A LOMELLO,
IN UNA NOTTE
DI MEZZA ESTATE
di Claudio Montini
tratto da ASSENTARSI PER UNA MANCIATA DI MINUTI
youcanprint - 2012
Arrivato lì quasi per caso, col passare del tempo si abituò ai ritmi e alla parlata tanto differente dalla sua e rinviò, a data da destinarsi, la decisione di andarsene.
Anche se siamo tutti italiani, c'è qualcuno che è più italiano degli altri e la diffidenza verso il forestiero non si affievolisce mai: neppure Lomello sfugge a questa regola; ma lui sapeva adattarsi ad ogni situazione, magari ingoiando colossali rospi e poi prendendosi clamorose rivincite con la scioltezza e la noncuranza con cui passeggiava mangiando un gelato.
Era, infatti, solito fare quattro passi per conciliarsi il sonno sollazzando la gola col gelato alla crema e gli occhi con la vista della basilica di Santa Maria maggiore e il battistero di San Giovanni ad fontes; dal bar, saliva costeggiando le mura del castello Crivelli e del gerontocomio (che, secondo lui, come impatto visivo, rendevano meglio di giorno) e, all’uscita d’una curva a sinistra, avvolta dalle luci arancioni dei riflettori che esaltano i rossi dei mattoni e delle tegole con una varietà di sfumature che paiono la trascrizione d'una melodia sospesa tra cielo e terra, ecco che si apriva alla vista la piccola gemma antica ovvero il cuore di Lomello che aveva attraversato i secoli ed era ben deciso a tirar dritto verso l'eternità.
Lui, invece, ammaliato dal fascino che promanava dal complesso monumentale, non sapeva decidere da quale parte cominciare a percorrere l'anello selciato che circondava basilica e battistero: puntualmente fino ad allora, lo stupore e lo smarrimento vagamente stendahliano venivano dissolti dagli assalti delle zanzare agguerrite come kamikaze giapponesi che, per evitare troppe punture, lo inducevano a muoversi secondo un istinto ancestrale piuttosto che per un impulso razionale.
Allora, presa la strada di destra, saliva il breve falso piano che, con una tonda curva a sinistra, aggirava l’abside di S. Maria maggiore, procedeva parallelamente alla navata fino a infilarsi tra le mura sbrecciate sovrastate da archi che sembravano fungere da anticamera al portale della chiesa (oppure erano muti testimoni d'una maggiore grandezza della stessa? Sempre se lo domandava e parimenti non sapeva rispondersi); uscito di lì, teneva ancora la sinistra e una morbida curva cieca lo riconduceva alla piazzetta da cui ripartiva almeno un'altro paio di volte: la prima era per finire il gelato, la seconda per digerirlo e la terza per fantasticare su quel che avrebbero potuto raccontare quelle mura se avessero potuto parlare.
Così, con la fantasia che galoppava insieme a cavalieri e regine, s’avviava verso casa per gettar lo scheletro nel letto ad aspettare, sognando, di ricominciare i travagli quotidiani.
Fino ad allora, ed anche in seguito a dire il vero, quello, durante la bella stagione, era il suo personalissimo e, secondo lui, indispensabile rito per propiziarsi una serena nottata: ma quella sera non tutto andò seguendo la collaudata trama.
Invitato a cena da una coppia di amici, aveva accettato solo per pura cortesia nei confronti delle uniche due persone su cui potesse contare in caso di necessità; eppure, Clelia ai fornelli era un fenomeno per qualità e quantità, indovinava i tuoi desideri senza che tu aprissi bocca e al caffè arrivavi sazio ma non appesantito, mentre Tullio aveva la rara dote di combinare modi e parole giuste perchè tu ti sentissi sempre a tuo agio.
Tuttavia, ultimamente, avevano tralasciato di farsi gli affari propri e s'erano convinti che lui avesse bisogno d'una compagna: quindi avevano predisposto una serie di cene e gite cui aveva allegramente partecipato, presentandogli un ampio campionario di nubili ansiose di accompagnarsi che, se da un lato ampliarono il suo concetto di fame nel mondo, dall'altro gli fecero desiderare di sparire per qualche tempo dalla vista dei suoi amici.
Ma tutto il suo passato e i suoi pensieri, nell'istante in cui la vide, si dissolsero e scivolarono via da lui come l'acqua dei ruscelli sui ciotoli di montagna: quando vennero presentati avvertì un grande vuoto dentro di sè subito, però, riempito da un vortice d'energia che lo galvanizzò al punto tale indurlo a lasciarsi guidare dall'istinto.
