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lunedì 30 maggio 2016

Ventimila visualizzazioni sulla rete....raggiunte e superate!!
























Il magico mondo di...Claudio, Orazio e Jena Sabauda rigrazia tutti i ventimila e duecento visitatori che sono venuti a visitarlo, a leggerlo, a suggerirlo agli amici e ad apprezzarlo per i suoi contenuti! 

Radio Patela Magazine 

(c) 2014  Foto collage di Augusta Belloni

sabato 28 maggio 2016

La poesia del 1966: Spirito forte e libero.
























1966: Spirito giovane e forte
 
Dio del cielo, della terra e del mare
che vegli su di noi oltre le stelle
avresti un momento per ascoltarci?
Non ti ruberemo troppo tempo,
Sappiamo quanto tu abbia da fare
tra moltitudini d'anime e di mondi
da perdonare e da salvare.
Cinquant'anni fa ci hai fatti uscire
da un caldo bozzolo d'amore
per camminare, pedalare e ruzzolare
per le strade del mondo che hai creato.
Figli della seconda metà del secolo breve,
ci hai messo in tasca una moneta
e sulle spalle una croce da piantare
solo quando vorrai farci riposare.
Qualcuno l'hai chiamato prima del tempo,
per qualche motivo che sai solo tu,
come hai fatto con quelli che abbiamo amato
e che ci hanno tirato su nella vita,
ed ora che siamo arrivati a questa quota,
che siamo grandi e genitori a nostra volta,
vediamo meglio quanta fatica sia costata.
Ti ringraziamo per quel che abbiamo scampato,
per gli ostacoli che abbiamo superato,
per la gioia e l'amore che abbiamo scambiato.
Abbiamo conservato uno scampolo di ieri,
in fondo al cuore avvolto in un tricolore,
dei ragazzi pieni di speranza che siamo stati:
ecco perchè, dopo dieci lustri, resta intatta
la voglia di fare una festa benedetta
per dire a tutti che ce l'abbiamo fatta!
Nello spirito, siamo ancora giovani e forti
e torneremo ancora molte altre volte
a ricordare tanto i vivi quanto i morti...
Almeno per cinquanta altrettante!!

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Foto di Orazio Nullo

Spirito forte e libero, quello del 1966

Noi siamo ancora qui...




di Claudio Montini


Coscritti e coscritte: un concetto quasi impossibile da spiegare persino ai ragazzi italiani...figuriamoci a quelli del resto del mondo.
Una festa che le ragazze offrivano ai ragazzi, loro coetanei, che erano stati sottoposti alla visita di leva per il servizio militare obbligatorio, in vigore dall'Unità d'Italia fino a qualche anno fa: i maschi validi, entro un'anno dalla visita sarebbe stati incorporati e addestrati per servire la Patria con il moschetto tra le mani e le stellette sulla giacca. Così l'aveva spiegata e descritta il padre di una mia coetanea.Un paio di generazioni fa segnava il passaggio definitivo dall'adolescenza al mondo adulto, l'occasione di stare insieme e fare bisboccia come i grandi senza subirne i rigido controllo o le aspre reprimende; per la mia generazione (quella venuta su dopo il '68, il maggio francese e gli anni di piombo) fare i "coscritti" era l'occasione per fare festa per tre giorni, sfoggiando cappellini e fazzoletti e bandiere tricolori con ben in vista l'anno di nascita, scorrazzare pigiati nelle utilitarie che ci era stato concesso di guidare con le nostre patenti fresche di stampa, mangiare e bere e ballare in compagnia usando il resto della notte e l'asfalto delle pubbliche vie per goliardiche vendette a base di scritte satiriche fatte con la pittura murale. Certo, questo accadeva solo nei paesi, nei villaggi rurali : in città al più c'era una serata danzante o forse due...Ma c'era comunque il piacere di ritrovarsi tutti insieme a fare che ai nostri figli, se mai fossero arrivati, forse non avremmo permesso; ora, a più di trent'anni di distanza, c'è ancora la voglia di rivederci, di fare squadra, di fare compagnia: non col sentimento dei reduci dalla vita, no, col piacere di stupirci per quanto siamo cambiati e quello di dirci che, nonostante limiti e sfortuna, ce l'abbiamo fatta e la vita non ci ha rubato niente, non ci ha piegati. Per questo ho scritto la poesia che vedete nella foto: perchè domani rivedrò alcuni amici, di allora, insieme ad altri con cui condivido il piede posato sulla soglia della mezza età.

