di Claudio Montini
Viviamo tempi sofisticati, tempi in cui è difficile trovare qualcosa che possa dirsi genuino e originale: la tecnologia ci consente di annullare le distanze e di replicare con poco sforzo molte cose, arte e suoni compresi. Eppure, un manipolo di coraggiosi eroi sfidano la corrente e navigano in direzione ostinata e contraria offrendo, a chiunque voglia spendere del tempo libero in un modo forse antico ma del tutto naturale, la possibilità di ascoltare musicisti che sudano, sfiancano i polmoni e i muscoli che ignorano di possedere, per produrre e riprodurre musica che nasce da quella zona impalpabile, misteriosa e ricca di luci e di ombre che è dentro ogni essere umano, dove la ragione cede il passo al sentimento. Questo è il jazz, bellezza, e non puoi farci proprio niente: non è soltanto una casella da vocabolario in cui relegare un modo di confezionare musica senza marsina e cravattino, archi e legni, solo ottoni e pochi altri fiati, ritmiche sincopate e inventate lì per lì per pianoforte, tamburi e voce senza una bacchetta a dirigere il traffico, in cui tutti portano qualcosa di sè come a una scampagnata, ritagliandosi un pezzetto di assolo. Nel jazz non si inventa nulla che non sia già stato studiato, compreso e assimilato: chi suona uno strumento non solo lo conosce a fondo ma lo fonde con le proprie cellule, gli da le proprie fibre e le proprie orecchie perchè ogni brano è un viaggio che si comincia insieme, con lo stesso passo e con lo stesso tempo; si continua insieme ascoltandosi e ascoltando il sentimento che cresce avvolto dalle note che sono sempre sette (ma coi semitoni, diesis e bemolle, si moltiplicano) ma che, nello stesso tempo, sviluppa una sua personalità o un suo spirito fino a indicare la direzione e la traiettoria comune fino al gran finale, alla meta naturale del brano in cui tutti sentono di essere arrivati al capolinea. Ricchi di entusiasmo per l'energia che si è sprigionata e ha fatto vibrare l'anima mettendo in circolo la voglia di ricominciare. A Mortara, la cosa deve funzionare bene così perchè diversi manipoli di quei coraggiosi di cui parlavo si ritroveranno nella capitale della mancata provincia di Lomellina grazie a Liliana Vercelli e lo staff che la affianca nell'organizzazione della quarta edizione del Jazz Festival Città di Mortara, da giovedì 23 Marzo 2017 a domenica 26 Marzo 2017, distribuendosi tra Auditorium e Biblioteca Civico 17 e piazza Vittorio Emanuele e offrendo un ampio spettro di suggestioni musicali e culturali (per esempio presso la libreria Le Mille e Una Pagina verrà presentato il libro di Alessandro De Rosa "Inseguendo quel suono" oltre a un workshop di cui troverete informazioni visitando il sito www.jazzfestivalcittadimortara.it ). Avete dunque un mese di tempo per pensarci e mandare una mail a info@jazzfestivalcittadimortara.it per chiedere tutto quello che io non sono in grado di dirvi; inoltre, Mortara merita una visita poichè racchiude in sè secoli di storia tutti a portata di comoda passeggiata, facilmente leggibili anche dai più digiuni di storia e di architettura: passerete dal tardo romanico, al neoclassico, al razionalismo dell'era fascista e al modernismo contemporaneo, tipico degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso comunque filtrato dalla sensazione di una città davvero a misura d'uomo, di provincia buona ordinata e concreta nella migliore accezione del termine. Vi aspetto a Mortara, dove non c'è solo il salame d'oca.
(c) 2017 foto di Liliana Vercelli condivisa sulla bacheca facebook
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