Di nuovo, il copione scritto molti secoli prima, si riproponeva nei medesimi luoghi con scene e costumi attuali: sguardi e parole e sorrisi non smisero mai di intrecciarsi accrescendo in entrambi il desiderio di sfuggire all'abbraccio della gioviale compagnia, per approfondire la reciproca conoscenza.
Mentre gli altri dibattevano sul miglior modo di concludere la serata, loro si ritrovarono soli in veranda a scrutare il manto stellato contro cui si stagliava, fasciato dall'arancio fluorescente dei riflettori, l'assurdo campanile di Santa Maria maggiore; dando voce a un pensiero sfuggito a ogni controllo, lei si domandò che cosa ci fosse di tanto bello, ai piedi di quel campanile, da meritare tutta quella luce e lui, con una involontaria nota malinconica nella voce, rispose che là batteva il vero cuore di Lomello ovvero la fonte inesauribile della forza, della pazienza, della tenacia di questa gente che va sempre avanti, nonostante gli ostacoli che la sorte gli ha parato davanti, giorno dopo giorno, lungo lo snodarsi dei secoli.
Abbassò gli occhi per nascondere l'umidità che li aveva inondati e lei, inebriata di lui e delle sue parole, lo pregò di accompagnarla in quel posto così magico: in un batter di ciglia furono in strada e, come se volassero, in un baleno avevano già superato la curva che sfociava in piazza Teodolinda: l'imponente scenografia li paralizzò soprattutto perchè da essa si staccò una diafana figura di donna che, con l'incedere misurato di una sovrana, salì dall'ombra del battistero alla piazza e si fermò a un passo da loro.
Sorrise e disse: "Siate felici come me che in questo luogo ho incontrato l'amore e la felicità di essere amata e rispettata e ricordata benevolmente; allora, amatevi e rispettatevi prima tra voi e poi con gli altri: anche se qualcuno proverà a parlare male di voi, ci sarà sempre una moltitudine di giusti pronti a ricordarvi con affetto e con piacere."
Quindi, volse loro le spalle e si avviò sparendo nella curva che aggira l'abside di Santa Maria maggiore; riavutisi dallo stupore di quella visione, si diedero all'inseguimento di quella donna percorrendo varie volte il circuito che comunque li riportava in piazza Teodolinda: quando finalmente lessero la lapide toponomastica, capirono tutto e si baciarono appassionatamente mentre una stella cadente solcava il cielo sopra di loro, a Lomello in una notte di mezza estate.
Anche se siamo tutti italiani, c'è qualcuno che è più italiano degli altri e la diffidenza verso il forestiero non si affievolisce mai: neppure Lomello sfugge a questa regola; ma lui sapeva adattarsi ad ogni situazione, magari ingoiando colossali rospi e poi prendendosi clamorose rivincite con la scioltezza e la noncuranza con cui passeggiava mangiando un gelato.
Era, infatti, solito fare quattro passi per conciliarsi il sonno sollazzando la gola col gelato alla crema e gli occhi con la vista della basilica di Santa Maria maggiore e il battistero di San Giovanni ad fontes; dal bar, saliva costeggiando le mura del castello Crivelli e del gerontocomio (che, secondo lui, come impatto visivo, rendevano meglio di giorno) e, all’uscita d’una curva a sinistra, avvolta dalle luci arancioni dei riflettori che esaltano i rossi dei mattoni e delle tegole con una varietà di sfumature che paiono la trascrizione d'una melodia sospesa tra cielo e terra, ecco che si apriva alla vista la piccola gemma antica ovvero il cuore di Lomello che aveva attraversato i secoli ed era ben deciso a tirar dritto verso l'eternità.
Lui, invece, ammaliato dal fascino che promanava dal complesso monumentale, non sapeva decidere da quale parte cominciare a percorrere l'anello selciato che circondava basilica e battistero: puntualmente fino ad allora, lo stupore e lo smarrimento vagamente stendahliano venivano dissolti dagli assalti delle zanzare agguerrite come kamikaze giapponesi che, per evitare troppe punture, lo inducevano a muoversi secondo un istinto ancestrale piuttosto che per un impulso razionale.
Allora, presa la strada di destra, saliva il breve falso piano che, con una tonda curva a sinistra, aggirava l’abside di S. Maria maggiore, procedeva parallelamente alla navata fino a infilarsi tra le mura sbrecciate sovrastate da archi che sembravano fungere da anticamera al portale della chiesa (oppure erano muti testimoni d'una maggiore grandezza della stessa? Sempre se lo domandava e parimenti non sapeva rispondersi); uscito di lì, teneva ancora la sinistra e una morbida curva cieca lo riconduceva alla piazzetta da cui ripartiva almeno un'altro paio di volte: la prima era per finire il gelato, la seconda per digerirlo e la terza per fantasticare su quel che avrebbero potuto raccontare quelle mura se avessero potuto parlare.
