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lunedì 21 settembre 2015

Letti&Piaciuti: CITTA' DI POLVERE Romano De Marco - Feltrinelli - 2015


CAINO È AVVISATO: ABELE NON ALZA PIÙ LE MANI

di Claudio Montini

Se avete smesso di credere che Milano sia una città da bere, capitale morale d'Italia, cuore e cervello del made in Italy di cui meniamo gran vanto per le contrade del mondo, siete pronti per mettervi comodi in poltrona e godervi il film su carta più avvincente mai realizzato, per Feltrinelli, da Romano De Marco che ha dato, al capoluogo lombardo, un nuovo appellativo: CITTÀ DI POLVERE.
Questa nuova opera d'ingegno lucida, guizzante, precisa, atletica ma non eccessivamente muscolare, diretta ma elegante e mai scabrosa o morbosa nei particolari truculenti (che vengono sapientemente lasciati all'immaginazione del lettore) è chiara e brillante fin dalla copertina che, a colpo d'occhio, sgombra il campo da ogni dubbio grazie a una eccellente scelta di simboli: il cucchiaio, il fumo e la sostanza verdognola che, posata o scaldata sul cucchiaio stesso, assume la forma stilizzata del Duomo di Milano come quella che campeggiava sul logo del panettone Motta-Alemagna.
L'eterna lotta tra Bene e Male, malavitosi e forze dell'ordine mai nettamente divisi in opposti schieramenti, ma propensi all'osmosi gli uni dagli altri anche solo nelle scelte strategiche e metodologiche, si svolge nella metropoli lombarda postulata come capitale dello spaccio di sostanze stupefacenti in cui sta per sbarcare una nuova droga, dagli effetti dirompenti per l'organismo e dal costo assai più contenuto della cocaina, poichè totalmente sintetica e facile da riprodurre.
L'obbiettivo dei nuovi mercanti di morte è quello di far crollare il mercato monopolizzato dalla ndrangheta che ha al suo soldo il migliore poliziotto della città, guarda caso capo dell'antidroga; la rete di distribuzione dei nuovi arrivati si appoggia a circoli di estrema destra extraparlamentare, ma il loro errore fondamentale è quello di finanziare la scalata al monopolio narcotico con una rapina a una merchant bank, in pieno centro di Milano ma emanazione diretta della cosca di Franco Capasso, che si trova ad ospitare il transito di un enorme quantità di denaro destinato ai fornitori colombiani.
Una banca d'affari solitamente non muove denaro se non per via telematica ma, se questo deve passare inosservato agli occhi della vigilanza bancaria e degli investigatori, in questo caso accade.
Il superpoliziotto Matteo Serra riesce a infilarsi nel flusso delle indagini e fare per bene il suo compito per i suoi padroni (scovare i nuovi arrivati, neutralizzarli e recuperare il denaro utilizzandolo per stipulare un nuovo accordo), sbarazzandosi con cinismo agghiacciante di collaboratori e avversari; ma troverà sulla sua strada un drappello di uomini e donne delle istituzioni, onesti e determinati e degni di questo appellativo, spegiudicati e coraggiosi quanto basta, che risciranno a stroncare la sua carriera criminale.
Riusciranno anche a chiudere i conti in sospeso con il loro passato e cominciare a ricostruire la propria vita, dopo essere risaliti dall'abisso e dal limbo in cui erano precipitati o si erano autoesiliati.
C'è molta umanità, nel senso più ampio del termine, in questa CITTÀ DI POLVERE di Romano De Marco edito da Feltrinelli, e le donne in tutto il romanzo fanno una figura decisamente migliore dei loro colleghi maschi: i personaggi sono tutti, minori e maggiori, inquadrati dalle due cineprese che l'autore ha imparato a maneggiare con perizia e abile maestria, vale a dire che sono ripresi e mostrati nei loro moti interiori e nelle reazioni esteriori con efficaci e gradevoli scorci sui loro retroterra culturali e storici, in modo tale che il lettore li veda a tutto tondo.
Ottima è la scansione e la successione dei capitoli che arriva sempre al punto giusto della tensione narrativa, cioè quando c'è bisogno di tirare il fiato e fare una pausa o andare in bagno: come accadeva agli esordi della televisione commerciale (e, dopo, anche di quella pubblica) in cui gli spot pubblicitari erano sapientemente dosati; chi, come il sottoscritto, prima di alzarsi definitivamente dal letto al mattino, è solito leggersi un capitolo per riavviare correttamente il cervello, troverà eccellente il palinsesto di questo romanzo: capitoli nè troppo lunghi nè troppo corti e, sopratutto, ben compiuti sul piano semantico e linguistico.
A corredo e sostegno dell'opera, c'è un italiano scorrevole e levigato, mai gratuitamente volgare, non lirico, non retorico, mai aulico o supponente: perfettamente comprensibile a chiunque perchè essenziale e diretto, senza fronzoli; quello che importa è il ritmo e la nitidezza delle immagini che esso suscita lungo la narrazione che il lettore segue con passione perchè, come ho già accennato, Romano De Marco è abile a dotare della terza dimensione, quella fisica e spaziale, le parole della storia che racconta: ci riesce adottando l'indicativo presente come tempo dominante dei verbi diversamente da quel che accade, di norma, dove la narrazione è resa adottando il passato remoto e tutte le sue implicazioni.
Si potrebbe parlare di scelta coraggiosa, dal punto di vista stilistico: in realtà, io credo che essa sia figlia di questi tempi dove domina il bello della diretta, la cronaca in tempo reale, l'avvenimento colto nel suo divenire posticipando commenti e ragionamenti, anche se l'autore non si esime dal corredare la narrazione e la descrizione di ambienti e situazioni del proprio giudizio morale e personale (come quando parla dell'ambiente carcerario o dello scempio di un parco pubblico milanese a beneficio dei palazzinari meneghini).
Comunque sia, CITTÀ DI POLVERE di Romano De Marco edito da Feltrinelli, è un'ottimo romanzo: noir o poliziesco che di si voglia è comunque riduttivo rispetto alle buone qualità già espresse in IO LA TROVERÒ e MILANO A MANO ARMATA (rispettivamente del 2014 e del 2012); è un'ottimo lavoro che ridà fiato ed energia alla letteratura italiana assorbendo la realtà e assolvendo a uno dei compiti fondamentali dell'intellettuale, letterato o filosofo o artista, cioè quello di coscienza critica e analitica del costume e della società senza limitarsi ad esserne un mero fotografo o registratore.
La polvere qui non si posa perchè la dignità, il senso del dovere, la coscienza e il rispetto per la natura umana possono e devono essere spesi nella lotta per migliorare sè stessi e il mondo; poco alla volta, certo, ma gli strumenti ci sono per battere Caino: Abele non alza più le mani, le muove.


© 2015 Testo: Claudio Montini

© 2015 Foto: Orazio Nullo

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