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Foto e grafica Orazio Nullo 
 

giovedì 26 maggio 2016

La pastafrolla con le mele più buona del mondo! Parola di Jena Sabauda

TORTA DI MELE ALLA CANNELLA

di Jena Sabauda


Pastafrolla e mele: una passione che non passa mai di moda dalle parti della cucina della Jena Sabauda tanto che, rimuginando sulle modifiche a una ricetta che aveva visto in televisione, ha finito per inventarne una nuova di zecca che è quella che vi illustra di seguito. Al consueto grido di "Duma c'anduma!" ("Andiamo che andiamo" letteralmente in piemontese), ecco la lista della spesa:
  • 4 mele gialle
  • 1 bicchiere da tavola d'acqua (di rubinetto a temperatura ambiente va benissimo)
  • mezzo cucchiaino da the di cannella in polvere (non dico di fargliela solo vedere, ma se è di più rischia di rendere il dolce...meno dolce!)
  • Due o tre cucchiai di zucchero semolato bianco
  • 400 grammi di farina di grano tenero (quella bianca)
  • 100 grammi di farina di riso (ovviamente è bianca pure questa...)
  • 250 grammi di zucchero semolato (oltre a cucchiai di cui sopra)
  • 250 grammi di burro morbido (basta lasciarlo fuori dal frigorifero
  • 2 uova di gallina intere (il guscio non serve: buttatelo pure...)
  • Una bustina di lievito per dolci
  • Un limone cui grattugiare la buccia
  • Un pizzico di sale
Tagliate a pezzettoni grossolani le mele togliete quel che resta del torsolo (se non le avete detorsolate con l'apposito attrezzo) ma lasciate loro la buccia; mettetele in un contenitore per la cottura in forno a microonde, bagnandole con una miscela composta dall'acqua contenuta in un bicchiere da tavola e tanta cannella in polvere quanta ce n'è in mezzo cucchiaino da the, poi cospargendole con due o tre cucchiai da tavola di zucchero semolato; quindi cuocetele per una quindicina di minuti, come quando si fanno le melecotte purchè non si spappolino: poi, lasciatele raffreddare nel loro brodo di cottura. 
Setacciate la farina di grano tenero e quella di riso per apprestarvi a fare la pastafrolla; via via, unite alle farine il resto dello zucchero, il burro, le uova (tuorlo e albume sì, gusci no!), bustina di lievito, la buccia grattugiata del limone e un pizzico di sale: e via che si impasta fino ad ottenere una palla omogenea che lascerete poi riposare in una ciotola in frigorifero per almeno un'ora. Quando le mele saranno freddate, le togliete dal contenitore e le scolate avendo cura di non buttare il brodo o succo (di frutta) ottenuto: lo potete recuperare come bevanda energetica, tonoficante e rigenerante perche adesso dovete stendere la pastafrolla e preparare la torta per l'ultimo passaggio. 
Due terzi della palla che avete tolto dal riposo in frigorifero la stenderete nella teglia imburrata e infarinata che avrete scelto per la cottura; sopra questa base disporrete i pezzettoni di mela con la buccia rivolta verso l'alto, in cerchi concentrici ( il più possibile), coprendo tutta la superficie disponibile; con il retante terzo di frolla, farete dei dischi aiutandovi con un bicchiere e con questi ultimi ricoprirete lo strato di mele a titolo di decorazione della torta; una spolverata di zucchero semolato e siete pronti per mettere il tutto in forno ventilato a 180 °C per 25 o 30 minuti, a seconda delle caratteristiche del vostro forno, anche se vale sempre la prova stecchino e anche l'occhio del fornaio che vuole sempre la sua parte. Lasciate la raffreddare, non siate golosi perchè il giorno dopo, se ci arriva, è ancora più buona!
Buon appetito dalla vostra Jena Sabauda di fiducia!

© 2016 Ricetta e testo di La Jena Sabauda
© 2014 Foto di Orazio Nullo 

martedì 24 maggio 2016

E' arrivato il primo libro della Jena Sabauda: per i golosi di tutto il mondo

Diponibile, anzi, disponibilissimo su molti store elettronici poichè si tratta del primo libro de La Jena Sabauda ed è un ebook!!

Su amazon.com:
http://www.amazon.com/dp/B01FYMWI76

Su iTunes.com:
https://itunes.apple.com/it/book/paciughi-in-cucina/id1116080129?mt=11&uo=4 

Su googleplay.com:
https://play.google.com/store/books/details?id=np8zDAAAQBAJ

e, naturalmente, su:
www.streetlib.com scrivendo il titolo, ovvero PACIUGHI IN CUCINA.

(c) 2016 Claudio Montini e Orazio Nullo 

lunedì 23 maggio 2016

Auguri agli sposi di maggio

Auguri e avanti sempre cercando complicità, esigendo rispetto, offrendo sostegno se uno dei due annaspa: chi mangia insema, rangogna insema  (chi mangia insieme, bisticcia insieme) diceva mia nonna Rosa...e mio nonno Angelo, che aveva combattuto sul Monte Grappa nel 1918, lasciandoci mezzo occhio, dunque non era nè un romanticone nè uno tenero, la pianse per cinque anni; poi, una sera andò a letto presto snobbando metà bottiglia di rosso avanzata dal pranzo: il giorno dopo la vuotò nel lavandino della cucina, e si rimise a letto perchè non si sentiva bene. Aspettò una settimana senza riaprire gli occhi e poi disse a mio padre che Rosa era tornata per saltare di nuovo sul suo biroccio (calessino); strinse forte la mano di suo figlio e la stanza si riempì d'una fragranza antica così come gli occhi di lacrime, prima d'udire lo schiocco d'una frusta, quattro zoccoli ferrati che percuotono la via e il cigolio di ruote di legno che s'allontanavano. Mio padre era sereno, nonostante tutto: forse li aveva visti andare via insieme ma...me lo farò raccontare a tempo debito, quando verrà a prendere me!

