Letti & Piaciuti a Radio Patela Magazine
Philippe Daverio
IL SECOLO LUNGO DELLA MODERNITA'
IL MUSEO IMMAGINATO
RIZZOLI 2012
di Claudio Montini
Philippe Daverio (Mulhouse (F), 1949) è
professore ordinario presso la facoltà di Architettura
dell'Università di Palermo e cittadino milanese da molti anni; per
un buon numero di telespettatori italiani è il conduttore soave e
misurato e brillante, curioso e stravagante ma elegantissimo di una
benemerita trasmissione televisiva che si occupava di arte e di
musei, basata su ottime immagini, sequenze ben sceneggiate e ritmate,
interventi testuali e culturali intelligenti e intellegibili da
chiunque si ponesse all'ascolto con curiosità, mai ridondanti o
banali o noiosi.
Essa si intitolava Passpartout e
andava in onda su RAI
3 (attualmente
viene replicata su RAI
5
canale 23 del digitale terrestre italiano): la spending review
operata dalla governance Rai negli anni scorsi, decretando la
riduzione delle collaborazioni esterne limitata all'acquisto di
format da sviluppare con maestranze proprie, quindi escludendo di
fatto l'acquisto di programmi prodotti esternamente all'azienda,ha
sancito anche la fine di Passapartout
e la fine, per noi spettatori e utenti del servizio radiotelevisivo,
di intelligenti e gradevoli passeggiate per musei e collezioni
artistiche di mezzo mondo (prevalentemente europeo) piacevolmente
incollati al teleschermo e comodamente seduti in poltrona.
Lo
spirito della trasmissione televisiva riecheggia e rivive, ma viene
anche superato e spinto più in là, in questo corposo e ricco volume
(544 pagine e diverse centinaia di fotografie) composto dal professor
Daverio per i tipi di Rizzoli nel 2012: IL LUNGO
SECOLO DELLA MODERNITÀ
-il museo immaginato- .
Divulgare ovverosia rendere disponibile e comprensibile al volgo, al
popolo, alla gente comune argomenti e temi apprezzabili da tecnici o
specialisti o appassionati maniaci, sia che si tratti di scienza o di
arte o di storia o di tutte queste cose messe insieme, è una dote
naturale come cantare o disegnare a mano libera oltre che essere da
sè stessa un'arte con i suoi dogmi, i suoi sottili equilibri, i suoi
percorsi.
Con
oltre seicento immagini di opere d'arte, nella maggior parte dipinti,
corredate di didascalie essenziali e puntuali (autore, titolo
dell'opera, anno di produzione e posizione attuale) e una prosa
sciolta e scorrevole, da piacevole conferenziere che sa corroborare
di preziose informazioni il proprio discorso, senza cioè obsolete
pedanterie, Philippe Daverio coglie in pieno il risultato di renderci
partecipi di un sogno, il museo immaginato
appunto, che illustra quanto IL SECOLO LUNGO
DELLA MODERNITÀ
(il
diciannovesimo, l'Ottocento) sia stato fondamentale e formidabile per
il secolo breve (il ventesimo, il Novecento) che ci siamo lasciati
alle spalle entrando nel terzo millennio.
In realtà, egli compie
un'operazione ancora più rivoluzionaria e anticonformista da
superare i limiti del saggio e della letteratura; questo volume
vorrebbe essere il catalogo del museo immaginato, se diamo corda al
sogno, all'ipotesi che ci invita a considerare Daverio nell'esordio
dell'opera, mentre è anche un'indagine storica e sociologica
divertita e rigorosa che si fa carico di lanciare un messaggio alle
nuove generazioni di amministratori pubblici: l'arte per l'arte non
esiste perchè è il mercato delle opere d'arte che condiziona tanto
il gusto quanto la produzione e la fortuna di ogni prodotto
artistico, con l'ulteriore influenza del periodo storico contingente;
quindi, non è vero che la cultura non fattura o che sia un'effimero
vuoto a perdere, buono per riempire pareti e prendere polvere in
saloni o locali che non si saprebbe come sfruttare altrimenti.
La
cultura, nel libro intesa come arte figurativa e pittorica descritta
nel periodo storico di massimo fulgore, si rivela non essere un lusso
da civilizzati europei con puzza sotto il naso (come potrebbe far
pensare il dipinto di Gustave Caillebotte utilizzato per la
copertina, Una
strada parigina sotto la pioggia)
ma è il volano per il recupero funzionale di ciò che il progresso
ha reso obsoleto e dismesso, consnentendogli di generare nuovo
profitto e lavoro.
Nel sogno descritto con
precisione in ogni dettaglio, padiglione per padiglione comprese
attività extramuseali, Philippe Daverio immagina che in una
ipotetica città d'Europa, da poco dotatasi di un nuovo scalo
ferroviario ad alta velocità e pari sofisticazione tecnologica, si
decida di procedere al riordino urbanistico del centro il cui cuore
era proprio la vecchia stazione ferroviaria ormai dismessa: in
omaggio al principio alchemico illuminista, nulla si crea e nulla si
distrugge ma tutto si trasforma, si affaccia l'idea di un museo che
non sia il ripostiglio affollato di una collezione di opere
eterogenee, affastellate a far numero, ma sia un'organismo articolato
e vivo e fruibile tanto da essere in grado di ripagarsi e sostenersi
da solo.
Ma
più che il contenitore, descritto ampiamente nel capitolo COME
NASCE UN MUSEO,
conta il contenuto e i capitoli successivi sono la sua descrizione:
il professor Daverio ci accompagna per le sale del museo
immaginato,
pagina dopo dopo pagina e fotografia dopo fotografia, riuscendo a far
scorrere la prosa di pari passo con la sequenza delle immagini
realizzando, nel lettore, la contemporanea compenetrazione dei due
piani mentali, quella visiva e quello testuale.
Così,
davvero, IL
SECOLO LUNGO DELLA MODERNITÀ, ovvero
l'Ottocento, si vede in tutta la sua ricchezza e in tutta la sua
complessità, tant'è che si capisce bene come esso germini con la
Rivoluzione Francese e si immoli, anche lui, nell'inutile strage che
fu la Prima Guerra Mondiale.
Testo: © 2015 Claudio Montini
Fotografia: Google Images/Rizzoli
Impaginazione: Orazio Nullo
Nessun commento:
Posta un commento