domenica 27 marzo 2016

Letti&Piaciuti: IL SEGNO DELL'AQUILA di Marco Buticchi (ed. Longanesi 2015)

NON E' MAI SOLTANTO UN'AVVENTURA

di Claudio Montini

Nel mondo contemporaneo dell'informazione in tempo reale, del bello della diretta anche quando questa è una tragedia aberrante, del sensazionalismo estremo e gratuito, pare sia stata abolita la capacità peculiare dell'animale chiamato da sè stesso "uomo" e da sè stesso posto a capo dell'universo creato: quella di ragionare, di riflettere sulla bontà o sulla giustizia delle proprie azioni, quella di pensare e di agire di conseguenza nel rispetto di tutto quello che ci circonda.
Marco Buticchi, invece, è convinto che gli autori di romanzi d'avventura hanno ancora la possibilità di fare la differenza, investendo del ruolo di protagonisti della narrazione tanto il mondo attuale quanto gli eventi che hanno condizionato la Storia e ci vengono raccontati da chi studia il passato del genere umano, dando luogo a una diversa prospettiva con cui guardare agli avvenimenti succedutisi prima di noi e a tutto quello che stiamo convulsamente vivendo.
IL SEGNO DELL'AQUILA di Marco Buticchi edito da Longanesi nel 2015 è lo strumento in cui si concreta questa "missione" poichè lo scrittore spezzino, con la maestria che gli è propria, conduce il lettore attraverso i secoli e attraverso meandri poco noti e illuminati, ma altamente plausibili, del nostro tempo: l'azione si svolge tra il 2015 dell'era cristiana e il terzo secolo dalla fondazione di Roma, ovvero il VI secolo avanti Cristo, muovendosi alternativamente tra Daesh e capitalismo occidentale e ascesa persiana con decadenza dell'Egitto faraonico, da un lato del Mediterraneo, e il primo embrione della potenza romana ancora succube della civiltà etrusca.
Si parla di traffico di organi per potenti danarosi che voglio sfidare l'avanzare dell'età, di sete di denaro che per placarsi non esita a coinvolgere religioni e religiosi e buttarsi in azioni di terrorismo internazionale "costruendo", grazie all'evoluzione della chirurgia implantologica, guerrieri instancabili e invincibili, come quelli che pare curarassero la sicurezza degli imperatori persiani quando Roma era una filiale etrusca; in mezzo a questa eterna lotta tra Bene e Male, troppo spesso benedetta da sedicenti sacerdoti di religioni autoproclamatesi sedi della Verità Unica, si infila un manipolo di valorosi che sono tali perchè non perdono mai la capacità di ragionare e amare, agendo secondo sentimenti di giustizia e lealtà, come Oswald Breil e Sara Terracini Breil, Vel l'etrusco, Ashgar il Nubiano e tutti coloro che li aiutano fino al sacrificio estremo di sè.
Oswald e Sara salveranno ancora una volta il mondo dalla catastrofe, il Bene trionferà e il Male cadrà in un pozzo profondo e nero, anticamera dell'inferno che merita, ma resteranno sul campo anche molti amici e, come lettore, posso dire che la cosa strapperà a più d'uno una lacrimuccia: tuttavia sarà proprio l'intreccio tra i due piani storici della narrazione, dosato con leggerezza e acume geniali, a sbrogliare il bandolo della matassa e dare spessore umano e morale a tutta la storia che leggerete in IL SEGNO DELL'AQUILA: l'ultima grande opera di Vel l'etrusco sarà il teatro dello scontro tra buoni e cattivi e sarà anche il pretesto per sottolineare, con la mente a Ovidio, che l'amore vince tutto.
Non è un romanzo buonista, non nasconde cattiveria e brutalità, ma nemmeno li ostenta sfoggiando cruenti duelli e proiettili vaganti o, al più, descrizioni di armi e tecniche per dare sfogo alle brame delle anime nere; tutto è funzionale alla narrazione, senza esagerazioni, senza compiaciuti orpelli, così come la lingua è quella del parlato semplice utile a farsi capire sempre e dappertutto, scevro da tecnicismi e ricercatezze retoriche o sintattiche. Persino le note finali di Marco Buticchi sono piacevoli tanto quanto il romanzo, sebbene siano un corollario a tutto il lavoro di preparazione culturale, storica e tecnica con cui allestisce i suoi romanzi: aiutano il lettore a capire quanto sia qualitativamente valida la letteratura italiana, anche quella d'evasione.
Perchè il compito di uno scrittore di romanzi d'avventura, di fronte a eventi dell'attualità sempre più inverosimili per efferatezza compiuti in nome di un dio qualsiasi, del denaro e del potere o per pura malvagità, non si easurisce col termine della narrazione e la licenza editoriale.
Egli e la sua opera d'ingegno sono strumenti importantissimi per contribuire a moralizzare, svegliare e tenere sempre attente le coscienze di quella indistinta opinione pubblica troppo spesso turlupinata, vilipesa e anestetizzata per far apparire normale prassi ciò che invece è mostruoso, come attentati dinamitardi, abusi sessuali e umanitari, sopraffazioni e crimini di ogni genere: ogni contributo utile a ispirare una riflessione o un dubbio sulla correttezza di ciò che ci accade intorno è cosa buona e giusta e fonte di salvezza per tutti.


(c) 2016 testo di Claudio Montini
(c) 2016 foto di Orazio Nullo




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