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venerdì 9 febbraio 2018

Sogno per il tempo scaduto

Quando busserò all'altra porta...
di Claudio Montini

Questa è l'immagine che ho del mondo ultraterreno, subito dopo la morte. Dopo una salita e una discesa, volteggiando come gli anelli di fumo di una sigaretta, arrivo a quel cancello lì e mi guardo intorno, giusto per vedere se qualcuno dei miei, di quelli che hanno lasciato la valle di lacrime prima di me, sia lì sulla soglia ad attendermi o a spiegarmi cosa devo fare o come mi devo comportare; d'altra parte è la prima volta che mi accade di morire... Nessuno: non si vede anima, un tempo, viva in giro di qua e di là dal cancello inondato di luce che lascia intravedere una scala che si dissolve in una tiepida e benevola penombra, simile a un abbraccio che vale più di mille parole d'altrettante preghiere. Ci avrei scommesso e l'avrei giurato che, anche questa volta sebbene sia l'ultima, nulla sarebbe andato per il suo verso e, tra due strade, avrei imboccato quella sbagliata e mi sarebbe toccato tornare indietro imprecando... Che importa? Ora che il mio tempo è finito, non ho più l'angustia di perderlo: aspetterò ancora un poco... Però non sono affatto convinto, una briciola di umanità mi è rimasta appiccicata addosso: insomma, non mi piace aspettare e detesto gli appuntamenti saltati... Caspita, io sono stato puntuale: quando è stata la mia ora mi sono presentato e buonanotte al secchio, ho finito di offender Dio come diceva un mio vecchio amico... Ho finito di tribolare, come ho sempre pensato e penso ancora: va bene, allora apro l'anta del cancello, tanto è socchiuso come se mi invitasse a farlo, varco la soglia per dare un'occhiata anche al piano superiore. Non sono ancora vicino alla scala, ho appena completato il primo passo ed ecco che mi arriva uno scapaccione a mano piena sulla nuca, tanto secco e potente che mi fa fare una capriola in aria! Sapevo perfettamente a chi appartenevano quelle cinque dita, le avrei riconosciute ovunque nell'universo, non solo per i calli e l'odore di nicotina delle troppe Marlboro, perennemente accese e fumiganti anche quando andava al bagno di notte. La botta è forte, come quell'unica volta in cui mi presentai in ritardo sull'ora di pranzo senza aver detto a nessuno dove mi ero diretto: eppure mi alzo, mi volto lentamente sorridendo e piangendo, massaggiandomi la nuca e lo vedo con la camicia dalle maniche arrotolate, la cravatta allentata e la sigaretta all'angolo della bocca. Mi viene da dire soltanto Ciao, papà! ma lui mi fa segno di stare zitto, mi prende per mano e saliamo i gradini insieme come quella volta al mare, avevo due anni, che mi fece camminare sulla balaustra del lungomare di Celle Ligure perchè volevo fare come i grandi, anzi, volevo essere grande come lui.
© 2018 Testo di Claudio Montini
© 2014 Immagine condivisa da Google Images database su profili G+ e facebook

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