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2000 Coppia dipinto di Martin Meyer da google images database

venerdì 20 maggio 2016

Sposa la terra con il mare, la Jena Sabauda in cucina - Radio Patela Magazine

BIMBI, OGGI PESCE IN POLPETTE:
VI VA' ?

di Jena Sabauda

Lo sposalizio della terra e del mare che vi propongo di portare in tavola, farà felici i grandi e i piccini; con gli ingredienti e le dosi, che di seguito vi dirò, si ricaveranno circa 20 polpettine:
  • 4 o 5 patate
  • 5 o 6 filetti di merluzzo o sogliola surgelati
  • 3 (meglio 4) uova di gallina
  • Pane secco grattugiato q.b.
  • Formaggio grana grattugiato (quello che più vi piace) qualche cucchiaio da tavola
  • Prezzemolo tritato (ma non è indispensabile: se ne può fare anche a meno)
  • Farina bianca di grano tenero q.b.
  • Sale fino q.b.
  • Olio di semi per friggere
Pelate le patate e mettele in un contenitore con coperchio insieme a un dito d'acqua; chiuso il coperchio, le mettete a cuocere nel forno a microonde per 10 o 12 minuti: quindi, lasciatele intiepidire e poi schiacciatele con l'apposito attrezzo da purè (o anche con una forchetta e tanto olio di gomito, come una volta...). Mentre vi date da fare con le patate, non lasciate inoperoso il microonde: infatti potete cuocere per 5 minuti 5 (o 6) filetti di merluzzo (o di sogliola) che avrete precedentemente scongelato; una volta che anche questi si siano raffreddati, con una forchetta, li ridurrete in briciole e li unirete alle patate. Ma non resteranno soli a lungo perchè incorporerete ad essi due uova intere (i gusci no, mi raccomando...), pane grattugiato (a occhio: per dare consistenza all'impasto), qualche cucchiaio di formaggio grana grattugiato e un pizzico di sale (magari due...). Raggiunta una bella consistenza dell'amalgama, potrete procedere a formare le polpettine da passare nell' uovo sbattuto (se ne avete uno solo, allungate con un goccio di latte), da rotolare in una miscela di farina bianca e pane secco grattugiato, quindi da mettere a rassodare in frigorifero per almeno un'ora o anche più, a piacere; trascorso quel tempo lì, sarete pronti per friggerle in olio di semi e servirle calde e croccanti.
Buon appetito dalla vostra Jena Sabauda di fiducia!

© 2016 Ricetta e testo di Jena Sabauda
© 2015 Foto di Orazio Nullo a un dipinto di Rita Mangano 



giovedì 19 maggio 2016

Facciamo finta che...SINAPSI. due poeti per una poesia

Facciamo finta...

Facciamo finta che...
tu non l'abbia mai sfidato
e che lui, per assurdo,
non si sia mai arrabbiato.
Fingiam per un istante
che decida ogni uomo,
se agire da cattivo 
oppure esser buono:
a questo punto tu 
non saresti all'inferno,
ma dentro ad un camino 
a rallegrar l'inverno.

Augusta & Claudio

(c) 2016 Testo di Augusta Belloni e Claudio Montini
(c) 2016 Immagine e grafica di Augusta Belloni
 

mercoledì 18 maggio 2016

Subito dopo la Festa della Repubblica, Lomellina in festa a Breme (PV)


Breme, per tre giorni
capitale del buongusto lomellino...

