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domenica 27 novembre 2016

Un regalo (postumo) di Augusta: una nuova perla per Sinapsi


L'ultima stazione vuota

ASPETTANDO UN'ALTRA STAZIONE PER SCENDERE,
UN'ALTRO SVINCOLO O UNA RAMPA PER USCIRE
DAL FLUSSO INELUTTABILE DI ALBE E TRAMONTI,
SI AFFACCIANO I RIMORSI, I SORRISI, I SOSPIRI
NASCOSTI DAL MANTELLO DEL TEMPO PERDUTO.
LI LASCIO PASSARE IN RASSEGNA ANCORA UNA VOLTA,
COME SE NON RICORDASSI CHI ERO IERI,
COME SE NON SAPESSI COSA SARO' DOMANI,
COME SE NON BASTASSE ESSERE ANCORA QUI,
A SCONTARE UNA PENA DALL'ESITO IGNOTO
COMMINATA PER UN DELITTO SCONOSCIUTO
DA UN GIUDICE LONTANO E MAI VEDUTO.
ANCHE OGGI SONO NELLO SPECCHIO DEGLI OCCHI
A GUARDARE LE MIE MANI IMPAZIENTI E NODOSE
FRUGARE NELLE TASCHE DEL VESTITO
CHE HA VISSUTO TUTTI I MIEI GIORNI,
CERCANDO RISPOSTE IMPOSSIBILI E ALTRE COSE
PER CUI VALGA LA PENA SEGUITARE A MARCIARE,
FINO A PIANTARE LA NOSTRA CROCE
PER RIPOSARE, TACERE E SPARIRE.


26 NOVEMBRE 2016 CLAUDIO E AUGUSTA (in loving memory) per SINAPSI

Facendo pulizia di vecchi appunti e file obsoleti, una notte mi sono imbattuto in una serie di versi battuti a caso e separati soltanto da puntini di sospensione, in stampatello maiuscolo proprio come piaceva a lei buttare sul foglio (elettronico o virtuale che dir si voglia) i pensieri e le idee che la sua mente instancabile non smetteva di produrre. Certo poi li organizzava e confezionava con immagini mai banali e ricercatissime, tanto eleganti e cariche di messaggi e significati che avrebbero potuto parlare da sole incantando, comunque, lo spettatore. Me li aveva lasciati in un messaggio in chat su facebook, prima di partire per la riabilitazione e le avevo detto che avrei provato a sviluppare il tema; non sapeva se avrebbe potuto connettersi al web, là dove andava, perciò mi disse di fare pure con calma: al ritorno avrebbe letto e lavorato sul bozzetto che le avrei inviato. Devo ammettere che me ne dimenticai, preso com'ero anche io dalla vicenda di Maria Angela (che ora sta proseguendo la riabilitazione dall'ictus presso la Fond.Don Gnocchi di Salice Terme); l'incidente stradale che ha portato via Augusta alla sua famiglia ha toccato nel profondo anche me, sebbene fossi poco più che uno sconosciuto: non ho più visitato la pagina SINAPSI su Fb nè ho voluto rivedere i lavori che avevamo realizzato, scambiandoci quasi per gioco frasi e versi in un botta e risposta di messaggi notturni su facebook. Poi il caso ha voluto che tornassi su quelle parole e mi mettessi a organizzarle e farcirle e giustapporle e confezionarle così come le leggete, in un paio d'orette rubate al sonno: posso e devo solo aggiungere, ancora una volta, grazie Augusta per aver incrociato la mia rotta.

(c) 2016 Testi di Claudio Montini e SINAPSI DUE POETI UNA POESIA
(c) 2016 Immagine di Orazio Nullo "Last empty station"


martedì 15 novembre 2016

L'America ha scelto: in gold, they Trump...pardon: they trust....

L'America ha scelto...

