Quando c'erano ancora i juke-box...
di Claudio Montini
Brano memorabile di Stevie Winwood del 1986, a detta di molti soloni del web, non supportato da un video all'altezza. Sulla qualità della fotografia potrei anche essere d'accordo, ma su tutto il resto lo ritengo uno dei migliori e uno dei più all'avanguardia dell'ultimo ventennio del secolo breve; perfettamente bilanciato sul brano e molto più evocativo del testo e del sapiente uso delle (allora modernissime) tastiere polifoniche, ovvero sintetizzatori o moog che dir si voglia in grado di riprodurre e suonare più note contemporaneamente, oltre a miscelare registri ed effetti eterogenei tra loro. Per esempio, Jean Michel Jarre, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del XX secolo, componeva e suonava e registrava le sue suite (Equinoxe IV per esempio, sigla del telegiornale di Tele Monte Penice di Pavia e poi dell'apertura dei programmi di Tele Monte Carlo in lingua italiana dal Principato di Monaco) usando almeno otto (8) tastiere poichè esse potevano emettere un suono solo per tasto, registrando il tutto su nastro magnetico multipista per poter creare il tappeto musicale su cui deporre temi e melodie: lo si vede in un video dell'epoca, meglio conservato di questo, circondato da mura di minuscole tastiere sormontate da pannelli trapuntati di manopole e potenziometri e cavi dai molti colori. Almeno questo video di Winwood si sforzava di richiamare quadri surrealisti e apriva la strada alle installazioni contemporanee, una sorta di idealismo proiettato verso il terzo milennio, per rompere con la tradizione statunitense che voleva il video della canzone da lanciare come la registrazione di una esibizione sul palcoscenico, come se fosse una puntata di Top of the Pops oppure una registrazione bootleg da vendere alle tv via cavo o ai fans più accaniti, così come aveva fatto coi Trafic a suo tempo. Tra l'altro, l'album di cui faceva parte questo brano faceva parte di uno dei primi dischi incisi (c'era ancora il vinile a farla da padrone nei supporti sonori) da solista e la leggenda vuole che lo abbia registrato suonando e impostando tutti gli strumenti da solo: cosa che fece prima di lui Stevie Wonder e dopo anche sir Paul McCartney. A me piace molto per la sua estrema orecchiabilità, per il ritmo che da una carica eccezionale nei momenti in cui mi sento giù e per la semplicità che non stanca ma invita e gettonarlo di nuovo per coglierne qualche nuova sfumatura: come si faceva ai miei tempi quando c'erano ancora i juke-box che, con una moneta da cento lire, ti permettevano di ascoltare tre dischi in sequenza dall'inizio alla fine (se non saltava la puntina per l'usura del vinile), digitando una coppia di coordinate alfanumeriche che imparavamo a memoria meglio delle tabelline e delle formule algebriche.
© 2018 Testo di Claudio Montini - Video condiviso da youtube.com
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