 di Claudio Montini

...poi risorge e ritorna più bella di prima per esser pronta alla sagra della cipolla rossa, grazie all'Ecomuseo del Paesaggio Lomellino e alla Polisportiva Bremese!! Giugno 2016 si aprirà con la quinta edizione della sagra della Lomellina che partirà nella serata di Venerdì 3 giugno con un concerto della Corale Sancti Laurentii (ore 21 chiesa di san Sebastiano), dal titolo eloquente quant'altri mai ovvero "Dalla polifonia al musical" cioè un viaggio dagli esperimenti di Caterina Assandra (monaca lomellina maestra di canto e autrice di trattati e composizioni di conto corale a piu voci femminili, il cui lavoro ispirò anche il compositore seicentesco Claudio Monteverdi, uno dei padri della moderna scrittura musicale e inventore del melodramma e dell'opera come la intendiamo oggi) fino a Gershwin passando per Mozart, Bach, Rossini,Verdi per citare solo alcuni giganti della musica che hanno utilizzato il canto corale come strumento importante delle proprie orchestre, scrivendo indimenticabili pagine che anche ai non addetti ai lavori fan venire la pelle d'oca e qualificano la maestria dell'ensemble che li esegue. 
Nei giorni successivi, fino a domenica 5 giugno, in cui la musica pop italiana avrà il compito di chiudere la manifestazione con il concerto della tribute band The Originals - Tributo ai Nomadi (area feste in Piazza della Fiera dalle 21,15; la band ha vinto anche un contest tra cover band dedicate allo storico gruppo beat tuttora in attività, ricevendo anche i complimenti da Beppe Carletti cofondatore insieme al mai abbastanza compianto Augusto Daolio), si potranno gustare le specialità gastronomiche della microregione compresa e attraversata da Agogna, Terdoppio, Ticino e Po presso il Ristosagra (nell'area feste: sabato a cena dalle 19:30; domenica a pranzo dalle ore 12, a cena dalle 19:30; informazioni su www.ecomuseopaesaggiolomellino.it oppure cell. 3356655482). Il dopocena di sabato vedrà aprirsi una parentesi karaoke che si aprirà alle 19 e si chiuderà alle 21:30 per lasciare campo all'operetta con il recital di Gigi Franchini "Si fa ma non si dice".
La domenica vedrà un programma più articolato: intanto per tutto il giorno sarà possibile aggirarsi tra i banchi della mostra mercato dei soci dell'Eco Museo e degli espositori di hobbistica e artigianato vario, già aperta da sabato; si potrà fare merenda con pane e salame, come una volta; ci sarà una gara di tiro con la fionda (la sfranzàa); si potranno ascoltare le canzoni lomelline eseguite dal gruppo Tanto per di Suardi (PV): tutto avverrà nel parco dell'Abbazia la cui fondazione pare sia da collocare un decennio prima del compimento del Primo millennio dell'era cristiana (fine X secolo d.C.), da parte di monaci benedettini. Il resto degli edifici storici che fanno parte del nucleo più antico di Breme, già punto nodale e strategico nel primo medioevo, sono tutti relativamente più giovani (il campanile è del XVI secolo, per esempio, opera di monaci benedettini olivetani, per esempio).
Che ne dite? Non siamo solo una terra di risaie, zanzare e potenziali discariche, no? Noi vi aspettiamo per stare bene, senza eccessi, in allegria!

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Immagine di Ecomuseo del Paesaggio Lomellino dal profilo facebook
   

martedì 17 maggio 2016

Da SINAPSI il racconto di una festa da ballo molto,ma molto, particolare...



















Prosegue il progetto SINAPSI e si arricchisce di questa favola in rima che fotografa una serata, un ricevimento d'altri tempi, oggi si direbbe un party, con una curiosa e affatto scontata sorpresa finale la cui morale, come tutte le favole che si rispettino, si cela voluttuosamente tra le righe. A buon intenditor...poche parole! Io le trascrivo per vostra comodità, ma vi consiglio di guardare attentamente il dipinto di Augusta Belloni e fissarlo nella mente: otterrete molto di più dai nostri versi, avranno un valore aggiunto che ora non vi svelo.
Claudio Montini
IL BALLO IN MASCHERA

I capelli bianchi
come schiuma delle onde
le sbattevan sulla fronte
Le labbra chiuse
come un bocciolo di rosa
contrastavano col viso
che sembrava imbalsamato
perchè troppo incipriato
Due cascate azzurre
come goccie trasparenti
si mischiavano alle piume
della stola grigio perla
dal riflesso un po' cangiante
con quell'aria di disprezzo
e lo sguardo suo arrogante.
Più che una donna,
una bambola di gomma
modellata da un chirurgo,
dall'aspetto molto furbo,
abbronzato e affascinante,
era stato anche suo amante.
Ora sbarra gli occhi
perchè ha visto un'arlecchino
con il volto di un bambino:
ha deciso di sedurlo.
Muove i primi passi ancheggiando
Si sta quasi innamorando
quando...una donna si avvicina
le sussurra in un'orecchio:
"Lascia stare: Arlecchino è fidanzato
e si sta per sposare la regina delle nevi.
Lei è molto corteggiata come vedi...
Poco fa, l'ho notata
quando sono andata in bagno
e l'ho vista nello specchio
che faceva pipì in piedi".
"Mi concede questo ballo?"
Con un battito di ciglia
fa capire al cardinale
che anche lei vuole danzare.
Come una farfalla vola
con il tulle che svolazza
suscitando molta invidia:
lui le regala una carezza.
Mentre il cardinale parla
riconosce la sua voce...
quella del giovane prete
che faceva catechismo
all'oratorio del paese
Ma che scherzi fa la vita...
"Tutto il mondo è paese",
"I migliori vanno prima",
"Meglio l'uovo o la gallina",
"E...se non c'è più religione,
Cogli al volo l'occasione!"

(c) 2016 testi di Augusta Belloni e Claudio Montini
(c) 2016 immagine e grafica di Augusta Belloni 





lunedì 16 maggio 2016

La regina Teodolinda e Agilulfo vi aspettano a Lomello, per giugno 2016

 Aspettando Laumellum 2016....
 di Claudio Montini

Mancando poco più di un mese all'evento che riporta Lomello (PV) dal terzo millennio al primo; ricordandovi che forse ci sono ancora posti per il banchetto di nozze del sabato; spronandovi a programmare un fine settimana a spasso nella storia perchè tra sabato e domenica, con la notte bianca longobarda e l'animazione al banchetto e poi il mercato longobardo e i quadri storici viventi, potrete rivivere in diretta il matrimonio di Teodolinda e Agilulfo e la terribile vicenda della figlia Gundeperga, scagionata dall'accusa di adulterio solo tramite il "giudizio di Dio" ammannito a filo di spada e clangore d'armi. 
Per informazioni su una festa più unica che rara in tutta la Lombardia, poichè basata su eventi documentati da fonte storica, quanto meno, coeva agli eventi stessi (Paolo Diacono Historia Regum longobardorum, VII sec d.C.), contattate la Pro Loco Lomello ( tel. cell. 3271085241- prolocolomello@yahoo.it).
Arrivederci a Lomello!



