di Claudio Montini
La sabbia della piana di Giza ha fatto il suo mestiere, purtroppo: la verità non emergerà mai in tutto il suo splendore, ci dovremo accontentare di qualche scheggia sfuggita alle maglie dell'omertà che non conosce latitudini nè abiti democratici, ci dovremo arrendere alla realtà meschina per cui onore e lealtà verso il prossimo sono parole vuote e obsolete.
Giulio Regeni credeva e voleva credere in queste cose, ma ancora di più nel potere dell'intelligenza, del buon senso, della giustizia, credeva nel suo lavoro e nei principi e nei dogmi che aveva appreso là dove la lotta per la sopravvivenza è un concetto astratto poichè basato sul confronto, talvolta aspro e serrato, tra idee e opinioni suscitate dalla libera circolazione delle informazioni.
Ma la sabbia della piana di Giza nasconde scorpioni e aspidi che rispondono a logiche incomprensibili agli occidentali, sebbene una li accomuni tutti quanti: la sete di denaro e di potere, anche piccolo come quello di strappare bugie o verità a prezzo di sofferenza e dolore, ignorando volutamente la morte in agguato e pronta a mettere fine a tanto codardo e infingardo disprezzo per la dignità umana.
Già un anno di manfrine diplomatiche e farse giuridiche e poliziesche è trascorso da quando Giulio Regeni è sparito e riapparso cadavere; chi lo ha messo al mondo non ha smesso di chiedere la verità sugli ultimi giorni del proprio figlio cittadino del mondo, tradito come Plinio il Vecchio da quel mondo la cui natura voleva indagare da vicino per sfatare miti atavici e affermare l'universalità dei diritti dell'uomo, pur sapendo che nulla restituirà il sangue del proprio sangue versato, questa è l'unica certezza finora, con troppo dolore.
Ci siamo dimenticati quanto sia difficile e grama la vita negli abusi di potere, ne abbiamo fatto un mito forse buono a riempire palinsesti televisivi e ingrossare fiumi d'inchiostro: proviamo a ricordarcelo con onestà e pudore, proviamo a fare pressioni affinchè il consorzio umano sia sempre meno un'arena o una galera a cielo aperto, proviamo a smettere di usare la testa solo per portare il cappello.
Il ricercatore universitario friulano non resusciterà, certo, ma almeno smetterà di rivoltarsi nella tomba inseme a tutti quegli altri che hanno sognato un mondo migliore, più giusto e più libero.
(c) 2017 Testo di Claudio Montini
(c) 2016 Immagine di Orazio Nullo "During desert sand storm"
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