di Claudio Montini


L'eco delle risate e degli applausi del baffone georgiano non si era ancora spento rimbalzando sulle pareti dell'inferno, foderate di buone intenzioni tanto quanto le strade che ad esso conducono, che già i corridoi del fuoco eterno e della pena infinita si riempivano dei motti esaltanti muscolari esercizi di retorica del maestro elementare di Predappio, mentre il pittore austriaco e il timoniere orientale sorridevano sotto i baffi fiduciosi che tedeschi e cinesi, per continuare a fare buoni affari, sarebbero giunti alle medesime conclusioni. Il tonfo dell'Ulivo Mondiale, del liberismo e della socialdemocrazia e degli altri tre alberi della libertà (libertà, uguaglianza e fraternità) di cui, anche lì, ancora vagheggiava nei suoi deliri Robespierre, sebbene avesse provveduto a potarne numerosi rami con madama Ghigliottina, si era sentito forte e chiaro così come il tintinnio di bossoli da armi leggere che cadevano a terra e di monete che riempivano le sacche e le bolgette degli ingordi che si erano sostituiti a Dio (se mai fosse esistito o interessato a esseri senzienti e razionali), al destino o alla selezione naturale. Sotto ogni tonaca, ogni drappo, ogni vestito della festa esibito con orgoglio per imbonire le folle affamate di pace, di serenità e di giustizia c'è un registratore di cassa e un microfono o una telecamera per cogliere in fallo chi non è allineato, schedarlo per poi eliminarlo prima che contagi il resto della massa: l'aveva intuito e descritto assai bene Eric Blair, a suo tempo in 1984, smaltiti i fumi della sbronza marxista e constatato che il Regno Unito uscito dalla Seconda Follia Mondiale era conciato come i suoi polmoni massacrati dalla tubercolosi. L'aveva messo nero su bianco con il suo nome d'arte, George Orwell, non già perchè fosse il suo canto del cigno ma perchè fosse un monito alle generazioni presenti e future, tanto quanto profetica era stata l'opera precedente, Animal's Farm, e altrettanto incompresa e dal poderoso messaggio rimasto inascoltato. Anche lui si è unito, io penso, alla folta schiera di anime in pena che hanno visti traditi e calpestati gli ideali per cui hanno speso la vita: il vecchio e il nuovo mondo hanno eletto a faro delle proprie coscienze un nuovo dio, il profitto, adottando il denaro come preghiera e la sopraffazione come liturgia. Sopratutto il Nuovo Mondo che accoglie cercatori di fortuna dal mare, mostrando loro le sue torri scintillanti e la statua della più bistrattata e malintesa delle ricchezze, la libertà: salvo confinarli, ingabbiarli, scaraventarli lontano dagli occhi e dal cuore affinchè non reclamino che le briciole di quanto cade dalle tavole opulente di coloro che, per presunto diritto divino avallato da un evidente destino, possono accedere alle stanze dei bottoni. L'America ha scelto, Dio benedica l'America anche se lei sembra volerne fare a meno. L'America ha scelto e ha gettato la maschera, finalmente: gli affari sono affari e, se hai bisogno di riscatto e la pancia vuota, sei pronto a saltare sul carro di chiunque dica quello che vuoi sentire ma non hai il coraggio di proferire ad anima viva. L'America ha scelto e adesso ci aspettano tempi brutti: i poveri e gli emarginati saranno eliminati e distrutti, i ricchi e i furbi di ogni età si salveranno tutti.

(c) 2016 Testo di Claudio Montini
(c) 2015 Immagine "Dangerous Hypocrites" di Orazio Nullo

giovedì 3 novembre 2016

In loving memory of Augusta Belloni Calegari 1952-2016

Arrivederci, Augusta.....
 Augusta ed io siamo stati compagni di poesie, senza essere poeti laureati ma scrittori di emozioni a spasso per i sentieri notturni che attraversano la rete globale: le nostre sinapsi hanno vibrato all'unisono emettendo onde sintonizzate le une sulle altre ed io conservo immagini, suggestioni, parole e colori che abbiamo prodotto non già come reliquie, saprebbero di vecchiume e di polvere e di morte, bensì come le opere più belle da serbare nel cuore per riscaldarlo e accendere l'anima per tornare a volare.  La salma di Augusta tornerà oggi a Pavia e il rito funebre sarà officiato, probabilmente, nella giornata di venerdì 4 novembre 2016 con orario e luogo ancora da designare; nell'attesa, sarà ospite della Casa Funeraria B.B.M. di via Ciapessoni, 21 a Pavia.

Volo Notturno

di Sinapsi, due poeti per una poesia
(Augusta & Claudio)

Portami lontano sopra il mondo
Fuori dai vincoli del tempo
Ho aperto gli occhi su d'un incubo tremendo
Vite ignare consunte senza scampo.
Ti porterò con me
Solo....
se sai volare
perchè la fantasia non ti posso prestare.
La fantasia di un uomo non la si può rubare
è frutto della mente
è vino inebriante.
Spalanco la finestra alla notte stellata.
Ne fisso una e sogno che tu l'abbia guardata
Cielo! I piedi si staccano da terra
Si spegne, via via, l'eco dei boati di guerra,
L'aria è fresca e dolce oltre le nubi
Nessun veleno esplode da grovigli di tubi
Mi attraversano luce e calore.
Volo con te, sulle tue parole d'amore...

