Chi ci aiuterà a capire qualcosa della vita e dell'amore?
Tutti parlano e parlano o,
peggio, scrivono e scrivono: la cultura popolare e la biblioteca
comunale....
Così scriveva e cantava Ivano Fossati, facendolo
cantare anche ad Adriano Celentano, nel suo brano intitolato Io
sono un uomo libero contenuto nell'album Lampo
Viaggiatore; anche io parlo e scrivo sperando che qualcuno mi
legga e mi ascolti: eppure mi rendo conto che siamo diventati un
popolo di sbruffoni, chiacchieroni, maleducati e sordi...altro che
santi, poeti e navigatori.
A partire dalla televisione fino a
scendere al pianerottolo, o al salotto di casa, si è persa la buona
creanza di ascoltare e poi parlare, attendere che l'interlocutore
chiarisca la propria idea per esporre le proprie argomentazioni:
facciamo a chi grida più forte o a chi è più bravo e rapido a
ripetere a pappagallo la propria tesi, sovrastando con garrulo
frastuono l'ottuso avversario esattamente come si faceva all'asilo
infantile finchè la suora, trasformata in un mulino a vento,
riportava la pace e la ragione dirimendo le questioni a sganassoni e
punizioni varie ed eventuali.
Si sa che i religiosi, quanto a
penitenze sono largamente e lungamente esperti: vuoi per lo stile di
vita che si sono scelti in virtù di una chiamata soprannaturale,
vuoi per gli studi approfonditi del vecchio testamento dove
l'immagine di Dio è presentata come quella di un tipo dal carattere
mica tanto facile, accade sempre che trovino l'idea giusta e le
parole per farti sentire in colpa per qualcosa e addio libero
arbitrio.
Allora chi ci aiuterà a capire
qualcosa della vita e dell'amore?
In altre parole: in questa società
contemporanea apparentemente evoluta, apparentemente soggetta a
inarrestabili moti browniani, insani e instancabili rimescolamenti di
concetti ed elementi, apparentemente aperta alle novità, chi ci
foraggerà di idee e di suggerimenti così come di indicazioni e
chiavi di lettura, che scorderemo o confonderemo con adolescenziale
noncuranza?
A chi spetterà il compito di
restituirci almeno una ragione per non smettere di credere che domani
è un'altro giorno, un giorno in più in cui possiamo migliorare,
risalire la china fino a respirare di nuovo aria fresca e ammirare
l'orizzonte sgombro da nubi?
Toccherà, quest'arduo e delicato
compito, agli intellettuali e in particolare agli scrittori di
romanzi e manuali, di poesie e testi per canzonette, di racconti e
novelle proprio come me (l'anno scorso una scrittrice di racconti ha
vinto il Nobel per la letteratura, la canadese Alice Munro, per
esempio); non certo ai televisivi o ai radiofonici o ai cineasti, ma
a noi che mettiamo idee e sentimenti sulla carta (anche se
elettronica e, dunque, di per sè virtuale) omaggiando e
corroborando l'eterna verità del detto latino "Verba volant,
scripta manent" (le parole volano, le cose scritte restano):
quelli, infatti, sono produttori e spacciatori privilegiati, laici e
senza scrupoli, di oppiacei per popoli la cui fede è ormai ridotta a
mera abitudine.
Costringendovi a leggere cosa c'è
scritto nei messaggi che infiliamo nelle bottiglie e affidiamo al
mare virtuale, catturiamo totalmente la vostra attenzione e seminiamo
le nostre parole nell'anima lasciando sedimentare lì la nostra
fantasia e dandovi, così, il tempo e il modo di assimilare altre
idee e magari metterle in pratica e ripartire alla ricerca della
felicità.
Chi ascolta la radio può fare
qualsiasi altra cosa, anche stare con gli occhi chiusi a lasciarsi
riempire le orecchie di suoni e scivolare nel mondo dei sogni; chi è
davanti al televisore o è al cinema, si trova fisicamente lì ma
potrebbe avere la mente in fuga altrove mentre le immagini scorrono;
chi legge è concentrato sulle parole che cattura con gli occhi e
ricostruisce nella sua mente, nella sua fantasia, con immagini e
modalità che nessuno, tranne Dio (o in qualunque altro modo lo si
voglia chiamare), può vedere o sindacare.
Questa è la mia missione qui e questo
avrete da me: io scrivo racconti, sto preparando un romanzo (anzi,
due: un giallo e uno di fantascienza) e scrivo poesie per il piacere
e il vizio di pensare sempre con la mia testa e digitare ciò che
penso.
Testo: (c) 2015 Claudio Montini
Foto: from acomearte.blogspot.com post on facebook 2013
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