La storia si ripete: al voto, al voto!
di Claudio Montini
Dopo mesi di brindisi, ubriacature e festeggiamenti vari (scissioni comprese) legati alla sconfitta elettorale dell'allora (ma anche attuale) segretario del Partito Democratico e, incidentalmente per scippata poltrona, Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi che si è visto bocciare (a mezzo referendum) dal popolo italiano la riforma costituzionale cui teneva così tanto, la montagna politica ha partorito un topolino sul novello asse Roma-Berlino (per andare bene in Europa bisogna piacere ai pronipoti dei Nibelunghi...). Con buona pace dei Sud Tirolesi che con tigna fascista ci ostiniamo a chiamare Alto Atesini, non fosse altro per quel milione o poco meno di giovani anime ritornate anzitempo al creatore a causa del piombo reciprocamente vomitatesi addosso durante la prima inutile strage, lo Stivale Italico si avvia a diventare l'ennesimo
land della riunificata Germania: infatti, le principali forze politiche italiane pare abbiano trovato di proprio gusto e reciproca soddisfazione l'adozione del sistema elettorale tedesco, ovvero una legge elettorale basata sul sistema proporzionale che assegna seggi in parlamento ai soli "concorrenti" che conquistino almeno il 5% dei voti validi espressi e il diritto di formare il nuovo governo a chi ottiene la maggioranza degli stessi, senza alcun tipo di premio o calcolo astruso di residui statistici il cui destino è il macero o l'inceneritore. In realtà, penso che siamo di fronte all'ennesima pagliacciata balneare cui la classe politica italiana non ha mai rinunciato affatto, come certi governi monocolore democristiani degli anni '70 del XX secolo cui si prestò, per carità e amore di patria, anche l'ultimo cavallo di razza della politica italiana, nonchè gentiluomo e onest'uomo, che fu Amintore Fanfani il quale, se non ricordo male, si ritirò a vita privata assai disgustato da quella esperienza che vide poi la nascita della stagione del pentapartito d'ispirazione craxiana, andreottiana e forlaniana. Attenzione, non fraintendetemi: nessuno degli attuali protagonisti (si fa per dire...) auspica un ritorno al proporzionale al fine di editare un
pentapartito 2.0 o un
pentapartito Millennum Edition; per fare ciò dovrebbero essere dotati di una cultura giuridica e di una saggezza tattica che si sono disperse con lo scioglimento dell'Assemblea Costituente nel 1947 e con la morte di Alcide de Gasperi qualche anno dopo. Questi figli del
copia e incolla, oltre ad essere convinti di superare lo "sbarramento" a passo di carica, lo sono anche di essere in grado di conquistare la manciata di voti in più tale da legittimarli, da subito dopo le operazioni di scrutinio, alla formazione del nuovo governo e alla salda guida del Paese verso il sole dell'avvenire per entrare in un'era di benessere e prosperità; non sanno dire nè diranno mai come raggiungeranno gli obbiettivi, poichè a loro preme soltanto occupare la stanza dei bottoni escludendo ed estromettendo dissenzienti, non allineati e liberi pensatori (ammesso e non concesso che ne esistano ancora...). Se da un lato, il metodo proporzionale omaggia e soddisfa il principio della libera espressione e della piena rappresentatività politica incastonato e ribadito a più riprese nella Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, dall'altro lato, la soglia di ingresso in parlamento fissata al 5% non contrasta con detti principi dal momento che si configurerebbe come mero dettaglio tecnico inscritto nella legge ordinaria con cui il parlamento stesso determina la propria composizione, cosa prevista fin dai primi articoli della costituzione stessa. Lo "sbarramento" duro e puro è visto come uno strumento per liberarsi di fronde e cespugli e possibili incagli in sede legislativa ed esecutiva ma anche per limitare il numero di
bocche da sfamare che attingono alla generosa greppia statale, aumentando così la quantità di "foraggio" immagazzinabile per alimentare i vari organi che fanno vivere i partiti, anche quelli che si proclamano differenti dal modello classico novecentesco. Risulta evidente, dunque, al netto dei proclami di sapore esclusivamente propagandistico, che dell'Italia e degli Italiani ai signori politici non importi un beneamato fico secco: basta solo fare mente locale al tempo intercorso tra il referendum costituzionale e il periodo auspicabile per il voto, ovvero quest'autunno, nel quale sarà già maturato il rateo pensionistico parlamentare e anche quello relativo al finanziamento pubblico ai partiti politici che Enrico Letta aveva annunciato come abolito a apposito provvedimento legislativo di cui si sono perse le tracce. Quanti altri provvedimenti molto più utili si sarebbero potuti studiare e varare per semplificare la ricostruzione nelle regioni terremotate, per la lotta alla disoccupazione e alla povertà, per costringere il resto d'Europa a fare la propria parte nel ben più ampio e doloroso tema dei migranti? Il
Job'sAct ha fallito (la disoccupazione è ancora ai livelli del governo Monti); il referendum ha fallito ( agli italiani la costituzione piace così com'è: tanto non la conoscono....ma non ditelo in giro!!); le banche sono malate o sono fallite trascinando con sè i risparmiatori; l'Alitalia è fallita e l'Ilva sta per farlo: però, mi ostino a pensare che non è sempre colpa degli italiani che pagano, stanno zitti e si tengono cocci altrui. Eppure sarà ancora così, accadrà lo stesso circuito di eventi che è andato in onda il 2 giugno 1946 quando si scartò la monarchia in favore della repubblica e quando, nel 1948, quest'ultima entrava nel pieno di poteri e capacità e prerogative: gli Italiani ricostituiranno la verginità a quegli stessi individui che hanno provveduto a toglierla loro mettendoli proni, anche senza mani giunte, frugando nelle loro tasche e stordendoli di belle parole e promesse scritte sull'acqua che hanno smesso di imbottigliare in ampolle simboliche.
(c) 2017 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Immagine di Orazio Nullo "Electoral promises" - Atelier des pixels collection
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