(c) 2016 Testi di Augusta Belloni e Claudio Montini
(c) 2016 Immagini di Orazio Nullo e Augusta Belloni

Allergico alle regole ma ribelle per amore: estratto da "Camere ammobiliate per viaggiatori immaginari" 2015 Youcanpint

Da "CAMERE AMMOBILIATE PER VIAGGIATORI IMMAGINARI"  Youcanprint selfpublishing 2015

Senza passato e senza futuro

di Claudio Montini

La vita è un treno senza orario, dalla destinazione ignota, da cui scendi solo per salire su quello fermo alla stessa banchina ma sul binario opposto, in una anonima stazioncina persa in mezzo alla campagna e avvolta dalla nebbia.
Non c'è nessuno ad aspettarti e non hai nemmeno il tempo di affacciarti al finestrino per salutare: scendere e salire senza sosta vale per te come per tutti quelli che incontri nello scompartimento; trovi di tutto: chi fa molte tratte con te, chi sale una volta sola e poi non lo vedi più perchè cambia scompartimento, chi scende senza salutare e chi ti saluta con la mano e il viso rigato di pioggia, anche se non piove, quando il treno se ne va dalla stazione e lui prende il selciato per il cancello illuminato oltre la stazione.
In quel caso altri visi tristi, dagli occhi segnati, ti mettono in mano una sua fotografia con due giorni, due mesi, due anni e una frase di circostanza e ti rendi conto che un'altro amico ha finito il suo viaggio: perdi le parole, le certezze e le speranze ritrovandoti davanti a interrogativi più grandi di te e ti mancano tanto la forza quanto il coraggio.
Intanto i treni proseguono le loro corse, con le fermate dove si sale e dove si scende, imperterriti così come se si fosse il minuscolo dente di un'altrettanto minuscolo ingranaggio perso in un meccanismo inarrestabile: l'alba segue al tramonto che si fa giorno e poi sera per tornare ad essere la notte che la precede.
Non c'è mai troppo tempo per capire l'intera dinamica, non ce n'è a sufficienza per fare domande e aspettare risposte, se non dal manovratore, da un controllore che pattugli le carrozze: bisogna andarseli a cercare da sè, battendo il treno da cima a fondo sfidando addirittura l'astiosa indifferenza di molti altri passeggeri badando, contemporaneamente, a non perdere d'occhio stazioni e coincidenze, salite e discese, arrivi e partenze previste dalla propria tabella di marcia.
Chi salta passaggi non torna mai indietro, non può rifare il percorso evitando gli errori: è perduto come se si fosse fermato, anche se c'è chi sostiene che c'è sempre un rimedio, fuorchè alla morte.
Così nascono i dubbi e le angosce, così si alimenta il cupo dolore che annienta la volontà di continuare a vivere, dopo troppe battute d'arresto: il conforto, il consiglio, il motto divertente, vorrei dire anche il sorriso che accende una nuova speranza, non lo trovi da nessuna parte e ti accasci avvilito in uno scompartimento qualsiasi, senza accorgerti di coloro che sono già seduti lì e ti sorridono come se ti aspettassero.
Sono i rimorsi della coscienza, i nodi al fazzoletto che hai buttato alle spalle per scordarti definitivamente di una promessa, quelli nei capelli che non hanno mai incontrato un pettine, le parole dette nel momento giusto alle persone sbagliate e quelle taciute quando dovevano essere gridate in faccia al mondo, il coraggio che è mancato e il bilancio che non hai quadrato mai. Potresti persino chiamarli per nome, dare loro un posto nel dedalo di rughe e di calli che segnano il volto e le mani, fissarli nel tempo ricordando il giorno che li hai incontrati: potresti, già, se solo li riconoscessi e non ti fossi rassegnato all'eterna sconfitta, quella del peccatore che non sa perdonare sè stesso nè il prossimo.
Allora, cavi di tasca un quadernetto e una matita per imprigionare i pensieri sulla carta, per lasciare un'ultima prova della tua resistenza, per congedarti con l'onore delle armi.
Davanti al Giudice Ultimo, mi chiederanno se ho capito che cos'è l'amore, prima di pesare quello che ho dato e quello che ho ricevuto.
Lì, non avrò scampo, opzioni di appello o speranze di clemenza perchè leggeranno la risposta dentro al mio cuore; le mie parole da sole non basteranno a celare le mie intenzioni, a condividere le mie illusioni, a giustificare i miei inganni. 
Sarò nudo e trasparente come acqua di sorgente che rinasce dalle rocce e dal ghiaccio e ruzzola a valle.
Sarò sincero come il vino che scalda le vene e scioglie le parole dai vincoli del cuore e dal recinto dei denti. Sarò piano e sicuro come un sentiero ben selciato e inondato dal sole, spazzato dal vento che tra le guglie dei monti perennemente innevati.
