La macchina che riavvolge il tempo
di Claudio Montini
Ogni tanto sogno una macchina che riavvolga il tempo, per poter
finalmente vedere dove ho sbagliato, per tacitare la coscienza e per
smettere di lamentarmi dei miei giorni. In fondo, buona e cattiva sorte altro non sono che facce della stessa
medaglia che uno sconosciuto lancia in aria, prima di abbracciarci in
un valzer che può durare tutta la vita: quando la medaglia termina
le sue piroette per aria, in mano al danzatore ignoto oppure a terra,
finisce la nostra canzone e scendiamo dalla pista da ballo, volenti o
nolenti e soddisfatti o beffati a lui non importa. Chi troppo presto e chi altrettanto tardi, partiamo per un altrove da
cui nessuno è tornato tranne il falegname di Palestina, affinché i
suoi discepoli credessero e si compisse una delle beatitudini che
aveva preconizzato parlando alla moltitudine sulla montagna. Abbiamo, però, la fortuna di lasciare in coloro che restano un
segno, una traccia, un ricordo dei nostri volteggi e dei nostri passi
sbagliati e recuperati: la memoria è la nostra salvezza e la sfida
all'oblio che divora secondi, minuti, ore, giorni, mesi e anni e
secoli e millenni restituendoli alla polvere che scorre, per uno
stretto gorgo, da una curva all'altra dell'infinito. Ricordare è la missione dei sopravvissuti, una macchina che
riavvolge il tempo risparmierebbe fatica ed errori a chi deve
conservare e trasmettere le lezioni dei tempi che sono stati. Possiamo ricordare e ripetere, noi esseri umani, ma lo facciamo
ciascuno a modo nostro: allora abbiamo inventato tante piccole
macchine per fissare il momento, pittura e scrittura su tutte; ma non
ci sono bastate più e ci siamo inventati il teatro: per istruire le
nuove generazioni, per vedere le dinamiche plastiche del tempo, per
ricordare con gli occhi oltre che con le orecchie, per stabilire
l'ordine delle ragioni e degli eventi sottraendoli al libero arbitrio
e alla fantasia personale. Eccola la macchina che riavvolge il tempo, che mette ordine nel caos,
che allarga la visuale alla prospettiva della mente e accende la
curiosità animando idee, interrogativi e pensieri: è il teatro. L'unico luogo dove i sogni diventano realtà, dove le ombre prendono
corpo e voce e volto, dove le emozioni si amplificano e si
condividono ogni volta che c'è almeno un'anima ad ascoltarne
un'altra che racconti la sua storia, tanto vicina o tanto lontana nel
tempo quanto vera o fittizia ma viva nello stesso istante in cui va
in scena: è questo il teatro. Il tempio civile e laico dove le storie, le gioie e i dolori di uno
diventano effigie, simulacro, simbolo delle storie di molti e di
tutti, dove le parole vincono le paure e aprono gli occhi i cuori e
le menti di fronte alla realtà senza bisogno di riprodurla, basta
immaginarla: anche questo è il teatro. Laddove ci saranno memorie e parole a vestirle, narratori e uditori a
scambiarsi i ruoli legando la propria identità ad esse, la materia
di cui sono fatti i sogni potrà mescolarsi a quella del mondo degli
uomini senza polverizzarsi in faville evanescenti.
© 2018 Testo di Claudio Montini
© 2016 Immagine di Orazio Nullo "Last empty station" Atelier des pixels collection
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