giovedì 30 agosto 2018

Dalla cambusa di Zio Propano: rosso, antico e vegetariano!

IL SUGO MEGANO
di Zio Propano

Gli artisti, anche i presunti tali come il sottoscritto, sono inguaribili superstiziosi e coltivano piccoli riti propiziatori che alcuni chiamano manie e altri abitudini; io, per esempio, preferisco fare la spesa per rifornire la cambusa il venerdì, giusto per tenermi il sabato libero per altre incombenze o per lo svago. Capita, a volte, di acquistare prodotti che vicini di casa appassionati orticoltori, poi, ti regalino, non tanto per fare sfoggio della propria abilità quanto per liberarsi di un'eccesso di produzione: ho avuto anche io l'orto ed è entusiasmante vedere l'esuberanza dei frutti delle attenzioni e della fatica dedicate a quelle piantine da pochi spiccioli acquistate al mercato, così come è imbarazzante non sapere come trasformarli in alimenti di lunga durata e risolversi a gettarli nella pattumiera o nella compostiera. Non si può, tanto per dire, mangiare tutti i giorni pomodori o zucchine oppure riempire bancali interi di vasetti di salsa e conserve e confetture: a conti fatti, tra materiale ed energia e materia prima, il gioco non vale la candela per tacere di ciò che rimane sepolto nel congelatore... Insomma, i pomodori li avevo già presi al supermercato e, un paio di giorni dopo, un'amica alla quale confido i miei pasticci ai fornelli (prima di trascriverli, giusto per avere un parere terzo...) mi ha portato una borsa contenente notevoli esemplari di sua produzione, accompagnati da un paio di rametti di basilico dal momento che a casa mia esso si rifiuta di mettere radici (per anni, la Jena Sabauda ed io lo abbiamo preso, piantato pensando di farci un casalingo pesto alla genovese e puntualmente abbiamo viste frustrate le nostre aspettative: l'anticoagulante orale che assume dopo l'intervento al cuore ci ha fatto desistere). Li ho messi a riposo in frigorifero e la sera, quasi alle soglie della notte, non riuscendo a risolvermi a portare lo scheletro e il resto della cospicua polpa nel letto ad attendere la nuova alba, mi sono messo a pasticciare con questi ingredienti:
  • 4 pomodori costoluti grandi (quelli che mi avevano regalato: ma potete usare anche quelli oblunghi, almeno otto, o tondi; coi ciliegini ce ne vogliono troppi: scappa la voglia...)
  • 1 cipolla dorata
  • 1 gamba di sedano (bianco o verde è uguale, ma io preferisco quello verde)
  • 1 carota
  • 1 spicchio d'aglio
  • 6 cucchiai da tavola di olio extravergine di oliva
  • 1 cucchiaio da tavola scarso di sale grosso da cucina
Riducete a cubetti o a pezzi grossolani i pomodori e sminuzzateli col tritatutto, o col mixer a lame o col passaverdura a manovella (se non vi fa difetto fare sfoggio di forza fisica) raccogliendo in una ciotola il fluido denso che ne deriva. Ripetete la stessa operazione con sedano, cipolla, carota e aglio per ottenere una sorta di pasta da unire al fluido rosso, mescolando come se fosse quello di una torta, giusto qualche minuto; spargete a pioggia il cucchiaio scarso di sale grosso e seguitate a mescolare fino a che vi sembrerà sparito. Versate il contenuto della ciotola in una pentola col fondo bagnato da due cucchiai da tavola di olio extravergine di oliva che abbia appena iniziato a scaldarsi, grazie al fuoco più piccolo del fornello tenuto a fiamma media, o meglio ancora, bassa. Date un paio di giri con il cucchiaio di legno al rosso amalgama, mettete il coperchio e lasciatelo in pace a sobbollire dai 30 ai 45 minuti; in pace, per modo di dire: tormentatelo solo un'altro paio di volte col cucchiaio di legno soltanto per evitare che bruci attaccandosi alle pareti o al fondo della pentola. Trascorsi quei minuti, spegnete il gas e lasciate che perda naturalmente il calore accumulato: voi avete altro da fare, cioè recuperare due (o più) vasetti di vetro con tappo a vite (sì, proprio come quelli della nota azienda emiliana, di vetrai in Parma dal millenovecento e zufola!); in ciascuno, già risciacquato e e asciugato, versate due cucchiai da tavola di olio extravergine di oliva e poi riempiteli col sugo megano (diciamo oltre il 90%) ancora tiepido, ricoprite con altri due cucchiai da tavola di olio e serrate bene il tappo a vite. Se ben lasciate scorrere un'ora tra le due operazioni (ricerca e riempimento vasetti) non c'è nulla di male, anzi: eviterete danni ai vostri polpastrelli, ai vasetti, ai loro tappi e al frigorifero (o alla dispensa). Infatti, vanno lasciate raffreddare completamente all'aria poggiati su un tagliere di legno o su una graticola, altrimenti a bagno nel lavello di cucina con acqua fresca di rubinetto: si sigilleranno da soli...provare per credere! Qualora foste sprovvisti dei vasetti di cui sopra, potete ricorrere ad altri recipienti purché siano di vetro ed ermeticamente richiudibili: in frigorifero un posto si trova sempre, anche nel congelatore; ma se avete messo a scaldare la pastaiola con l'acqua salata...beh, buttate la pasta che il sugo megano, condimento rosso antico vegetariano di base, è già pronto e caldo: ad arricchirlo ci penserà la vostra fantasia perchè, dai funghi al pesce e dal maiale al manzo o ai tesori dell'ortolano, esso abbraccerà tutti e a nessuno farà torto.

© 2018 Testo e ricetta di Claudio Montini
© 2018 Immagine di Orazio Nullo

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