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martedì 17 aprile 2018

Ogni tanto sogno...

La macchina che riavvolge il tempo
di Claudio Montini

Ogni tanto sogno una macchina che riavvolga il tempo, per poter finalmente vedere dove ho sbagliato, per tacitare la coscienza e per smettere di lamentarmi dei miei giorni. In fondo, buona e cattiva sorte altro non sono che facce della stessa medaglia che uno sconosciuto lancia in aria, prima di abbracciarci in un valzer che può durare tutta la vita: quando la medaglia termina le sue piroette per aria, in mano al danzatore ignoto oppure a terra, finisce la nostra canzone e scendiamo dalla pista da ballo, volenti o nolenti e soddisfatti o beffati a lui non importa. Chi troppo presto e chi altrettanto tardi, partiamo per un altrove da cui nessuno è tornato tranne il falegname di Palestina, affinché i suoi discepoli credessero e si compisse una delle beatitudini che aveva preconizzato parlando alla moltitudine sulla montagna. Abbiamo, però, la fortuna di lasciare in coloro che restano un segno, una traccia, un ricordo dei nostri volteggi e dei nostri passi sbagliati e recuperati: la memoria è la nostra salvezza e la sfida all'oblio che divora secondi, minuti, ore, giorni, mesi e anni e secoli e millenni restituendoli alla polvere che scorre, per uno stretto gorgo, da una curva all'altra dell'infinito. Ricordare è la missione dei sopravvissuti, una macchina che riavvolge il tempo risparmierebbe fatica ed errori a chi deve conservare e trasmettere le lezioni dei tempi che sono stati. Possiamo ricordare e ripetere, noi esseri umani, ma lo facciamo ciascuno a modo nostro: allora abbiamo inventato tante piccole macchine per fissare il momento, pittura e scrittura su tutte; ma non ci sono bastate più e ci siamo inventati il teatro: per istruire le nuove generazioni, per vedere le dinamiche plastiche del tempo, per ricordare con gli occhi oltre che con le orecchie, per stabilire l'ordine delle ragioni e degli eventi sottraendoli al libero arbitrio e alla fantasia personale. Eccola la macchina che riavvolge il tempo, che mette ordine nel caos, che allarga la visuale alla prospettiva della mente e accende la curiosità animando idee, interrogativi e pensieri: è il teatro. L'unico luogo dove i sogni diventano realtà, dove le ombre prendono corpo e voce e volto, dove le emozioni si amplificano e si condividono ogni volta che c'è almeno un'anima ad ascoltarne un'altra che racconti la sua storia, tanto vicina o tanto lontana nel tempo quanto vera o fittizia ma viva nello stesso istante in cui va in scena: è questo il teatro. Il tempio civile e laico dove le storie, le gioie e i dolori di uno diventano effigie, simulacro, simbolo delle storie di molti e di tutti, dove le parole vincono le paure e aprono gli occhi i cuori e le menti di fronte alla realtà senza bisogno di riprodurla, basta immaginarla: anche questo è il teatro. Laddove ci saranno memorie e parole a vestirle, narratori e uditori a scambiarsi i ruoli legando la propria identità ad esse, la materia di cui sono fatti i sogni potrà mescolarsi a quella del mondo degli uomini senza polverizzarsi in faville evanescenti.

© 2018 Testo di Claudio Montini
© 2016 Immagine di Orazio Nullo "Last empty station" Atelier des pixels collection

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