(c) 2016 testo di Claudio Montini  
(c) 2016 foto Pro Loco Lomello  e Orazio Nullo (c) 2014                                                                                                                                                                                    

sabato 14 maggio 2016

IL MIRACOLO DI SANT'ALESSANDRO - video+racconto da ASSENTARSI PER UNA MANCIATA DI MINUTI di Claudio Montini (Youcanprint 2012)

un matematico, un musicista e una vecchia leggenda...

di Claudio Montini


Svettava, maestoso e fronzuto, solitario ed altero emergendo come un eruzione di vita dalla campagna che lo circondava e che coronava a occidente il paese; saldamente ancorato a uno sperone di terra, lascito d'un'antica erosione tentata dal grande fiume quando nemmeno s'immaginava che potesse andare a finire dove scorre adesso, il piantone (forse una quercia o forse un noce) vegliava le spalle del campanile, la valle degli orti rigogliosi e ordinati, i boschi selvatici, le lanche e i fossi, i prati e i campi di granaglie che si disperdevano succedendosi armoniosamente fino sulla linea dell'orizzonte, confusa con l'argine del grande fiume. Adesso non c'è più, abbattuto da un temporale estivo che non è degenerato in un devastante grandinata solo grazie ad un’anima pia che, memore d’un’antica grazia ricevuta dai sairanesi, fece suonare a distesa le campane della Beata Vergine assunta in cielo sia pure, si mormorò, a dispetto del parere contrario del prevosto. Anche se nessuno glielo sentirà mai dire apertamente, impegnato com’è a tirare a lucido la parte più in vista di casa badando, però, che il cancello sia ben chiuso e tende e persiane impediscano sbirciate clandestine verso l’interno (ma non il contrario), Sairano tutto sa perfettamente che è peggio per chi se ne va (poichè non si sa dove va) perchè chi resta, comunque, si arrangia e la morte di quell’albero secolare sarebbe scivolata via nel giro della ruota della vita, se non avesse dato vita a due opposte correnti di pensiero che svolazzavano beate di bocca in bocca in tutti i convegni di comari, tanto femminili quanto maschili (mica si parla solo di calcio e motori e donne, al bar...). Una sosteneva che le campane andavano sempre suonate perché fermavano comunque la tempesta, quasi fosse un miracolo assegnato in esclusiva al paese, l’altra era convinta che fosse solo una superstizione legata a una vecchia leggenda di cui s’era persa la memoria.
Duilio stava con gli scettici perchè era devoto alla logica, al calcolo infinitesimale e alla geometria cartesiana così come Rosaria, sua moglie, discendente addirittura di cardinali e medici in odore di santità, si schierava con il campo avverso perchè gli permetteva di ricordargli che...
-...per quante equazioni tu possa elaborare ed io curare malanni anche gravi, la sola variabile che rende possibile tutto è la misericordia di Dio.
Rispettava la fede altrui ma, avendo dedicato la vita all’indagine di ogni possibile insieme di numeri, inventando algoritmi e modelli matematici utili a regolare il caos quotidiano, esitava a lasciarsi affascinare dall'idea del miracolo cioè che Dio stesso, ammesso e non concesso esistesse, impietosito dalle suppliche dei devoti oranti il santo patrono, avesse distolto le sferzate della grandine ai campi ormai pronti per il raccolto liberando la voce bronzea delle campane, evitando al paese fame e carestia.
Invece, Rosaria, che era nata all’ombra di quel campanile e che lo aveva tenuto sempre come faro nelle scelte della vita, prima fra tutte quella di diventare medico oncologo, non si faceva scrupoli nel pregare quando tutte le volte che le capitava un paziente per cui pillole e bisturi sembravano impotenti: perciò aveva apertamente apprezzato il gesto di quella misteriosa anima pia che, a dispetto del prevosto e delle sue perpetue, aveva rispettato la tradizione senza menarne vanto in giro. Era una bella domenica di settembre, di quelle che fanno dimenticare l’autunno che aspetta dietro l’angolo, in cui si respira un’aria calda e tersa di fine estate immaginando ancora lontanissimo l’inverno che verrà. Salirono la rampa che sbocca sul sagrato