martedì 5 giugno 2018

Era un uomo libero, non uno schiavo...

...Era Soumaila Sacko
di Claudio Montini
Non hanno ucciso solo un giovanotto africano: hanno ucciso un uomo che cercava di sopravvivere in questo occidente avido e sordo, esattamente come fanno tanti caucasici nati nello stivale steso in mezzo al mare. Non hanno sparato alla testa di un giovanotto africano che viene trattato come una bestia da soma, senza un'anima e si vorrebbe anche senza parola, da coloro che si professano seguaci della sola religione dell'amore, della sola religione che mette in cima a tutto il sacrificio di sè per il bene dei fratelli, della sola religione civile ed evoluta: hanno sparato a un uomo che credeva nella giustizia e nei diritti uguali per tutti gli uomini, qualunque sia il colore della pelle perchè il sangue che scorre sotto di essa è rosso per tutti. Hanno sparato un proiettile di piombo nel cervello di un attivista sindacale perchè, non lavorava più tacendo, ma lo faceva pensando che si potesse essere trattati un poco meglio e lo diceva a voce alta. Colpirne uno per educarne cento: questa frase non l'ha inventata Mao, l'ha semplicemente mutuata dalla millenaria storia del genere umano che ha impresso nel DNA, tra i tanti geni positivi, anche alcuni malefici e nefasti tra cui il peggiore è il sopruso, unito a tutti i sette peccati capitali che chi ha preso la mira e premuto il grilletto, comodamente e vigliaccamente celato dal buio, ben conosce e ha radicati in sè pur nascondendoli con una gran catena d'oro da cui pende una croce dello stesso metallo. Spero che da lì, il falegname palestinese sia sceso e abbia accompagnato l'anima di quello sfortunato fratello africano la dove si pesano il dolore e l'amore, prima di essere inviati verso l'eternità: ma spero anche che non vi faccia più ritorno, finchè non sia riuscito a far di nuovo sanguinare i cuori di pietra e le facce di bronzo di chi ha permesso un tale oltraggio al dono del Padre suo. Faranno sembrare che sia altro, questo omicidio, si inventeranno teoremi: eppure certi morti ammazzati parlano chiaro anche se hanno la pelle scura: chiunque decida di lottare per i suoi diritti, anche in Italia, perchè la Calabria è Italia tanto quanto il Friuli - Venezia Giulia o la Lombardia o la Valle d'Aosta, si dipinge un bersaglio sulla schiena o sul petto o sulla testa.
© 2018 Testo di Claudio Montini
© 2016 Immagine di Orazio Nullo "Job and service victims memorial monument"

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