Così, con la fantasia che galoppava insieme a cavalieri e regine, s’avviava verso casa per gettar lo scheletro nel letto ad aspettare, sognando, di ricominciare i travagli quotidiani.
Fino ad allora, ed anche in seguito a dire il vero, quello, durante la bella stagione, era il suo personalissimo e, secondo lui, indispensabile rito per propiziarsi una serena nottata: ma quella sera non tutto andò seguendo la collaudata trama.
Invitato a cena da una coppia di amici, aveva accettato solo per pura cortesia nei confronti delle uniche due persone su cui potesse contare in caso di necessità; eppure, Clelia ai fornelli era un fenomeno per qualità e quantità, indovinava i tuoi desideri senza che tu aprissi bocca e al caffè arrivavi sazio ma non appesantito, mentre Tullio aveva la rara dote di combinare modi e parole giuste perchè tu ti sentissi sempre a tuo agio.
Tuttavia, ultimamente, avevano tralasciato di farsi gli affari propri e s'erano convinti che lui avesse bisogno d'una compagna: quindi avevano predisposto una serie di cene e gite cui aveva allegramente partecipato, presentandogli un ampio campionario di nubili ansiose di accompagnarsi che, se da un lato ampliarono il suo concetto di fame nel mondo, dall'altro gli fecero desiderare di sparire per qualche tempo dalla vista dei suoi amici.
Ma tutto il suo passato e i suoi pensieri, nell'istante in cui la vide, si dissolsero e scivolarono via da lui come l'acqua dei ruscelli sui ciotoli di montagna: quando vennero presentati avvertì un grande vuoto dentro di sè subito, però, riempito da un vortice d'energia che lo galvanizzò al punto tale indurlo a lasciarsi guidare dall'istinto.
Di nuovo, il copione scritto molti secoli prima, si riproponeva nei medesimi luoghi con scene e costumi attuali: sguardi e parole e sorrisi non smisero mai di intrecciarsi accrescendo in entrambi il desiderio di sfuggire all'abbraccio della gioviale compagnia, per approfondire la reciproca conoscenza.
Mentre gli altri dibattevano sul miglior modo di concludere la serata, loro si ritrovarono soli in veranda a scrutare il manto stellato contro cui si stagliava, fasciato dall'arancio fluorescente dei riflettori, l'assurdo campanile di Santa Maria maggiore; dando voce a un pensiero sfuggito a ogni controllo, lei si domandò che cosa ci fosse di tanto bello, ai piedi di quel campanile, da meritare tutta quella luce e lui, con una involontaria nota malinconica nella voce, rispose che là batteva il vero cuore di Lomello ovvero la fonte inesauribile della forza, della pazienza, della tenacia di questa gente che va sempre avanti, nonostante gli ostacoli che la sorte gli ha parato davanti, giorno dopo giorno, lungo lo snodarsi dei secoli.
Abbassò gli occhi per nascondere l'umidità che li aveva inondati e lei, inebriata di lui e delle sue parole, lo pregò di accompagnarla in quel posto così magico: in un batter di ciglia furono in strada e, come se volassero, in un baleno avevano già superato la curva che sfociava in piazza Teodolinda: l'imponente scenografia li paralizzò soprattutto perchè da essa si staccò una diafana figura di donna che, con l'incedere misurato di una sovrana, salì dall'ombra del battistero alla piazza e si fermò a un passo da loro.
Sorrise e disse: "Siate felici come me che in questo luogo ho incontrato l'amore e la felicità di essere amata e rispettata e ricordata benevolmente; allora, amatevi e rispettatevi prima tra voi e poi con gli altri: anche se qualcuno proverà a parlare male di voi, ci sarà sempre una moltitudine di giusti pronti a ricordarvi con affetto e con piacere."
Quindi, volse loro le spalle e si avviò sparendo nella curva che aggira l'abside di Santa Maria maggiore; riavutisi dallo stupore di quella visione, si diedero all'inseguimento di quella donna percorrendo varie volte il circuito che comunque li riportava in piazza Teodolinda: quando finalmente lessero la lapide toponomastica, capirono tutto e si baciarono appassionatamente mentre una stella cadente solcava il cielo sopra di loro, a Lomello in una notte di mezza estate.
(c) 1999 Testo di Claudio Montini
(c)2012 Claudio Montini/youcanprint selfpublishing
(c)2012 foto Orazio Nullo
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