della chiesa condividendo il cammino col maestro Italo, loro vicino di casa e umile artigiano del pentagramma secondo la definizione che dava di sè rispondendo al saluto dell’egregio professore; Duilio era l’unico in paese che gli riconoscesse quel titolo, dal momento in cui aveva scoperto la musica classica grazie a una collezione di dischi, ereditati da una vecchia zia emigrata in Germania, in cui la direzione artistica era opera proprio di Italo Legnaghi: nessuno sapeva che fine avesse fatto dopo che la famiglia si era trasferita a Como, al seguito di un’altro illustre compaesano, organista e compositore di musica sacra, che là era stato nominato maestro di cappella del Duomo e che aveva voluto con sè, per farlo studiare, quel ragazzino che imparava a memoria le sue partiture quando ancora erano solo abbozzi sul pianoforte verticale che aveva lasciato a Sairano, nella casa dei genitori e delle sue sorelle, stretta in una via tra il castello e la chiesa.
Italo procedeva senza fretta come un’adagio di Albinoni o l’Aria sulla quarta corda di Bach, d’altronde era diretto all’edicola e poi a salutare gli amici e i parenti che avevano già bussato alle porte del cielo ed erano stati messi a dimora nel villaggio ultimo e silente: quella era la seconda messa, l’altra l’andava a prendere alle otto del mattino come faceva fin da ragazzo; Duilio forse sarebbe entrato al momento del Credo se non avesse trovato da chiacchierare col vicepreside in pensione che accompagnava la moglie, velleitaria soprano dilettante; Rosaria detestava arrivare in ritardo a messa e, quindi, salutò e lasciò i due uomini soli alla loro passeggiata guadagnando speditamente l’ingresso in chiesa.
Misero un passo dopo l’altro senza proferire verbo e guardando distrattamente intorno a loro finchè, superato il monumento ai caduti, si trovarono sotto alla lapide che porta incisi, a caratteri scoloriti, le notizie sulla fondazione del castello ad opera del primo conte di Sairano (un capitano di ventura alla fine della guerra dei Trent’anni) e che, secondo uno storico locale, sarebbe posta sulla torre superstite dell’antico vero ingresso dello stesso.
Indugiò con lo sguardo su di essa come se la vedesse per la prima volta, domandandosi la ragione per cui l’avessero posta così in alto, un metro scarso al di sotto della merlatura: Italo si rese conto di quella momentanea distrazione e ne approfittò per rompere la tregua del silenzio. 
- Professore, lei ha in animo di pormi una domanda, solo apparentemente banale, ma capace di indebolire la rete delle sue certezze e non sa come fare: mi sbaglio?
Duilio Potenza, per la prima volta in vita sua, si sentì nudo come un verme sotto al sole scoperto della zolla appena rivoltata dalla vanga dell’ortolano; non seppe ribattere e l’anziano musicista si spiegò.
- Vede, gli sforzi di gioventù per dar vita e voce ed emozioni a quei segni misteriosi impressi su un pentagramma e la consuetudine a suonare in pubblico, hanno acuito la mia sensibilità verso l’ambiente circostante e verso gli occasionali interlocutori. Capto ancora bene le vibrazioni dell’animo umano, nonostante l’avanzare dell’età e dei suoi accidenti. 
- Ebbene sì, maestro, è proprio così.... Ammise il matematico; sospirò per raccogliere le idee e proseguì.
- Col passare degli anni la mia devozione alla verità scientifica è andata perdendo smalto e solidità: se, poi,aggiungo l’anteprima di giudizio universale che stava per scatenarsi sulle nostre teste nei giorni scorsi ...
- ...rinviato solo dai rintocchi delle campane! Ah, le onde sonore che dominano gli elementi della natura! Il sogno di ogni alchimista!  
Chiosò ironico Italo Legnaghi.
- Se non l’avessi visto coi miei occhi, ne avrei sorriso come lei e come feci quando Rosaria me ne parlò la prima volta. Ma ora...
- ...ora in lei si è insinuato il dubbio di aver ridotto Dio ad un numero e di averlo inseguito, a lungo e senza successo, per ingabbiarlo in un equazione? Smetta di rincorrerlo: lei è stato solo l’ennesimo testimone del miracolo di sant’Alessandro.
- Come sarebbe a dire, maestro?
