Mette
le mani avanti, l'artista, anche e sopratutto quando si diverte: non
per dire che comunque egli racconta sempre le sue passioni recondite
e mal digerite da chi lo accompagna nella vita, ma per giustificare
la salace ironia con cui si prende gioco di ciò che lo fa godere e
sottolineare la libertà creativa dovuta alla felice padronanza dei
propri mezzi artistici.
Sebbene
lo faccia soltanto in una postilla finale, prima dei ringraziamenti a
collaboratori e familiari che personalmente ritengo essere aria
fritta, questo accade anche in BUCHI NELLA SABBIA di
Marco Malvaldi edito
da Sellerio nel
2015 dopo che il lettore è stato piacevolmente condotto lungo lo
svolgimento di un gran bel giallo classico alla Agatha Christie,
ambientato non nelle brumose lande del Kent o del Devonshire ma in
Toscana e per giunta a Pisa all'indomani dell'attentato a Umberto I
ad opera dell'anarchico Gaetano Bresci e della di lui misteriosa
morte in carcere, agli esordi del secolo breve per antonomasia, il
ventesimo o Novecento che dir si voglia.
Appunto
nel 1901 a Pisa si attende la visita del nuovo re d'Italia, che viene
a mettere la testa coronata di fresco nella bocca del leone anarchico
per dare un segnale di forza e saldezza della casa reale, chi lo sa:
casualmente, forse si e forse no, la città pullula anche di cavatori
di Carrara e scalpellini devoti all'internazionale di Bakunin,
convocati per lavori di restauro alla Torre Pendente; persino la
compagnia che metterà in scena Tosca di
Giacomo Puccini è zeppa di anarchici, dal tenore ai tecnici di
scena, ingrossando così la platea di sovversivi sospettabili di
probabili azioni di rivalsa per la fine di Bresci. Nel novero dei
potenziali attentatori finirà anche il compositore di Torre del Lago
che però troverà un'avvocato d'ufficio nei due antitetici
protagonisti e solutori del giallo: un giornalista de la
Stampa, bravo ma scapigliato nel
senso più bohemienne del termine, anarchico amante del vino e anche
della verità, e un ordinato e puntiglioso e rigidamente carabiniere
fino al midollo tenente che condurrà l'indagine pungolato da un
capitano che vorrebbe spiccare un mandato di cattura anche per
Puccini stesso, poichè ritiene Tosca un'opera
sovversiva.
La sommossa non avviene ma l'omicidio, apparentemente inspiegabile,
sì eccome! E proprio durante la rappresentazione: Cavaradossi muore
sul serio e partono le indagini e una girandola di eventi e
retroscena che costringono il lettore a non staccare gli occhi dal
film che Malvaldi gira con mano sicura, concedendosi e concedendoci
ampi squarci di vedute sulla psicologia dei personaggi, sui loro
caratteri umani, sulle note di colore e d'ambientazione del periodo
storico in cui è calata la narrazione, fino all'atto finale
melodrammatico ma lucido e sottile e machiavellico come una
efficiente e lubrificata trappola per topi.
BUCHI
NELLA SABBIA non è solo
un'omaggio all'opera lirica e al melodramma italiano: questi ultimi
sono solo un pretesto per connotare un lavoro che celebra la sagacia,
la maestria, il genio e il gusto per le belle lettere che divertono
ed educano di Marco Malvaldi che adotta un registro linguistico molto
vicino all'italiano dei primi del Novecento, dei crepuscolari e anche
degli scapigliati (non a caso, ad aprire le danze, passatemi la
locuzione, v'è una quartina di Guido Gozzano che è tutto un
programma non della storia che si andrà a leggere, ma
dell'atteggiamento dell'autore stesso), cioè quello che si poteva
leggere negli elzeviri dei feuilletton domenicali ma condito con
moderna ironia e intenzione satirica, riuscendo a mantenerlo fresco
fino alla fine.
Già il romanzo con delitto, o giallo che dir si voglia per evitare
etichette anglosassoni che persino Mrs Christie amava poco, ha le sue
regole ferree che, se non rispettate, fanno deragliare tutta la
storia e sbadigliare il lettore: il romanzo ambientato in un dato
periodo storico, per quanto questo possa essere frequentato solo da
specialisti e addetti ai lavori, reca in sè il rischio che l'autore
si conceda "licenze poetiche" che finiscono per provocare
il medesimo danno di cui dicevo, oltre al ludibrio ad opera di
studiosi e appassionati di cose storiche.
Anche qui ci sono delle "licenze" ma dettate dal rispetto
delle regole della scrittura gialla e, francamente, il ritmo della
sceneggiatura e il tono della scrittura è talmente vivace e
accattivante che non si ha affato il desiderio nè lo scrupolo di
mettersi a fare delle verifiche: si procede nella lettura rinviando
il momento della ricerca del pelo nell'uovo, perchè si è
picevolmente impegnati a vedere, sì signore e signori, a vedere come
va a finire.
Se
BUCHI NELLA SABBIA fosse
stato scritto quarant'anni fa, sicuramente Giuliano Montaldo o Anton
Giulio Majano o anche Salvatore Nocita ne avrebbero saputo ricavare
un'ottimo sceneggiato per la Tv di Stato o al limite un buon film
anche per le sale, oltre che per il piccolo schermo: l'ora sarebbe
fuggita ma con spontaneo applauso finale sui titoli di coda, come
accadeva tanti anni fa nei cinema e come accade a chi, come me, legge
persino i risvolti della quarta di copertina per non perdere l'ultimo
buon aroma di una buona lettura.
(c) 2016 testo di Claudio Montini
(c) 2016 immagine a cura di Orazio Nullo
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