giovedì 9 aprile 2015

Letti & Piaciuti: zio propano e il prof. Daverio al museo immaginato - Radio Patela Magazine

Letti & Piaciuti a Radio Patela Magazine

 

Philippe Daverio

IL SECOLO LUNGO DELLA MODERNITA'

  IL MUSEO IMMAGINATO 
RIZZOLI      2012

di Claudio Montini

Philippe Daverio (Mulhouse (F), 1949) è professore ordinario presso la facoltà di Architettura dell'Università di Palermo e cittadino milanese da molti anni; per un buon numero di telespettatori italiani è il conduttore soave e misurato e brillante, curioso e stravagante ma elegantissimo di una benemerita trasmissione televisiva che si occupava di arte e di musei, basata su ottime immagini, sequenze ben sceneggiate e ritmate, interventi testuali e culturali intelligenti e intellegibili da chiunque si ponesse all'ascolto con curiosità, mai ridondanti o banali o noiosi.
Essa si intitolava Passpartout e andava in onda su RAI 3 (attualmente viene replicata su RAI 5 canale 23 del digitale terrestre italiano): la spending review operata dalla governance Rai negli anni scorsi, decretando la riduzione delle collaborazioni esterne limitata all'acquisto di format da sviluppare con maestranze proprie, quindi escludendo di fatto l'acquisto di programmi prodotti esternamente all'azienda,ha sancito anche la fine di Passapartout e la fine, per noi spettatori e utenti del servizio radiotelevisivo, di intelligenti e gradevoli passeggiate per musei e collezioni artistiche di mezzo mondo (prevalentemente europeo) piacevolmente incollati al teleschermo e comodamente seduti in poltrona.
Lo spirito della trasmissione televisiva riecheggia e rivive, ma viene anche superato e spinto più in là, in questo corposo e ricco volume (544 pagine e diverse centinaia di fotografie) composto dal professor Daverio per i tipi di Rizzoli nel 2012: IL LUNGO SECOLO DELLA MODERNITÀ -il museo immaginato- .
Divulgare ovverosia rendere disponibile e comprensibile al volgo, al popolo, alla gente comune argomenti e temi apprezzabili da tecnici o specialisti o appassionati maniaci, sia che si tratti di scienza o di arte o di storia o di tutte queste cose messe insieme, è una dote naturale come cantare o disegnare a mano libera oltre che essere da sè stessa un'arte con i suoi dogmi, i suoi sottili equilibri, i suoi percorsi.
Con oltre seicento immagini di opere d'arte, nella maggior parte dipinti, corredate di didascalie essenziali e puntuali (autore, titolo dell'opera, anno di produzione e posizione attuale) e una prosa sciolta e scorrevole, da piacevole conferenziere che sa corroborare di preziose informazioni il proprio discorso, senza cioè obsolete pedanterie, Philippe Daverio coglie in pieno il risultato di renderci partecipi di un sogno, il museo immaginato appunto, che illustra quanto IL SECOLO LUNGO DELLA MODERNITÀ (il diciannovesimo, l'Ottocento) sia stato fondamentale e formidabile per il secolo breve (il ventesimo, il Novecento) che ci siamo lasciati alle spalle entrando nel terzo millennio.
In realtà, egli compie un'operazione ancora più rivoluzionaria e anticonformista da superare i limiti del saggio e della letteratura; questo volume vorrebbe essere il catalogo del museo immaginato, se diamo corda al sogno, all'ipotesi che ci invita a considerare Daverio nell'esordio dell'opera, mentre è anche un'indagine storica e sociologica divertita e rigorosa che si fa carico di lanciare un messaggio alle nuove generazioni di amministratori pubblici: l'arte per l'arte non esiste perchè è il mercato delle opere d'arte che condiziona tanto il gusto quanto la produzione e la fortuna di ogni prodotto artistico, con l'ulteriore influenza del periodo storico contingente; quindi, non è vero che la cultura non fattura o che sia un'effimero vuoto a perdere, buono per riempire pareti e prendere polvere in saloni o locali che non si saprebbe come sfruttare altrimenti.
La cultura, nel libro intesa come arte figurativa e pittorica descritta nel periodo storico di massimo fulgore, si rivela non essere un lusso da civilizzati europei con puzza sotto il naso (come potrebbe far pensare il dipinto di Gustave Caillebotte utilizzato per la copertina, Una strada parigina sotto la pioggia) ma è il volano per il recupero funzionale di ciò che il progresso ha reso obsoleto e dismesso, consnentendogli di generare nuovo profitto e lavoro.
Nel sogno descritto con precisione in ogni dettaglio, padiglione per padiglione comprese attività extramuseali, Philippe Daverio immagina che in una ipotetica città d'Europa, da poco dotatasi di un nuovo scalo ferroviario ad alta velocità e pari sofisticazione tecnologica, si decida di procedere al riordino urbanistico del centro il cui cuore era proprio la vecchia stazione ferroviaria ormai dismessa: in omaggio al principio alchemico illuminista, nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, si affaccia l'idea di un museo che non sia il ripostiglio affollato di una collezione di opere eterogenee, affastellate a far numero, ma sia un'organismo articolato e vivo e fruibile tanto da essere in grado di ripagarsi e sostenersi da solo.
Ma più che il contenitore, descritto ampiamente nel capitolo COME NASCE UN MUSEO, conta il contenuto e i capitoli successivi sono la sua descrizione: il professor Daverio ci accompagna per le sale del museo immaginato, pagina dopo dopo pagina e fotografia dopo fotografia, riuscendo a far scorrere la prosa di pari passo con la sequenza delle immagini realizzando, nel lettore, la contemporanea compenetrazione dei due piani mentali, quella visiva e quello testuale.
Così, davvero, IL SECOLO LUNGO DELLA MODERNITÀ, ovvero l'Ottocento, si vede in tutta la sua ricchezza e in tutta la sua complessità, tant'è che si capisce bene come esso germini con la Rivoluzione Francese e si immoli, anche lui, nell'inutile strage che fu la Prima Guerra Mondiale.


Testo: © 2015 Claudio Montini   
Fotografia: Google Images/Rizzoli
Impaginazione: Orazio Nullo 


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