giovedì 6 ottobre 2016

Letti & Piaciuti: Elda Lanza "Uno stupido errore"- Salani, 2016

Elda Lanza
UNO STUPIDO ERRORE
Ed. Salani  2016


La legge è imperfetta per tutti, specialmente per le vittime


di Claudio Montini


La perfezione non è di questo mondo, si usa dire delle cose umane: la letteratura e la giustizia sono tra queste, nonostante millenari sforzi di menti sopraffine e ben superiori alla mia. Infatti basta uno stupido errore a lasciare una vittima senza colpevole e priva del benché minimo risarcimento per la sua malasorte.
Elda Lanza, in Uno stupido errore edito da Salani (2016), pone la questione della coincidenza, eventuale e non scontata, tra verità concreta e verità processuale lasciando al lettore libertà di coscienza e stimolo per una riflessione. Tuttavia, questa non è una imperfezione: anzi è una presa d'atto che certifica, se mai ve ne fosse ancora bisogno, la padronanza magistrale dei mezzi artistici e culturali della scrittrice novantenne, ben più vivace di colleghe con la metà delle sue primavere alle spalle; l'imperfezione, semmai, risiede nel sottotitolo che fa parte del clichè come gli strilloni di stampa riportati, in quarta di copertina, a suffragio della eccezionale qualità del lavoro di colei che è stata la prima conduttrice e autrice televisiva di Mamma Rai, ben prima di Enza Sampò per intenderci, nei cosidetti anni eroici della televisione di stato: questa volta, non è un'avventura dell'avvocato napoletano Massimo Gilardi, ex commissario di polizia a Milano, perchè lui entra nella storia solo per dovere professionale apparentemente sbrogliando e trovando il bandolo di una matassa che il coro dei veri protagonisti ha provveduto a ingarbugliare per nascondere la dinamica dei fatti. A loro volta, i componenti di questo coro di umanità varia ed eventuale nascondono e scoprono verità e realtà che, pur essendo palesi e concrete non solo nella Napoli immaginaria di Elda Lanza, non si toccano e se lo fanno si sfiorano con scintille che mettono a nudo la meschinità del vivere quotidiano: l'aurea regola del quieto vivere e dell'accordo tra le parti appagherà tutto il resto del coro dei protagonisti tranne, appunto, la vittima che rimarrà orfana del proprio sogno per colpa di un malinteso senso dell'amicizia e dell'amore e dell'etica che li dovrebbe guidare.
E' come una tragedia greca nel senso migliore dell'espressione: la Tebe di Eschilo e di Sofocle era tanto vera e fittizia, allo stesso tempo, quanto lo è la Napoli della signora Lanza perchè quello che importa è l'umanità a tutto tondo dei personaggi che mette in scena e fa parlare e agire con uno stile impeccabile e una scrittura elegante, corretta linguisticamente anche nella caratterizzazione, scorrevole e lieve e gradevolissima tanto da arrivare al termine di ogni capito e ogni capoverso senza il benchè minimo affanno o dubbio.
Max Gilardi diventa comprimario di lusso per tutti gli altri personaggi che, proprio come in un coro, tesse la trama della vicenda con la propria voce e coi propri atti e coi propri pensieri intrecciandola a quella altrui: e noi che leggiamo, anzi, vediamo come se fossimo di fronte a un diorama animato, sapendo come sono andate le cose, ci struggiamo impotenti nell'assistere agli sviluppi della vicenda.
Uno stupido errore di Elda Lanza (Salani, 2016) è una bella occasione per tutti di riconciliarsi con la letteratura italiana e per sfatare il mito, assurdo e provinciale, secondo il quale il poliziesco o noir che dir si voglia sia un prodotto di seconda fascia, buono solo per l'intrattenimento popolare a buon mercato: a partire dalla lingua adoperata con elegante rispetto di tutte le regole sintattiche e grammaticali del miglior italiano, comprensibile dalla Punta Hellbronner sopra Courmayeur a Lipari e Lampedusa e da Sappada a Capo Teulada o al Poetto di Cagliari, per arrivare alle domande finale, scritte in corsivo, che chiudono il romanzo, esso assolve egregiamente al compito fondamentale che dovrebbe animare e innervare l'azione e la produzione di chiunque si metta in testa di farsi scrittore o generatore di cultura in genere.
Questo compito è intrattenere con intelligenza, con garbo, buon gusto e proprietà di linguaggio e non rozza improvvisazione, che spesso scade nel pecoreccio; siccome non è mai troppo tardi, o meglio, gli esami non finiscono mai, si aggiunge anche l'opportunità di lanciare messaggi edificanti e stimoli alla riflessione che portino a una evoluzione civile nel senso più ampio del termine; se la moderna televisone e tutto il sistema dei mezzi di comunicazione ha abdicato alla missione pedagogica, rincorrendo solo logiche di profitto commerciale, tocca allora agli scrittori e ai poeti, se non sono stati tutti arruolati dalle case discografiche, il compito di ricreare gli animi disintossicandoli dalla banalità del male e della cattiveria gratuita.

© 2016 testo di Claudio Montini 
© 2016 foto di Orazio Nullo

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