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domenica 3 luglio 2016

Miccium - prima puntata

MICCIUM: IL GATTO DELLA TELEVISIONE

PRIMA PUNTATA

di Claudio Montini


Carezza le foglie dei platani allineati lungo il viale la brezza profumata e tiepida, figlia del temporale della sera precedente; è mezzogiorno per il cielo, macchiato soltanto qua e là da nubi stracciate e stirate, mentre per gli orologi umani è già la prima ora del pomeriggio.
Il calendario strilla che è giugno, ma la diffusa dolenzia della mia carcassa umana mi induce a maledire l'ennesimo giro di lancette regalato dai veleni che Miss Catetere, flessuosa e sinuosa come un'aspide del Nilo, mi ha pompato nelle vene dopo avermi cavato quel che resta del mio sangue radioattivo: la sentenza era già stata scritta quando apposi la mia firma in calce al contratto con la Outer Space Enterprises a Pasadena; ora stanno tutti aspettando che gli isotopi la smettano di rimbalzare sui tessuti del mio organismo per liberarsi di un eventuale testimone scomodo o, improbabile migliore delle ipotesi, per concepire tute per camionisti spaziali più resistenti alle emissioni dei materiali che si vanno ad occultare sul satellite che regola le maree e gli umori delle donne e della gente.
Così come aveva scritto Oscar Wilde, per nascondere una cosa non c'è di meglio da fare che metterla sulla mensola del camino, anche andare e tornare dalla Luna era diventata una faccenda che non appassionava più la platea televisiva e l'opinione pubblica che coincide con quella perchè il gioco è bello quando dura poco e, se a giocare sono sempre i soliti, stanca anche abbastanza rapidamente: gli addetti ai lavori avevano già pronti nuovi anestetici per le coscienze mondiali.
Ma io volevo fare l'astronauta a tutti i costi e quella era l'opportunità che aspettavo da sempre...
«Ehi amico, oggi è domenica! Quando viene Sorella Agonia a farti ascoltare la benedizione del Vescovo Bianco, dille di lasciarti il telecomando della televisione che poi ci penso io...».
Apri un occhio, quello di sinistra: la porta era socchiusa e, dalla striscetta di corridoio che si vedeva, non sarebbe potuta passare la voce che mi si era infilata nelle orecchie e vagava nella testa in cerca d'autore; Tom non poteva aver parlato poichè erano già tre giorni che era partito per l'ultimo volo, dopo avermi tenuto sveglio una notte intera raccontandomi della sua terra, della famiglia, dei pasticci combinati dalla sua generazione (che era anche la mia) e di un gatto che guardava la televisione, ma soltanto quando erano in onda i film con Robert Mitchum oppure un programma domenicale di musica pop perchè impazziva per la canzoncina su disegno animato che apriva e chiudeva ogni puntata della trasmissione.
«Dai Jerry bello... Sento il davanzale che trema, perciò la suora di un certo peso non deve essere lontana... Fai un piacere a un gatto che ha tanta nostalgia di casa.»
Va bene: ora apro quello di destra, quello più sano e la finiamo con questa commedia, care le mie sinapsi sotto assedio di morfina e metastasi!
Eh no! Ohibò! Per Bacco, per Giove e tutti gli dei dell'Olimpo intero! Il gatto c'è eccome, in carne e ossa, vibrisse e coda che ondeggia come un radar di prossimità dietro la schiena pelosa; le quattro zampette allineate davanti a sè, piega la testa ora da un lato ora dall'altro mentre le orecchie vanno per conto loro in cerca di suoni o vibrazioni da captare; lo sguardo, tra il dorato e il verde acido, ha la stessa espressività che una leggenda hollywoodiana attribuiva a Robert Mitchum quando disse a un giornalista o a un regista che non gli andava a genio, "Io ho solo due espressioni: quando sono serio e quando rido""Ok, la prima va bene:.. l'altra?" Senza un muovere un muscolo della faccia, rispose:"Beh? Non vedi che sto ridendo?".
- continua -

(c) 2016 testo inedito di Claudio Montini da un'idea di Silvio Curti
(c) 2016 immagine di Orazio Nullo "Television cat show" 

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