LA BUONA LETTERATURA SUPERA AGEVOLMENTE I CONFINI DEL TEMPO
Eric Ambler
VIAGGIO NELLA PAURA (1940)
Adelphi editore (2015)
di Claudio Montini
Un uomo buono che va alla
guerra, pare si dica dalle parti della perfida Albione, pensa a
portare a casa la pelle senza perdere la testa; anzi, approfitta a
piene mani del fatto che quest'ultima sia ben attaccata al collo e
contribuisca a tenere i piedi per terra, gli occhi aperti, il sangue
freddo, i nervi saldi per portare a termine la sua missione e
tornarsene agli affari propri.
VIAGGIO NELLA PAURA
di
Eric Ambler, pubblicato per la prima volta nel 1940 e ripubblicato
nel 2015 in Italia da Adelphi, è un lavoro ad orologeria di ottima
fattura e qualità tanto letteraria quanto drammaturgica, nel senso
più britannico possibile dei termini che ho adoperato per definirlo.
Si inserisce nel solco della tradizione letteraria inglese, cosi
detta, dell'intrattenimento intelligente calato in una scena non
isolana domestica e storicamente datata ma contemporanea, allo
scrittore, e di respiro europeo evitando gli stereotipi attraverso il
tratteggio di scene e personaggi utilizzando pochi elementi
essenziali, ovverosia lasciando alla fantasia del lettore il compito
di arricchire con dettagli e colori il teatro degli avvenimenti.
La trama è, in apparenza, semplice da riassumere: un ingegnere
navale esperto di armi e tecnologia bellica, vinto l'appalto della
ristrutturazione della marina militare turca per conto dell'azienda
britannica in cui è impiegato e progettista, affronterà il rientro
nel Regno Unito inseguito dallo spionaggio nazista deciso a
eliminarlo per ritardare l'avvio dei lavori e procrastinare
l'ingresso della Turchia nel conflitto, a ingrossare le fila degli
Alleati Nord Atlantici contro le forze dell'Asse Roma-Berlino-Tokyo.
Ma il protagonista, è tutto tranne che una spia: è, come ho detto,
l'uomo buono che bada ai propri affari alla propria moglie,
tiepidamente patriottico, che va alla guerra ignorandone quasi
l'esistenza e l'incombenza nonchè le implicazioni e le conseguenze.
Tuttavia, una volta messo in mezzo, sfrutterà tute le sue doti
razionali e umane per tornare a casa e scampare la morte, analizzando
situazioni e persone e informazioni con il piglio dell'ingegnere
abituato alla risoluzione dei problemi; gli antagonisti e le figure
di contorno non solo esalteranno le caratteristiche del protagonista,
ma si staglieranno al suo fianco sulla scena per la nettezza, la
profondità, la professionalità con cui vivono il proprio ruolo
nell'intera vicenda: tanto che il lettore si trova, talvolta, persino
a provare simpatia per loro.
Eric Ambler non realizza un VIAGGIO NELLA PAURA ma una
esplorazione della complessa fenomenologia della natura umana, una
miscela esplosiva e instabile e imprevedibile di istinto di
sopravvivenza e capacità razionali di elaborazione di azioni
complesse: così consegna, anche a noi lettori del terzo millennio
schiavi inconsapevoli della tecnologia, un meccanismo elegante,
lucido e scintillante sui cui ingranaggi non si è mai posato nemmeno
un granello di polvere.
Un lavoro a orologeria dai movimenti precisi come un cronografo
svizzero che, dopo settantacinque anni dalla sua costruzione, ad ogni
giro di ruota dentata svela una sorpresa e ti costringe a non perdere
nemmeno una riga per vedere se l'uomo buono, andato alla guerra,
riesce a cavarsela.
Ribaltando lo schema di Agatha Christie, di Conan Doyle, di Stout,
dove l'eroe svela le trame dei cattivi e inchioda i colpevoli alle
loro colpe (dove l'eroe, altri non è se non l'alter ego
dell'autore), Ambler sembra, ma è solo una mia opinione, aver udito
l'eco di Joyce e dei Sei personaggi in cerca d'autore di
Pirandello perchè sono i personaggi stessi artefici delle proprie
fortune, sono loro a rivelare le proprie trame oscure e le colpe e i
progetti, lasciando all'autore, apparentemente, il solo compito di
registrare le azioni come un cineoperatore, in presa diretta sul
mondo e sull'animo.
Questo è il punto di forza del romanzo, la caratteristica che lo
rende vincente anche ai nostri giorni.
Del resto, Eric Ambler (1909-1998) è stato anche sceneggiatore,
oltre che giornalista e scritttore; tra le tante sceneggiature
realizzate, si ricorda quella di Topkapi (con Peter Ustinov,
Capucine, David Niven) nella aletta di copertina dell'edizione di
Adelphi e, immagino sicuramente, anche quella di Journey into fear
(del 1943 per la regia di Norman Foster, arrivato in Italia col
titolo Terrore sul Mar Nero, con Joseph Cotten) la cui
locandina, o meglio un particolare di essa, campeggia sulla copertina
del libro donandole una eleganza e un fascino senza pari.
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