sabato 6 febbraio 2016

Ticino, il treno e il vecchio assente - Racconto inedito e brevissimo!

Ticino, il treno e il vecchio assente






 di Claudio Montini 
Il treno passò ma lui non c'era; forse sarebbe venuto il giorno dopo o quello appresso, se il tempo si fosse mantenuto, se il cielo o chi per esso si fosse dimenticato dell'inverno per un'altro giorno. 
Già, ma quanti inverni e primavere e treni e barcè avevano visto quei vecchi occhi? 
Era lì da sempre, secondo me; l'unica volta che mi ero portato la macchina fotografica per fare lo scatto della vita, la foto che fa il giro del mondo e mi avrebbe proiettato nell'olimpo dei daguerrotipisti con Henri Cartier-Bresson ad accogliermi...invece, lui non c'era! Oh bella: c'era la sedia vuota e il treno che passava: basta, punto, fine.
Avevano mica cominciato uno scavo al Ticinello e, allora, era andato a vedere il buco fatto con la ruspa, con tutti gli altri della bocciofila del Borgo, anziani Neca o Necchi o badilografi che avevano tirato su la città delle cento torri con secchio e cazzuola, voltando col badile montagne di sabbia e cemento, dopo le bombe degli americani? 
La risposta la trovai una volta ritornato sull'argine, quando mi imbattei in un pannello per le pubblicità e per gli annunci dei funerali; adesso non mettevano più soltanto nome e cognome e l'età: no, siamo diventati moderni, ci mettiamo anche una foto! 
Magari segnaletica come quella che aveva messo sul libretto della pensione o sulla carta d'identità che teneva nel portafolgio di cuoio, tanto per metterci dentro qualcosa. 
La buca stavolta l'avevano fatta quelli del Comune, ma a San Giovannino: dove si prende l'ultimo treno col vestito della festa e il soprabito di legno e di zinco! 
Il cielo o chi per Lui gli avevano portato, forse prima di colazione o la notte nel primo sonno, il resto degli anni spesi in questa valle di lacrime, tutto in una volta, mandandolo a riscuotere direttamente a casa di Dio e senza passare da canale a ritirare la sua sedia.
Volevo portargliela là, al camposanto, per lasciarci sopra la fotografia perchè la vedesse anche lui; mi ero segnato il nome, caso mai non riconoscessi la foto sulla lapide: ma non l'ho più trovata, giù a Ticino, drera canal come avrebbe detto lui, e a momenti non trovavo nemmeno la tomba...muore tanta gente a Pavia che lei manco se ne accorge più perchè, se non li bruciano e i parenti si tengono le ceneri dove gli pare, i morti li mettono sotto terra vicini vicini e magari uno sopra l'altro: così ci stanno più lapidi e si fanno sentieri più facili da tenere in ordine.
Il marmista aveva appena finito la posa, mi disse che in cinque minuti il mastice avrebbe fatto presa e avrei potuto anche camminarci sopra senza far danni: pensava che fossi un parente...No, grazie...cioè, sono un conoscente...di passaggio...come tutti, del resto.
Aspettai che se ne andasse e poi poggiai il vasetto di peonie preso per beneficienza fuori dalla Coop, facendo in modo che tenesse ferma la fotografia che avevo plastificato; sulla lapide definitiva c'era anche la foto in ceramica, con la stessa grimula cioè con la stessa faccia che avevo visto sul manifesto del funerale.
Però, quando la guardai l'ultima volta prima di andarmene a casa, mi parve che il vecchio sorridesse: ma doveva esserci in giro qualche polvere sottile cui ero allergico a mia insaputa, perchè avevo gli occhi bagnati.

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Foto pubblicata nel Gruppo Facebook "Pavia e dintorni" da Cesare Carabba 

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