di Claudio Montini
Voce di antichi mattoni: io sono Lomello
Salve
forestiero: la fortuna cieca e il fato baro ti hanno portato sin qui
a incontrare il mio cuore di mattoni cotti dal sole e dal vento,
sferzati di pioggia e di vento e di neve.
Il
Tempo e la Storia sono scivolati sulla loro superficie impregnando
anche gli intonaci di memorie tramandate e conservate dai vincitori e
dai sopravvissuti, perchè l'imponenza del manufatto, da sola, dura
poco più di chi l'ha creata e non ha facoltà di parola: se viene
fagocitata dall'oblio del silenzio, se rimane senza testimoni, essa
si perde nella polvere da cui è sorta e in cui sono dispersi, ben
prima di lei, i suoi artefici.
La
natura si riprende sempre ciò che le è stato sottratto, per
restituirlo sotto altre spoglie destinate a un'altra vita.
I
re comandano le guerre che i popoli, per lealtà o per dovere, pagano
con tributi di sangue e di gioventù portandole a termine: i
vincitori si affannano a scrivere la Storia per compiacersi e
giustificarsi delle loro imprese, tacendo e mistificando a propria
convenienza; chi sopravvive alla tragedia, si secca la gola per
raccontare mille storie di eroi e d'infami, mescolando dolore e pietà
con verità e leggenda, a beneficio e istruzione delle generazioni
successive che abbiano ancora voglia di ascoltare.
A
suffragio della verità delle proprie parole, entrambe le schiere di
narratori additano e descrivono case e templi, simulacri e reliquie,
lande e borghi che sono stati teatro o semplice quinta o fondale di
scena degli eventi che vanno narrando, purchè siano ancora lì in
piedi da vedere.
Quel
che manca, come sempre, lo aggiunge la fantasia di chi ascolta e di
colui che racconta.
Quel
che resta è ciò che il Tempo, un galantuomo che sa fare il suo
mestiere, lascia levigando gli spigoli dei ricordi e distillando il
tutto in quella materia impalpabile e altamente malleabile che gli
umili chiamano memoria e i signori, scaltri e potenti, indicano col
nome di Storia seppellendo la verità sotto una montagna di carte, di
codici e pareri autorevoli.
Raggiungermi
non è difficile, sebbene io non sia da secoli nelle prime posizioni
delle tabelle di marcia dei pellegrini per fede o per diletto: del
resto, non ho mai fatto molto per mettermi in mostra, amo la placida
tranquillità della campagna che mi circonda.
Però,
oggigiorno, non è nemmeno difficile sapere delle piccole gemme
antiche che custodisco e che sono la ragione per cui vale la pena
venirmi a trovare: pensa che se digiti il mio nome in bocca al
ficcanaso globale elettronico, è capace di farti vedere anche se c'è
qualcuno che, davanti al mio castello, aspetta che apra la farmacia e
butta un'occhiata distratta al monumento all'unico soldato italiano
che abbia mai vinto una guerra: il milite ignoto vestito da fante
della prima Guerra Mondiale.
Ma
tu sei già qui e stai anche dando un'occhiata ai tanti nomi di
quelli che non sono tornati: troppa gioventù sprecata, altro che
Lomello riconoscente ai suoi figli caduti per la patria.
Come
tanti altri miei colleghi, ne avrei fatto volentieri a meno di
vederli partire giovani, vivi e forti e tornare in una cassa da morto
o storpi o malati.
Scusami,
sto parlando come un vecchio patetico...
Allora,
prima di parlarti della chiesa prepositurale di Santa Maria e del
battistero di San Giovanni ad Fontes che sono le mie parti più
antiche (considera un'arco di tempo tra il X e il XII secolo dopo
Cristo) mentre la chiesa di San Michele e il castello sono tra le più
giovani (hanno tre o quattro secoli di meno), vorrei spendere ancora
altre parole su di me che ti mostreranno un'immagine della mia anima
che le pietre, i mattoni, le guide e le altre enciclopedie non ti
daranno mai.
