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giovedì 9 novembre 2017

Cerco un centro di gravità permanente...

La valigia dei sogni
di Claudio Montini

Lo confesso, non posso più tenerlo per me, celarlo in fondo all'anima e ai pensieri come un rimorso o una colpa consapevole da non far trapelare ad altra anima viva; sarà un sollievo più che una liberazione poichè il fardello delle conseguenze graverà ancora sulle mie spalle, condizionerà i miei rapporti con l'ambiente e con il mio destino. Questo mondo gira troppo in fretta e non lascia il tempo di riflettere, di scegliere le parole, di farsi domande quali se ne valga la pena esporre le proprie opinioni: vale l'immagine più di mille parole, dicono, vale ancora colpirne uno per educarne cento, l'esibizione muscolare fulminea e inaspettata e vigliacca contro chi è disarmato oppure armato di sana e professionale curiosità, vale la legge della sopravvivenza che vige nella jungla sebbene gli animali abbiano, da millenni, la decenza di mirare a soddisfare i loro stomaci e i loro organi riproduttivi e non alla supremazia sul creato. Ne avrei di cose da scrivere, una al giorno e anche più di una: ma finirei per essere un campione del "copia/incolla" o un retore inutile da speaker's corner in Hyde Park, a Londra, come ben ci descrisse una giovane professoressa di inglese alle scuole medie che aveva trascorso alcuni anni da "au pair girl" nella capitale del Regno Unito di Scozia e Inghilterra, facendoci innamorare di lei e della "british way of life. Parigi non ha mai attirato le mie simpatie e, più che Bonn, Frankfurt am Mein o Munich (Bayern Land) suscitavano maggiore interesse se non altro per la rapidità con cui si erano spurgati delle svastiche nazionalsocialiste e delle macerie dei bombardamenti angloamericani. Passati i quaranta, ho capito che era meglio se facevo pace col mio cervello e mi accontentavo di questa Italietta che lontano dai riflettori, tra la gente che vive la vita di tutti i giorni e fa fatica, sapeva ancora regalare belle soddisfazioni e momenti che scaldano il cuore, a ricordarli in là negli anni; ora ho passato anche i cinquanta, sono un numero nella statistica dei disoccupati, ho ancora la mia valigia di parole e di sogni da vuotare e una promessa fatta a una persona con cui ho scelto di vivere il resto dei giorni; promessa che onoro con abnegazione e convinzione perchè quella persona ha bisogno di me, è stata a un passo dalla morte ma mi è stata restituita e lotta per recuperare una condizione sufficientemente normale: ecco, io l'accompagno in questo lungo cammino e questa è la mia attuale missione mentre, parallelamente, non smetto di costruire il mio magico mondo fatto di sogni e di parole e di idee, dove si ama e si muore ma con la speranza di andare in un mondo migliore, dove si ride e si piange ma solo di gioia e non di rabbia, dove per ogni cosa che che accade c'è un motivo o una ragione, dove la libertà di uno finisce laddove inizia quella dell'altro, dove mi sento libero come un gabbiano sul lago Vittoria nel cuore dell'Africa e non ho nulla da chiedere se non che l'aria sorregga le mie ali. Istintivamente, forse, ho trovato il mio centro di gravità permanente. 

(c) 2017 testo di Claudio Montini
(c) 2017 immagine di Orazio Nullo "Radioactive fallout"

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