di Claudio Montini
Considerate le affermazioni che seguiranno come se fossero i pilastri di un ragionamento circa la percezione dello stato delle cose pubbliche, vale a dire statali o regionali o provinciali o comunali, da parte del popolino o popolo bue o maggioranza silenziosa altrimenti detta opinione pubblica, l'indefinito e indefinibile interlocutore di pietra di ogni amministratore pubblico. Premesso che nutro sincera ammirazione per chiunque si metta in testa di volere governare una qualsiasi comunità di suoi simili, amministratore di condominio o presidente del consiglio dei ministri che sia, poichè si fanno carico di tormenti gastroenterici impagabili anche dalla più sfrenata ambizione, ritengo che applicare il sillogismo aristotelico alla determinazione dell'umore dell'opinione dei potenziali elettori sia un sottile bizantinismo fine a se stesso: la critica, al metodo o al merito, a mio parere deve sempre essere aperta e mirata a bersagli ben precisi proponendo, contemporaneamente, concrete soluzioni alternative.
Uguale prelievo ma meno servizi = aumento tasse;
uguale prelievo e uguali servizi = nessun aumento tasse;
uguale prelievo e più servizi = diminuzione tasse.
Scritte così sembrano lo schema di un discorso da fare in una qualsiasi campagna elettorale, le tasse sono una carta vincente da giocare per catturare l'attenzione dell'uditorio popolare; per prelievo si intende il prelievo fiscale, i servizi sono tutte quelle attività che sono in capo alla pubblica amministrazione, le tasse non penso abbiano bisogno di arzigogolate spiegazioni poichè sono il prezzo del diritto di cittadinanza in questo Stato. Mi spiace per voi e per l'amico che, via facebook, me le ha proposte per un'eventuale sviluppo logico e dialettico, ma per me si tratta di fumo negli occhi per distogliere l'attenzione dalla totale assenza di arrosto da dividere e di soluzioni opportune nonché praticabili per accaparrarsene. Il problema non sono le tasse, o prelievo fiscale che dir si voglia, neppure lo è l'entità o l'ammontare dello stesso: sono trastulli o masturbazioni cerebrali che lascio volentieri ai ragionieri, agli statistici, ai faccendieri che prosperano nelle penombre delle segreterie di partito o delle sedi amministrative regionali e no. Gli italiani non hanno paura o ritrosia a spendere, a cacciare soldi anche per lo Stato, giammai: essi pretendono che, per ogni centesimo buono e sano che esce dalle loro tasche, la Pubblica Amministrazione e lo Stato di cui sono cittadini e cellule viventi, senzienti e razionali (non solo codici alfanumerici) renda loro servizi altrettanto buoni e sani quando non ottimi, dal momento che uno Stato (inteso nel senso più ampio del termine) può permettersi economie di scala e prestazioni che il privato non solo non immagina ma si guarda bene dal proporre. Allora, diventa lampante che il problema vero, l'arrosto che dovrebbe celarsi dietro tanto fumo, sia la qualità dei servizi e come migliorarla in maniera direttamente proporzionale al gettito fiscale: qui dovrebbe manifestarsi, in un mondo ideale, il coraggio dei dirigenti di fare le cose giuste e non solo quelle economicamente o giuridicamente corrette, spingendosi fino al punto di dimettersi senza ricompense in caso di fallimento o palese incapacità a portare a termine i propri compiti.
©2018 testo di Claudio Montini
©2016 Immagine di Orazio Nullo "Job and service victims memorial"
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