rispetto di tutte le regole sintattiche e grammaticali del miglior
italiano, comprensibile dalla Punta Hellbronner sopra Courmayeur a
Lipari e Lampedusa e da Sappada a Capo Teulada o al Poetto di
Cagliari, per arrivare alle domande finale, scritte in corsivo, che
chiudono il romanzo, esso assolve egregiamente al compito
fondamentale che dovrebbe animare e innervare l'azione e la
produzione di chiunque si metta in testa di farsi scrittore o
generatore di cultura in genere.
Questo compito è intrattenere con intelligenza, con
garbo, buon gusto e proprietà di linguaggio e non rozza
improvvisazione, che spesso scade nel pecoreccio; siccome non è mai
troppo tardi, o meglio, gli esami non finiscono mai, si aggiunge
anche l'opportunità di lanciare messaggi edificanti e stimoli alla
riflessione che portino a una evoluzione civile nel senso più ampio
del termine; se la moderna televisone e tutto il sistema dei mezzi di
comunicazione ha abdicato alla missione pedagogica, rincorrendo solo
logiche di profitto commerciale, tocca allora agli scrittori e ai
poeti, se non sono stati tutti arruolati dalle case discografiche, il
compito di ricreare gli animi disintossicandoli dalla banalità del
male e della cattiveria gratuita.
©
2016 testo di Claudio Montini
© 2016 foto di
Orazio Nullo
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