venerdì 3 febbraio 2017

Letti & Piaciuti: Davide Longo "MAESTRO UTRECHT" NN Editore (2016)

ROTOLA IL CERCHIO 
DELLA VITA


Davide Longo
MAESTRO UTRECHT
NN Editore (2016)


di Claudio Montini

Sin dai tempi dei classici greci, era in cui per convenzione eurocentrica si colloca la nascita della cultura cosiddetta occidentale, il sogno di ogni insegnante è sempre stato quello di compilare il manuale definitivo, nelle intenzioni del compilatore anche perfetto, ad uso e consumo dei propri discepoli e di tutti coloro che sarebbero succeduti ad attingere a tal fonte del sapere. Fortunatamente, molti si sono limitati a concedere, a pochi eletti, appunti e schemi procedurali con cui preparavano di volta in volta le lezioni: in fondo ad ogni artista, del resto, si cela un solerte e permaloso artigiano geloso della propria sapienza conquistata in anni di gavetta e di prove ripetute. Altri si sono gettati stoicamente nell'impresa di mostrare al mondo come si fa a far fortuna quasi dovessero dettare le dosi per un pranzo di nozze regali: e guai a sgarrare, pena l'oblio e la dannazione eterna; alcuni, infine, hanno scelto una via ardua e impervia e fragile quanto un ponte di corda e assicelle di legno sospeso su un orrido (o burrone, se preferite), tappezzato di muschi e ribollente di schiuma di torrente impaziente di farsi fiume e correre al mare: costruire una storia o una serie di racconti che si intrecciano e si intersecano aventi come perno un personaggio ignoto e il suo investigatore, cacciatore e inquirente di una preda inconsapevole, per infarcirla di tutte quelle cose da trasmettere ai propri discepoli scommettendo sulla sensibilità critica e analitica del proprio uditorio, ovvero illudendosi che dall'esempio o dall'aneddoto tutti sappiano trarre la legge o la regola universale per il successo o, almeno, una pacifica soddisfazione. Purtroppo, è quel che accade a Davide Longo in MAESTRO UTRECHT (N N Editore, 2016) che confeziona una favola moderna alla Italo Calvino, quello dello stralunato Marcovaldo e del Castello dei destini incrociati, in cui è forte la anche la presenza dei tormenti di Cesare Pavese, con gli influssi della luna e i riverberi dei falò, così come le luci e le ombre di Carlo Cassola e Carlo Fruttero in cui anche la realtà è un'ipotesi poichè ognuno di noi, dello stesso fatto, ricorda e riferisce cose diverse destinate ad essere trascinate via dalla risacca instancabile, beffarda e implacabile del mare nel quale Hemingway andava a pescare e vedeva un vecchio sconosciuto e cocciuto cercare di farsi restituire un poco di fortuna o di riscatto rubato dai flutti e dai pescecani. Troppo bello per essere vero: infatti, si vira verso la trama di una puntata di CHI L'HA VISTO e il neorealismo per arrivare alla fine, già nota e scontata, la morte senza colpevoli e senza moventi di Maestro Utrecht che si è trasformato più volte, nell'aspetto e negli atteggiamenti, lasciando il lettore sempre più disorientato come se la storia fosse divenuta un labirinto di specchi da cui si esce, appunto, fermandosi di fronte al dato di fatto del rapporto di polizia sul decesso e sul funerale cui presenziano due poeti e una poesia per il defunto, unici testimoni del commiato di uno sconosciuto da questa valle di lacrime. MAESTRO UTRECHT è un pretesto per Davide Longo, già romanziere e autore di testi teatrali e radiofonici oltre che insegnante di scrittura alla Scuola Holden (fondata da Alessandro Baricco), per mettere in rassegna tutto quello che uno scrittore non, ripeto, non deve fare per provare a scrivere con un certo successo e soddisfazione propria e di chi lo andrà a leggere: un buon avvio giocato sul registro della favola surreale che, però, poi si perde per trasformarsi in indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e decisamente fuori dagli schemi; un pizzico di introspezione psicologica che non deve mai mancare, secondo i canoni della letteratura moderna; dialoghi serrati e scorrevoli, quando servono a disegnare ambienti e situazioni, staccando magistralmente (ci mancherebbe) dal soliloquio del narratore; l'esposizione dei proprio metodo di lavoro e uno spiraglio sulla vita privata dell'autore come a scusarsi del fascino morboso per l'esistenza altrui; una bella citazione riportata senza rivelare la fonte, riguardo al rapporto tra l'essere umano e l'amore (quel passo mi è sembrato di averlo già letto altrove, ma non ricordo dove...), la quale rende magnifico e altamente lirico il finale di un capitolo che comincia a mostrare la fatica di uscire dal labirinto delle ipotesi con le poche prove e testimonianze racimolate, mentre la vita reale prosegue e bussa alla nostra porta con le sue esigenze. A questo punto, il lettore si aspetta il colpo di scena, il lampo di genio, l'idea non ponderata che, grazie alla fantasia sfrenata di cui lo scrittore dovrebbe essere proverbialmente dotato, colma i vuoti e unisce i segmenti e mette in ordine i dati raccolti dal cronista di vita altrui suggellando con grazia e garbo sovraumano la fiaba moderna da cui, nelle prime pagine, è stato piacevolmente attratto e affascinato: ma in MAESTRO UTRECHT il miracolo tipico del romanzo, questa volta, non si compie, come il sangue di San Gennaro che non si liquefa ma a Napoli la vita continua ugualmente. Se ai napoletani resta comunque intatta la fede nel loro santo patrono e la speranza che la prossima sia la volta buona, a me resta il piacere di essermi imbattuto in un bellissimo italiano, inteso come lingua della narrazione, con tutti gli elementi della frase e del discorso esatti e concordanti tra loro, mai ridondanti e mai ripetitivi e mai banali, supportati da una attenta e intelligente punteggiatura che da vita a una prosa avvolgente, affascinante e lieve tanto da scorrere per gli occhi nella mente (talvolta anche nell'anima) come acqua fresca e dolce e pura e viva per chi ha attraversato il deserto di Atacama in cerca delle sue rose. Forse Davide Longo in MAESTRO UTRECHT (NN Editore, 2016) le ha trovate o forse si è arreso al rotolare del cerchio della vita [...] perchè tutto scomparirà, amici miei [...]come una nave che poco a poco si allontana dalla costa (pag.156). Io, invece, le sto ancora cercando perchè non mi accontento di un bel giro di parole ma cerco, in uno scritto, quel che tutte le campane andranno a sfidare, che gli inni sacri a glorificare, che va gridando forte nei portoni che sta nella natura e nella bellezza, quel che non ha giudizio nè mai ce l'avrà, quel che non ha paura nè mai ce l'avrà, quel che non ha misura... (Ivano Fossati)


© 2017 Testo di Claudio Montini

© 2017 Foto di Orazio Nullo

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