Allora, riprendendo a camminare, l’anziano musicista narrò al disorientato matematico di quella volta che i sairanesi, reduci da annate disperate di fame e malanni, restii a rassegnarsi alla malasorte, si strinsero in preghiera davanti all’urna del loro patrono impetrando prosperità per i vivi e il sollievo eterno per i morti; ma sembrava che lassù avessero di meglio da fare perchè sopra le loro teste si erano date convegno gonfie nubi scure che, sgravandosi, avrebbero raso al suolo ogni cosa che da esso spuntava. In chiesa, come in ogni angolo di Sairano, ci si infervorò nel pregare come se la fine del mondo fosse imminente.
- A questo punto, la nonna di mia nonna citava un proverbio che ha a che fare con l’anima e la fortuna; credo che lo conosca anche lei, professore...
- Oh sì, certo! Spesso lo sento adoperare per certe conversioni dell’ultimo minuto...
Gli morì il fiato in gola, riconoscendosi in quella medesima situazione.
Per scacciare l’imbarazzo dell’amico, Italo riprese a raccontare dipingendo la terra spazzata da venti rabbiosi e un cielo che brontolò parecchio, anche lampeggiando furiosamente.
Quando questo all’improvviso tacque, il vento s’arrestò: però il silenzio non venne turbato dal ticchettìo crescente della grandine ma dai rintocchi delle campane, la bronzea voce di Dio, che precedette la frusciante carezza della pioggia. Anche quelli che non si sarebbero fatti più vivi nella casa di Dio, pregarono e piansero e s’abbracciarono correndo fuori a bagnarsi con le braccia e i visi volti al cielo: sant’Alessandro si era guadagnato, definitivamente, la cittadinanza sairanese.
- Da allora, ogni volta che il cielo minaccia tempesta, si suonano le campane e si recita la preghiera che si conosce meglio, se non si riesce a snocciolare un rosario: il santo capisce e ci mette una buona parola con colui che lassù risiede. Così i danni sono limitati e nessuno si tira indietro quando c’è da portarlo in processione fino al Chiesuolo.
- Dunque la fine del piantone è stata, per così dire, una fatalità? Un effetto collaterale, come si usa dire oggi, del ritardo con cui si sono liberate le campane? Un fulmine o una folata sfuggita al controllo e che ha sbagliato bersaglio?
Duilio si dipinse sul volto un’espressione ironica e scettica insieme; Italo si fece piuttosto serio e lo fissò un istante nel fondo degli occhi, quasi seccato per il velato sarcasmo.
- Anche se non sapessi che in parrocchia non c’era alcuno che fosse in grado di accedere alla sacrestia, poichè il don era a Vigevano in riunione dal vescovo e la perpetua era a Pavia dal dentista e sono i soli ad avere le chiavi, continuerei a pensarla così come le dirò.
Una presa di fiato e proseguì.
- Si è trattato di un monito all’anima di questo paese, affinché non si vergogni di essere se stesso: barattare l’oblio delle proprie tradizioni per i falsi miti della modernità, farà di tutti i Sairano del mondo squallidi dormitori.
- Maestro, tuttavia, resta solo una domanda senza risposta: chi dobbiamo ringraziare?
- Professore, disarmi la logica e ingaggi la fantasia: in men che non si dica, la risposta busserà al suo cuore. Ora, mi scuserà se la saluto, ma gli amici che mi hanno preceduto alla casa del Padre si aspettano che io renda loro omaggio, come ogni domenica, finchè non mi verranno a prendere per fare l’ultimo pezzo di strada.
Altare di S.Alessandro martire Chiesa B.V.Maria Assunta in cielo di Sairano (PV)
Si salutarono e si separarono; Italo era solito compiere quel rito in muta solitudine, mentre Duilio era pervaso dal misterioso desiderio di entrare in chiesa prima che finisse la messa. Il suggerimento dell’anziano musicista aveva suscitato un’intuizione che voleva verificare, anche se la ragione l’avrebbe potuta scartare. Arrivò nel momento in cui l’assemblea e l’organo erano lanciati a pieni polmoni nel cuore dell’inno al glorioso martire: con gli occhi lucidi rivolti alla teca esposta sul suo altare, il professore, felice come non mai, si unì al coro.Ora nel cuore aveva il nome di chi aveva suonato le campane per placare la tempesta. Sant’Alessandro, a qualcuno, sembrò sorridere: un’altro dei suoi fedeli figli era tornato sulla via per la casa del Padre.

