giovedì 26 aprile 2018

Il mio venticinque aprile



Sopravvivere a un figlio
di Claudio Montini
Quello che vedete è un monumento dimenticato, messo in una piazzetta quasi sconosciuta, in un angolo di Pavia di forte passaggio (un tempo) ma, con curiosa proporzionalità inversa, assai poco preso in considerazione persino dai passanti. E' a un tiro di fucile dall'area in cui sorgeva, un'era geologica industriale fa, lo stabilimento Necchi Macchine per cucire: ora è occupata dallo scatolone di vetro, acciaio e cemento armato riempito dalla Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Pavia e dagli uffici direzionali di un noto gruppo bancario. La zona è nota anche come Porta Milano, sta alle spalle del Castello Visconteo e adiacente alle cosiddette mura spagnole, o quel che ne rimane. E' un monumento dimenticato, come tanti in questo nostro disgraziato eppure affascinante pezzo di terra emersa dal Mediterraneo; dimenticato come tutte le cose che si danno per scontate, acquisite automaticamente, sottovalutate perchè sempre disponibili, sempre pronte, sempre presenti come le madri e la loro vitale carica umana, lo spirito di sacrificio, la loro saggezza, la loro umiltà, il loro orgoglio e il loro grande coraggio. E' un monumento dedicato a tutte le madri di tutti i caduti di tutte le guerre, mondiali o civili o di liberazione o di indipendenza, senza distinzione alcuna sulla parte di barricata o campo di battaglia fossero o quale divisa indossassero i loro figli uccisi in ogni inutile strage. I vincitori festeggiano, si sa, scrivono la storia e dettano la scansione alla memoria ma si dimenticano in fretta, deposta una corona d'alloro e spento l'eco delle fanfare, del dolore e del sangue pagato da chi ha messo al mondo una vita, col sogno di andarsene sapendola instradata verso un radioso avvenire, e invece è costretto sopravvivergli. Non so dire quando e come si stabilì che questo giorno d'aprile fosse festa per la liberazione dalla tirannia nazi-fascista: da bambino e da ragazzo, era soltanto un giorno di vacanza da scuola; da giovane studente e da soldato e da curioso di storia contemporanea, ho acquisito l'agghiacciante consapevolezza di quanto morti sia costata questa libertà e questa democrazia, per quanto incompiuta e sgangherata e limitata ma con ampi margini di miglioramento, tanto dalla parte che ha vinto che dall'altra che è stata costretta alla resa. Mi sono, altresì, reso conto di quanto entrambe fossero minuscoli ingranaggi di un meccanismo assai più complesso e grande e soggetto alle dinamiche imperscrutabili del destino che rende obsoleto tutto ciò che sembra una novità rivoluzionaria. Come ho fatto? Ho ascoltato, ho letto, ho guardato, ho provato a immaginare ma non ho dato per assodato o scontato o certificato nulla di quanto mi veniva raccontato: ho cercato le fonti della verità così come da neonato cercavo nel seno di mia madre la fonte della vita. Ho capito così quanto i genitori, di entrambi gli schieramenti, abbiano pagato più di tutti il prezzo della liberazione dall'idiozia della guerra ma anche quanto sia indispensabile la custodia della memoria e il suo costante esercizio: sopravvivere a un figlio è peggio di un'ergastolo sotto una feroce dittatura.
© 2018 Testo di Claudio Montini
© 2012 Immagine di Orazio Nullo

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