Sono
nato in una terra ricca d'acqua e un tempo, ormai distante alcuni
secoli, anche ricca di boschi fitti e affollati di selvaggina,
trapuntata di fontanili e prati e marcite, con piccoli dossi
argillosi e sabbiosi.
Tutti
questi dettagli insieme all'assenza di grossi ostacoli orografici, ha
fatto in modo che questa porzione di Pianura Padana diventasse un
posto ideale tanto per scorribande di esaltati di ogni genere quanto
per dimore del buon ritiro, dove stare alla larga dai veleni e dagli
intrighi delle segrete stanze del potere temporale, così come culla
di bontà e prelibatezze
Da
me, la Storia si è fermata poche volte e solo per abbeverare i
cavalli, rifocillarsi e curarsi graffi e ferite, stringere patti
anche matrimoniali ( di cui ti dirò in seguito ) e ripartire più
forte e più sana verso altre terre e verso più memorabili imprese e
rocambolesche avventure; tuttavia non ha mancato di lasciare segni
del suo passaggio, a volte per caso ma più spesso per necessità: un
castello, una via o un ponte, un tempio o solo un'edicola votiva.
Altrove,
per molto meno, ci si gonfierebbe il petto facendo la ruota come
pavoni con ogni forestiero che si presentasse curioso di cimeli,
reliquie e antiche mura ostinate nello sfidare i secoli: qui la
memoria dura un giorno, al massimo due o tre, come le rose,
paragonata alla lunga catena dei secoli che ti hanno portato qui
oggi.
Se
tornasse Cicerone a dirmi che " Historia magistra vitae est "
gli riderei in faccia, anche se all'epoca del suo consolato ero già
un satellite nell'orbita di Roma, da almeno un secolo.
In
fondo, le tribù dei Levi che erano scese dai Giovi e dalle morene
monferrine, non avendo alcuna nostalgia del mare con cui litigavano
per il pesce e per la terra su cui piantare capanne, ma da cui
avevano imparato a cavare il sale da scambiare con le genti di
pianura, erano desiderose di vivere senza doversi sempre guardare le
spalle, capaci di adattarsi a ciò che trovavano e fare scambi
proficui.
Ai
Romani piaceva la campagna boscosa e ricca di fontanili e fiumi
limpidi e pescosi: chissà perchè, acqua e terra da lavorare, con le
mani e con gli aratri, li rilassava e smettevano di pensare solo a
menar le mani con gladi e lance; ai Levi, piacevano quei prodi
operosi con cui si facevano spesso buoni scambi e, sebbene avessero
preso a comandare a destra e a manca, avevano pensato da subito alla
sicurezza e all'ordine per tutti cingendomi con una palizzata e un
fortino in cui anche chi pensava ai commerci e agli stomaci potesse
trovare conforto e scampo dai predatori randagi.
Gli
uni pensavano alle armi, gli altri al benessere senza stare a
cavillare sul fatto di doversi romanizzare: conveniva ai traffici di
entrambe le parti; gli dei, anche se cambiavano nome, continuavano a
stare oltre le nuvole e sotto la terra che calpestavano mentre tutti
quanti dovevano mangiare, mettere su casa, prosperare e fare figlioli
che li avrebbero sostenuti nella vecchiaia: finchè il cielo non
fosse caduto sulla testa, c'era rimedio ad ogni cosa.
Allora
vennero le strade che ricongiunsero il mare con le montagne e con le
terre che vi stendono oltre, fino ai confini del continente in faccia
ad altro mare.
Su
questi tracciati selciati son passati secoli di Storia e di storie,
di risa, pianti, congiure e atti di valore e coraggio; orde di
vandali e bruti, bande di soldataglia e squadroni di cavalleria sono
passati come la tempesta, arraffando quel che potevano e andandosene
senza voltarsi a gettare uno sguardo pietoso a macerie fumanti e
vedove e orfani; stuoli di millantatori venuti a promettere castelli
sulle nuvole e fiumi d'oro e di latte e miele, hanno preteso in
cambio giovani vite e frutti della fatica nei campi per foraggiare le
loro ambizioni o quelle di sovrani lontani come le montagne, ancora
innevate, che si vedono nei giorni sereni e tersi di primavera.