(c) 2009 - 2012 Testo di Claudio Montini
(c) 2012 - 2014 Foto di Orazio Nullo 
(c) 2014 VideoKlaut66 / youtube.com /claudiomontini
 









venerdì 13 maggio 2016

SINAPSI: l'artista - per chi lo è dentro, ma anche fuori e tutto intorno

L'artista

progetto SINAPSI

di Augusta Belloni e Claudio Montini

Noi che camminiamo con la testa tra le nubi
e ci allontaniamo dalla terra per sognare
non abbiam bisogno nè di oppio nè d'incenso
per raggiunger l'estasi e creare.
Non ci serve a nulla guardar negli occhi le persone,
perchè andiam diretti dentro l'anima col cuore.
Ci esprimiamo creando macchie di colore
oppure infiliamo un rosario di parole.
Sappiamo dare forma a un'emozione
e trasformiamo un foglio, che resterebbe muto,
facendolo parlarecon uno sconosciuto...
Creare, in fondo, è.......comunicazione,
creare, in fondo, è anche partecipazione,
è cibo per la mente,
è miele per il cuore,
è un po' come pregare:
ci è stato dato un dono,
noi non abbiamo meriti
e solo tra le nuvole
noi lo possiamo usare.

(c) 2016 Testo di Augusta Belloni e Claudio Montini
(c) 2016 Immagine di Augusta Belloni      - diritti riservati agli autori -
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mercoledì 11 maggio 2016

Visioni poetiche (e pavesi) al Salone del Libro di Torino 2016









I COLORI DELLA VITA: CON MASSIMO PISTOJA AL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2016  XXIX EDIZIONE

di Claudio Montini

Una sfida nella sfida è quella di Intermedia Edizioni di Orvieto nell'ambito del Salone del Libro di Torino 2016 (XXIX edizione dal titolo VISIONI). A dare manforte alla casa editrice umbra, a ingrossare le fila del manipolo di autori, per lo più poeti, che animeranno l'evento realizzato presso lo stand della Regione Umbria (padiglione 3 stand S-105 domenica 15 maggio 2016 ore 12) intitolato IL SEGRETO: POESIA E POETI SI SVELANO, ci sarà anche un valente e prolifico autore pavese e vigevanese, in particolare: Massimo Pistoja che, con Intermedia appunto, ha dato alle stampe la sua antologia poetica I COLORI DELLA VITA, già presentata nell'edizione passata della rassegna editoriale e libraria piemontese.
La domanda che dovrebbe, a questo punto, sorgere ben più spontanea di quella che Manzoni instilla in don Abbondio ne I promessi sposi, è questa: chi è mai codesto ultracinquantenne (è nato infatti nel 1958) residente a Vigevano (patria di un'altro grande scrittore, sfortunato e dimenticato però, Lucio Mastronardi già autore de Il maestro di vigevano portato sul grande schermo da Alberto Sordi), padre di famiglia con un passato da imprenditore, ideatore e anima e presidente di una associazione culturale che, mutuando il nome dal titolo del suo libro, si propone di promuovere l'arte e la bellezza artistica come strumenti di elevazione ed emancipazione dal male edalla sofferenza? A maggior ragione: cosa avrà mai scritto di così notevole da meritarsi, non già uno, ma due passaggi in tanto frequentata vetrina internazionale dedicata alla letteratura, alla divulgazione, all'editoria e alla cultura in genere come quella che andrà in scena a Torino, nell'area fiere del Lingotto (ex sede storica della Fabbrica Italiana Automobili Torino ora FCA Ltd) dal 12 al 16 maggio 2016?
Ha scritto una montagna di poesie e poi ha scelto le migliori, le più significative, le più importanti per lui e le ha messe in un libro perchè ha scoperto quanto bene facesse alla sua anima, tormentata e stressata dagli accidenti della vita quotidiana, fissare sulla carta le immagini e i colori e le sensazioni ogni giorno ci attraversano e ci scivolano addosso ma che non cogliamo più fino a che non siamo costretti a ripartire alla ricerca del senno perduto, come Astolfo sulla Luna che cerca quello di Orlando secondo l'Ariosto, quasi costretti a rinascere da soli guardando noi stessi come se fossimo estranei sconosciuti.
Allora si capisce come il titolo I colori della vita sia funzionale alla lettura dei componimenti perchè si concretizza nell'invito a cercare sempre un momento per gustare le meraviglie, piccole o grandi, che la vita sottopone alla nostra attenzione
E' un uomo che si è ritrovato, che ha ritrovato un'equilibrio, che è ritornato ad amarsi attraverso le parole scritte e regalate al mondo non perchè stupisca per la sua capacità dialettica, lessicale o sintattica, ma perchè esso risuoni e goda della stessa gioia dell'esser vivo e scalciante (per mutuare un'espressione cara al mondo anglosassone).
E' una persona, nel senso più ampio del termine, uscita da un periodo difficile e doloroso della sua vita ritrovando intatti i colori per cui vale la pena battersi, per cui vale la pena impegnarsi ad esaltarli, per cui vale la pena comporre parole per i propri simili o per chi ha la medesima sensibilità.
E' un'artista e un poeta, che descrive la realtà con le parole di tutti i giorni per illuminare il futuro, non già come incognita che atterrisce, ma come momento migliore in cui proiettare e focalizzare la propria esistenza.
Così sul palcoscenico de IL SEGRETO: POESIE E POETI SI SVELANO allestito da Intermedia edizioni di Orvieto, nello stand S-105 del padiglione 3 REGIONE UMBRIA, durante la XXIX edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino (12-16 maggio 2016), alle ore 12 di Domenica 15 maggio, Massimo Pistoja porterà le sue poesie e tutto il suo bagaglio di esperienze accumulate con l'Associazione Culturale I COLORI DELLA VITA, scrivendo per la rivista I liburni, concorrendo e presiedendo la giuria di concorsi letterari, curando il suo sito internet dedicato a letteratura e arte figurativa; porterà anche tutto il suo essere pavese e vigevanese ma, più d'ogni altra cosa, porterà la sua umanità senza schermi o filtri: questa sarà la vera sfida nella sfida, l'idea rivoluzionaria, la visione nuova che spazzerà via molti luoghi comuni, primi tra tutti quelli per cui gli italiani leggono poco, di malavoglia e sono allergici alla poesia salvo, poi, intasare cassetti di casa e redazioni di editori di esercizi retorici in cerca di gloria.
Sarà la sua stessa voce a farsi carico di dare tridimensionalità ai suoi versi completando così la sua missione e varando il loro viaggio verso altri cuori e altri spiriti in ascolto.
Massimo Pistoja e i suoi colleghi di Intermedia Edizioni dipingeranno un quadro collettivo della poesia italiana che non si chiude in cerchie ristrette, ma spalanca finestre sulla vita e attinge ai suoi colori per sanarne le ferite e scolorirne i lividi, stemperando il dolore in stupore per una rima.

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Immagini da Google Images Database