di Claudio Montini
Spegni la demiurga tivù e accendi la voglia di aprire un libro, anche una vecchia enciclopedia può riservare sorprese, basta la luce del sole e le pagine parlano da sole: non serve che clicchi basta far ballare gli occhi e pensare, immaginare, leggere e ripetere ad alta o bassa voce. Quante cose scoprivamo sfogliando gli atlanti di geografia, non per le cartine o le mappe, ma per le fotografie di posti e animali che non avremmo mai immaginato di vedere, noi che restavamo a bocca aperta quando vedevamo le scie tracciate dai jet che univano il vecchio e il nuovo mondo, oppure un caccia militare sfrecciava sopra le punte dei campanili abbattendo il muro del suono con un boato che faceva tremare i vetri della scuola o della casa. Non erano tempi facili nemmeno quelli, ci mancavano tante cose quante ce ne mancano adesso e capitavano fatti brutti tanto quanti ne accadono adesso; avevamo paura, avevamo fame, avevamo malattie che non sapevamo combattere; eravamo ingenui e influenzabili esattamente come lo siamo adesso che ad ogni ora del giorno e della notte abbiamo un telegiornale, un'inviato speciale, un testimone esclusivo o un messaggio a reti unificate che ci invita a cambiare materasso, a volere un divano nuovo, a ritrovare la felicità con un detersivo eccezionale o uno yogurt o un liquore che riempie la vita di significati e la svuota di scorie azotate, tanto la carta igienica e a chilometraggio siderale e illimitato, a cambiare macchina per correre al mare o per lavare pentole e panni sporchi in famiglia o con gli amici, felici fino alla paresi mandibolare per della carne in scatola o una mozzarella sintetica. Sì, davvero, te ne prego e scongiuro, San Telecomando facci la grazia di liberarci dai consigli per gli acquisti! Ma quali acquisti? Con che soldi, se facciamo fatica a trovare un lavoro onesto? Se dobbiamo decidere, giorno dopo giorno, se curarci o mangiare? Che mi lamento a fare, tanto il mondo continua a girare... Una volta guardavo la televisione con passione e avidità perchè mi portava in casa quel mondo che non avrei mai potuto visitare, conoscere, apprezzare: adesso è pieno zeppo di illustri sconosciuti o di idioti fin troppo noti che sbraitano e sgomitano e scalciano e s'azzuffano senza venire a capo di nulla, senza vergogna, senza ritegno. Si sono moltiplicati i canali, ma la zuppa melmosa è sempre la stessa, sempre uguale, persino sincronizzata: non c'è un gabbiano che si levi dalla palude e ci porti lontano, una volta sapevo sognare e cercare la verità anche nell'illusione di luci e paillettes del tubo catodico. Me ne pascevo quando avevo i sogni in affanno, le batterie dell'immaginazione un po' scariche ed ero a corto di giochi: ora, se non cediamo a polveri e pillole, per sognare ci tocca dormire e non ci basta più suonare il nostro rock. La materia grigia nella scatola cranica aspetta solo di sgranchirsi le sinapsi, la lingua vuol smettere di fare il bidet al prepotente di turno sperando che gli lasci almeno briciole di zucchero, la bocca anela aria fresca che riempia i polmoni e dia nuova vita al sangue che vorrebbero cavarci per proseguire la loro comoda vita. Azzeccagarbugli dei miei stivali (logori e bucati) non avrete il mio scalpo! Avrete solo le mie parole: è l'unica arma che mi resta, oltre una croce a matita su d'un pezzo di carta che ripiegherò e infilerò dentro un urna, dopo la tassativa pubblicità. Oh San Telecomando, accendimi il cervello spegnendo la fiacca tivù!
(c) 2017 testo di Claudio Montini
(c) 2012 foto di Orazio Nullo
Nessun commento:
Posta un commento