Allora io dirò con voce sicura il tuo nome, scandendo le sillabe in modo tale che nessuno fraintenda.
Nella bisaccia della memoria, troverò parole nuove e inaudite per illustrare la luce della tua bellezza, quella che gli occhi e il cuore hanno visto stupendosi di tanta fortuna.
Di più, mi farò testimone di tutto il bene che hai saputo dispensare alla vita mia come a quella altrui.
Ti proclamerò come un miracolo che sana e resuscita e moltiplica la vita, come il miracolo inatteso che ha riacceso la speranza di rivedere la luce alla fine della galleria.
Canterò il tuo nome, i tuoi baci e le tue carezze ma anche l'idea stessa della tua esistenza nel mondo e la gioia che ha ridestato, tanto che mi basta pensarti per scordarmi la fatica del mestiere di vivere, anche ora che i nostri passi seguono traiettorie divergenti.
Nel buio della noia, sei stata il lampo che ha illuminato le macerie di una vita parcheggiata su un binario morto, senz'altra ambizione che quella di seguire il corso degli eventi sino all'esito finale.
Ero malato, morto senza essere immobile o incosciente o freddo: no, respiravo ancora e ancora avevo sangue nelle vene, scrutavo la nebbia senza penetrarla e senza cogliere orizzonti o prospettive; spingevo vagoni d'amore che scaricavo a piene mani per fiaschi d'aceto come salario; scappavo da dubbi e rimorsi inseguendo miraggi stantii, ma quando la consapevolezza di tutto ciò cresceva e mi agguantava, le bastava uno sguardo più lungo del solito a quello che si faceva la barba di fronte a me nello specchio, per sbugiardare la mia sicumera: allora lasciavo che le ore e i giorni mi scivolassero addosso cedendo passione, altrimenti inutile, a ciò che altri chiamano dovere o mestiere.
Credevo di essere caduto in un pozzo senza fondo e senza luce, dalle pareti viscide ora piane ora irte, dove ogni centimetro guadagnato era mortificato dal vedere le schiene degli altri avanti anni luce senza essere sudati nè sporchi.
Credevo di essere precipitato in un universo parallelo dalla logica perversa e bizzarra, in cui le scelte vincenti erano tutte quelle che avevo scartato e valevano solo le scorciatoie.
Credevo che ci fosse, comunque, un'altro me stesso che, in un'altro punto dell'universo, le azzeccasse tutte e che sarebbe stato meglio sparire smettendo di offender Dio: una parte di me, però, si è sempre ribellata a questa opzione perchè non voleva e non vuole fuggire, ma arrendersi o perdere con l'onore delle armi.  Dopo tanto correre e faticare, il caso e il mio corpo, rivelatosi insospettabilmente fragile, mi avevano costretto ad avere tempo per fare il punto della situazione, senza rimandare ancora, scrutando le regioni inesplorate del mio cuore e i misfatti compiuti nel passato.
Non tanto per certificare la mia mediocrità, quanto per trovarne una via d'uscita perchè era necessario voltare pagina e iniziare a scrivere un nuovo capitolo.
Apparentemente, ogni cosa procedeva per il meglio e la guarigione sembrava vicina: poi, come nella strofa di una canzone che con alcuni vecchi amici provammo a lungo a suonare, una frase sciocca o un banale doppiosenso, non è come io la penso, ma il sentimento era già un po' troppo denso.
Sono restato imbambolato a guardare la tua fotografia migliorata dagli anni trascorsi sul tuo viso e lasciati tra noi, alle nostre spalle, mentre trascrivevo su un francobollo il tuo numero di telefono.
E' stato un dolcissimo delirio, l'evento umanamente migliore che abbia mai sperimentato, indimenticabile e irripetibile.
Per ogni sogno che tramonta, c'è una nuova illusione che sorge e veste le macerie di nuova luce, tanto che si azzarda a pensare di adoperarle per la ricostruzione: la stoltezza dell'animale umano, di genere maschile, è smisurata e sarebbe sorprendente se non fosse anche perniciosa per la sua stessa sopravvivenza.
Ti fermi con la matita a mezz'aria e il naso al soffitto: una voce ha chiamato il tuo nome per la prossima stazione; c'è un'altro treno da cambiare, uno da cui scendere e uno su cui salire: forse è l'ultimo e forse no, ma sei sicuro che non lo perderai e strappi dal quaderno i fogli appena scritti abbandonandoli nello scompartimento, lasciandoli preda della curiosità dei tuoi occasionali compagni di viaggio che ugualmente non porterai con te. Sul nuovo convoglio vuoi salire senza passato e senza futuro: l'uno perchè hai imparato che recriminare è fatica sprecata, l'altro perchè ti sta venendo incontro e puoi solo allargare le braccia per raccogliere il meglio che reca con se, adattandoti come l'acqua in ogni recipiente.


(c) 2015 Testo di Claudio Montini
(c) 2015 Immagine di Orazio Nullo