La
Storia e la vita non si fermano mai, si rincorrono da un capo
all'altro dell'infinito, dal primo istante dell'universo al grande
botto finale che lo farà ripartire in tutt'altro modo.
Per
questa ragione ti risparmio la lunga teoria di generali e teste
coronate che mi hanno usato come pedina per i loro disegni ed eviterò
di raccontarti rappresaglie e altre feroci loro meschinità di cui
sono stato teatro: cambiano impresari e orchestrali ma la musica che
il popolo ascolta è sempre la medesima, se vuole sopravvivere.
La
fortuna degli uomini è una linea ondulata disegnata sulla trama e
sull'ordito del Tempo: sale e scende senza tregua e senza rispetto
per sudditi, sovrani o eroi.
Non
si è mai fermata nemmeno la regina Teodolinda, che è passata di qua
per scampare alle congiure di palazzo che, a Pavia, le avevano ucciso
il marito e che qui ne ha trovato un altro dandogli una figlia e un
figlio; che qui ha abbracciato la fede cattolica abbandonando
l'arianesimo cristiano per farsi battezzare in quello che sarebbe
diventato il battistero di San Giovanni ad Fontes, in tal modo
riunendo il suo popolo alla comunione con la chiesa cattolica romana.
Senza
dire nulla delle chiese e dei conventi e degli ospizi che ha fondato
per tenere fede al suo nome di battesimo, tanto nella fede ariana che
in quella cattolica: in celtico, dal momento che lei proveniva da una
tribù che si muoveva tra la Baviera e la Foresta Nera, il suo nome
si compone di due radici verbali che significano amica, o scudo o
protettrice, del popolo.
Anche
io ho potuti annoverare molti suoi doni; su tutti, quelli che sono
ancora evidenti sono la basilica di Santa Maria Maggiore e il
Battistero di San Giovanni ad Fontes: sebbene quello che vedi sono
manufatti sorti parecchi secoli dopo di lei, la loro fondazione le è
sicuramente dovuta.
Mentre
segui il mio discorso, fai scorrere il tuo sguardo sui mattoni rossi,
sui ciottoli di fiume e sulle lastre lapidee di questa piazza,
intitolata a quell'antica regina per l'ipocrisia di un regime che
piegava la storia e la schiena dei giusti per la propria gloria
ingrassando solo i proseliti e gli accoliti.
Percorrila
con calma, misurando i passi, sali o scendi la via che gira intorno
al complesso monumentale che comprende il battistero e la basilica e
l'oratorio femminile, che un tempo era anche casa parrocchiale.
Non
una sola volta, mi raccomando; entra in loro e, se trovi una guida,
ascolta quanto ha da dirti: poi lascia che siano le pietre, i mattoni
gli intonaci a parlarti.
Non
temere: lo faranno e ti renderai conto che il tempo e la frenesia
contemporanea svaniranno per attestarsi più in là, verso il
castello e la chiesa sconsacrata di San Rocco.
Soltanto
i mattoni e le pietre dei manufatti posati ed eretti dagli avi di
coloro che animano questo paese, paradigma a modo suo di questa
nazione fatta a stivale, sfidano la miopia e l'oblio per parlare con
pazienza a te, forestiero giunto a Lomello per vedere il mio cuore
antico e sentirlo ancora pulsare.
(c) 2015 testo del racconto tratto da
CAMERE AMMOBILIATE PER VIAGGIATORI IMMAGINARI
CAMERE AMMOBILIATE PER VIAGGIATORI IMMAGINARI
di Claudio Montini
edito in selfpublishing da YOUCANPRINT 2015
edito in selfpublishing da YOUCANPRINT 2015
Video condiviso dal canale youtube di family.tv - serie Piccola Grande Italia
Per eventuali visite a Lomello, contattate la Proloco di Lomello (PV) prololocolomello.blogspot.com
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