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venerdì 16 gennaio 2015

Lettera di un italiano che non conta niente all'emerito Presidente

Lomello (PV), 15 gennaio 2015



Ill.mo Signor Presidente on. prof. Giorgio Napolitano, 
sono certo che lei non leggerà mai queste parole; tuttavia, questa sera, sento in cuore l'urgenza di scriverle perchè non si perdano nel clangore delle polemiche becere che i mezzi di comunicazione di massa, lungi dall'esercitare la loro funzione propria perchè ridotti a meri contenitori e veicoli promozionali tanto di prodotti di largo consumo quanto di inarrivabili lussi, hanno invece esercitato sin dal giorno delle sue dimissioni con morbose dirette radiotelevisive di ogni suo passo in uscita dal Quirinale al solo scopo di cogliere un'attimo di esitazione, di commozione o di celia imprevedibile che potesse far alzare l'attenzione del pubblico.
Nel suo primo mandato, se non ricordo male, lei aveva esortato i giornalisti e, in senso lato, gli operatori dell'informazione ad esercitare il proprio mestiere, o meglio la propria professione, o meglio ancora Ella avrebbe volentieri detto la propria missione, con la schiena dritta e la fronte alta: per l'ennesima volta, la sua esortazione è stata disattesa, a mio modesto avviso di fruitore forzato di radio e televisione.
Un disoccupato ha molto tempo libero, per definizione: pertanto, per evitare l'inevitabile scoramento che può prendere alle spalle per la vana ricerca di un'occupazione, fatta di domande che rimangono spesso senza risposta e porte inesorabilmente chiuse, chi si trova in questa condizione passa il tempo attaccato alla radio o alla televisione.
Lei è stato il solo ad essere coerente in quest'Italia dalla lingua biforcuta, corrotta fino al midollo se è capace di speculare sulle disgrazie degli ultimi della terra; lo ha fatto per amore del suo paese e per rispetto della fatica che quelli della sua generazione hanno speso, oltre al sangue, per ricostruirla libera e democratica e più giusta e più pulita di come la guerra ve l'aveva resa.
Scrutare ogni vostro gesto, seguire ogni passo, pesare ogni saluto e ringraziamento al personale che vi ha seguito in questi anni e ogni parola che avete pronunciato, per poter dire "io l'avevo già capito", mi è sembrato un'operazione meschina rispetto allo sforzo enorme che le è costato accettare il secondo mandato e la pessima situazione in cui versa l'Italia: i grandi problemi e le enormi sofferenze che noi cittadini stiamo patendo ( perchè i mutui e le tasse non aspettano e non hanno pietà ) li abbiamo visti accantonati, se non dimenticati, anche da chi dovrebbe essere la nostra voce ed essere la fonte della nostra conoscenza e consapevolezza.
Ora ci riempiranno le orecchie e gli occhi di baggianate quali il toto presidente e l'identikit del nuovo presidente, gli accordi e i patti segreti e le alleanze impossibili: digeriremo anche quelle, siamo abituati a tutto ormai.
Spero che ora La lascino in pace, in particolare quegli sciocchi e ignoranti che invocavano le vostre dimissioni come le invocherebbero di chiunque non andasse loro più a genio, se una mattina si levassero dal letto col piede sbagliato e la luna più storta del solito.
Gli italiani non amano chi dice loro le cose come stanno e meno che mai coloro che, per il bene comune, li costringono a percorrere duri sentieri: dura lex sed lex non è mai stata massima popolare lungo lo stivale quanto l'andreottiana il potere logora chi non ce l'ha sia mai stata compresa fino in fondo; Lei ha dimostrato che solo con l'impegno e il lavoro nel solco tracciato dalla legge, col sacrificio degli egoismi personali e di bottega e di partito (vero D'alema, Civati e compagnia cantante, anche nella destra dell'arco parlamentare e costituzionale??), si può e si deve e si riesce a raggiungere l'obbiettivo supremo del bene collettivo, del bene del Paese, del bene dell'Italia intera.
Sì, signor presidente: l'Italia intera, il nord e il sud, il centro e le isole, la destra e la sinistra, credente o atea che sia, come lei ha sempre e fortemente sottolineato, ma libera di determinare il proprio destino e i propri dirigenti con quell'arma unica e insostituibile che è il voto elettorale, fatto di croci di matita su un foglio di carta, lontano da occhi indiscreti, deposto in un urna e contato a voce alta.
Così è nata la nostra repubblica italiana dalle macerie lordate dal sangue di fratelli, così ha risposto a tutti i cancri che hanno tentato di annientarla e così si salverà rialzandosi dalla polvere per sbarazzarsi dei terrificanti pagliacci che agitano spauracchi, pronunciano profezie di sventura, fomentano odi e divisioni inutili al solo scopo di soggiogare i pavidi e gli ottusi per spartirsi quel che resta della torta del potere.
Dunque, grazie signor presidente emerito professor Giorgio Napolitano!
Viva la Repubblica Italiana!

Un italiano che non conta niente

Claudio Montini

Testo: (c) 2015 Claudio Montini          Fotografia: (c) 2011 Michele Pini

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